Le donne che si sono ribellate alla ’ndrangheta

Le storie di Lea Garofalo, sua figlia Denise Cosco, Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola raccontano le dinamiche delle organizzazioni criminali

Micaela Ramazzotti (Lea Garofalo) e Gaia Girace (Denise Cosco) in una scena della serie "The Good Mothers" (Ⓒ 2022_ Wildside s.r.l. – House productions LTD_ph.Claudio Iannone)
Micaela Ramazzotti (Lea Garofalo) e Gaia Girace (Denise Cosco) in una scena della serie "The Good Mothers" (Ⓒ 2022_ Wildside s.r.l. – House productions LTD_ph.Claudio Iannone)

Il racconto della criminalità organizzata italiana è da sempre focalizzato sugli uomini. Della mafia siciliana, della camorra, della ’ndrangheta e della Sacra Corona Unita conosciamo storie e mitologie al maschile. Le donne però hanno un ruolo importante nelle associazioni di stampo mafioso, non sono soltanto un sostegno alle figure maschili: le inchieste della magistratura hanno infatti rivelato che ci sono donne boss e donne a capo di cosche. Ci sono però anche donne che con le loro rivelazioni hanno contribuito alle indagini, svelando il funzionamento di queste associazioni criminali: è il caso di Lea Garofalo, sua figlia Denise Cosco, Giuseppina Pesce e Maria Concetta Cacciola.

Lea Garofalo è riconosciuta e ricordata come un simbolo della lotta contro la criminalità organizzata. Ex moglie del boss Carlo Cosco, dopo essere diventata testimone di giustizia fu uccisa dalla ‘ndrangheta il 24 novembre 2009. Aveva 35 anni. I suoi resti furono ritrovati soltanto nel 2012 a San Fruttuoso, una frazione di Monza. Sua figlia Denise Cosco collaborò alle indagini con la sua testimonianza. Per l’omicidio, al termine di un lungo processo che si è concluso a marzo 2012, sono stati condannati all’ergastolo – con sentenze confermate in appello nel 2013 e in Cassazione nel 2014 – l’ex marito, riconosciuto come mandante dell’omicidio, e diversi esponenti del clan Cosco.

Giuseppina Pesce, al contrario di Lea Garofalo, aveva un ruolo attivo nell’organizzazione criminale: apparteneva a una ’ndrina, quella che porta il nome della sua famiglia, una delle più potenti dell’organizzazione, originaria di Rosarno in provincia di Reggio Calabria. Nel 2010 fu arrestata e nei mesi successivi, nonostante le pressioni della famiglia, decise di collaborare con la magistratura. Nella sua decisione di “pentirsi” fu decisiva la preoccupazione per i tre figli. Grazie alle rivelazioni di Giuseppina Pesce furono arrestati numerosi esponenti della ’ndrina.

Anche Maria Concetta Cacciola, pur non avendo mai commesso reati e non essendo mai stata indagata, faceva parte di una potente famiglia ’ndranghetista, anch’essa di Rosarno. Nel 2011, per sfuggire alla segregazione a cui la costringevano i suoi parenti e preoccupata per il futuro dei figli, decise di collaborare con la giustizia. Fu ammessa quindi nel programma di protezione testimoni e fu trasferita in una località segreta. Pochi mesi dopo però, cedendo alle pressioni della famiglia e preoccupata per i suoi figli, tornò a Rosarno. Il 20 agosto 2011 venne trovata morta nel bagno di casa dopo aver ingerito dell’acido muriatico: aveva trentun anni. Nel 2014 la madre, il padre e il fratello sono stati condannati per maltrattamenti.

Sulle storie di Maria Concetta Cacciola, di Giuseppina Pesce, di Lea Garofalo e di sua figlia Denise è basato il libro The Good Mothers dello scrittore e giornalista statunitense Alex Perry, pubblicato nel 2018, da cui è stata tratta un’omonima serie originale uscita il 5 aprile su Disney+. La serie è diretta da Julian Jarrold ed Elisa Amoruso ed è stata sceneggiata da Stephen Butchard. Fra le interpreti ci sono Micaela Ramazzotti (Lea Garofalo), Valentina Bellè (Giuseppina Pesce), Gaia Girace (Denise Cosco) e Simona Distefano (Maria Concetta Cacciola). The Good Mothers a febbraio del 2023 ha vinto il premio come miglior serie nella sezione Berlinale Series al Festival Internazionale del Cinema di Berlino. The Good Mothers e gli altri contenuti di Disney+ sono disponibili qui.

Il regista Julian Jarrold, durante la presentazione della serie al Festival di Berlino, ha spiegato che la sceneggiatura di Stephen Butchard gli ha aperto gli occhi su quanto la ‘ndrangheta «sia potente e soprattutto su quanto sia presente, non solo nell’Italia del Sud, ma un po’ ovunque». Jarrold ha anche spiegato che la ‘ndrangheta ha strutture familiari e sociali molto arcaiche: le storie delle donne che si sono ribellate a quel mondo possono dunque raccontare al meglio questo aspetto culturale e sociale.

«Donne che spesso non hanno scelto il proprio marito – ha dichiarato la regista Elisa Amoruso – donne che non hanno scelto di diventare madri, lo sono diventate magari a 15 o 16 anni, loro malgrado, e che ad un certo punto hanno dovuto scegliere se restare o rompere le regole delle loro famiglie, trovando poi il coraggio per farlo».

La condizione femminile all’interno della ‘ndrangheta è dunque un tema importante della serie, e viene approfondito anche nel podcast Le Onorate, prodotto dal Post in collaborazione con Disney+. Nelle tre puntate Stefano Nazzi (giornalista del Post e autore e voce di Indagini) insieme a Anna Sergi, docente in criminologia all’Università dell’Essex, raccontano la centralità delle figure femminili nelle famiglie, soprattutto per la trasmissione dei “valori” ‘ndranghetisti ai figli, il rapporto delle donne con la violenza, le dinamiche di genere in una società chiusa come quella calabrese e le battaglie delle donne che cercano di liberarsi dal controllo delle famiglie.

Le Onorate è disponibile qui, sull’app del Post e sulle principali piattaforme, come Spotify, Apple Podcasts, Amazon Music e Spreaker.