Il capo dell’esercito brasiliano è stato rimosso per via dell’assalto alle istituzioni del paese dell’8 gennaio

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(AP Photo/ Eraldo Peres)

Il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha licenziato il capo dell’esercito brasiliano, il generale Julio Cesar de Arruda, per via dell’assalto alle istituzioni del paese compiuto lo scorso 8 gennaio da migliaia di sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro. Il sospetto di Lula è che sia Arruda sia altri membri delle forze armate fossero complici nell’assalto o lo avessero in qualche modo agevolato. Il presidente non ha commentato pubblicamente il licenziamento, ma il ministro della Difesa Jose Mucio, che lo ha incontrato, ha fatto sapere che i fatti dell’8 gennaio avevano causato quella che ha definito «una frattura nel livello di fiducia» nei confronti dell’esercito, e che pertanto serviva un cambiamento ai suoi vertici.

Nel giro di cinque giorni Lula ha licenziato almeno 80 persone tra militari addetti alla sicurezza della presidenza e funzionari dell’ufficio per la sicurezza istituzionale.

Dopo l’assalto, la Corte Suprema del Brasile aveva già ordinato l’arresto di due influenti funzionari ritenuti responsabili in modo più o meno diretto degli attacchi al parlamento e agli altri edifici istituzionali a Brasilia. Il primo era Anderson Torres, segretario alla Sicurezza del distretto federale di Brasilia; il secondo Fabio Augusto Vieira, il capo della polizia militare del distretto, il corpo responsabile della protezione delle istituzioni assaltate. Anche l’ex presidente Bolsonaro sarà indagato per il suo ruolo nell’assalto: secondo la procura brasiliana, avrebbe «istigato» le proteste e sarebbe stato «l’autore intellettuale» dell’attacco alle istituzioni.

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