Come riorganizzare il lavoro tra casa e ufficio

L'obiettivo è coniugare le esigenze di dipendenti e aziende senza replicare vecchie modalità

“Smart working” o “lavoro agile” è un’espressione che è diventata di uso molto comune solo da un paio di anni, per le ragioni connesse alla pandemia da coronavirus. Già prima del 2020 il “lavoro agile” era comunque una modalità di lavoro prevista: nel maggio del 2017, nel cosiddetto “Jobs Act degli autonomi”, era stato inserito anche un capitolo con delle regole generali che normavano il suo utilizzo. La legge prevedeva, tra le altre cose, che il lavoro agile potesse essere utilizzato solo in seguito a un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore, il quale doveva avere un trattamento economico e normativo identico a chi lavorava all’interno dell’azienda.

Il provvedimento del 2017 definiva il “lavoro agile” come una prestazione lavorativa che avviene «con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa» ma anche che «viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva».

Lo smart working quindi ha tre caratteristiche principali: quella che il lavoro, in tutto o in parte, non viene svolto nella sede dell’azienda, quella che l’orario di lavoro è flessibile, quella che il lavoro viene svolto per obiettivi. Questa definizione presa nella sua interezza, ripresa poi dalle successive leggi che hanno disciplinato l’attività anche durante la pandemia, può essere considerata abbastanza precisa su cosa voglia dire “smart working”.

Nell’esperienza comune dei lavoratori dipendenti italiani però la modalità di lavoro utilizzata durante la pandemia assomiglia di più a quello che viene chiamato “telelavoro” o “home working”. Molti lavoratori infatti hanno replicato da casa gli stessi orari e le stesse mansioni, senza riorganizzare il proprio lavoro per obiettivi. Anche adesso si è mantenuto questo approccio, con qualche variazione legata a scelte aziendali o al settore di appartenenza dell’azienda. Come prima, il dipendente lavora per un certo numero di ore al giorno, per lo più rispettando un orario fisso. Non ha limitazioni sul luogo in cui lavorare, ma comunica al datore di lavoro dove si trova (a casa, ma anche in uno spazio di co-working o altrove). Esiste poi una modalità mista, il cosiddetto “hybrid work”, molto diffusa da quando è stata superata la fase più critica della pandemia: il dipendente lavora in parte da remoto (da casa o da un altro luogo) e in parte presso la sede aziendale.

Queste modalità di lavoro, nelle loro diverse sfumature, possono ora essere un’opportunità per i lavoratori e le aziende. A causa del lavoro svolto da remoto durante la pandemia, molti lavoratori hanno cercato un nuovo e diverso equilibrio tra il lavoro e la vita privata, riorganizzando il proprio tempo. Le aziende hanno colto l’opportunità per tagliare i costi legati alle sedi fisiche, e alcune anche per migliorare l’organizzazione stessa del lavoro. Permettere ai lavoratori di mantenere una certa flessibilità organizzativa acquisita può aiutare a limitare certi fenomeni di disaffezione e demotivazione sul lavoro, sempre più frequenti

Il rischio principale però è non tenere in considerazione le diverse condizioni di comunicazione e programmazione del lavoro necessarie adesso. Ad esempio è importante, anche se i lavoratori non sono fisicamente in sede, che si possa sapere in ogni momento della giornata chi è al lavoro e di cosa si sta occupando. Un altro aspetto importante è quello della protezione dei dati, sia di quelli dell’azienda, sia quelli del lavoratore, visto che potrebbero essere condivisi in una rete aperta, contrariamente a quanto spesso accade all’interno degli spazi dell’azienda. Inoltre, anche durante il lavoro da remoto, per le aziende è necessario monitorare la produttività e la soddisfazione dei dipendenti: aspetti più complicati da verificare quando non ci si trova nello stesso spazio fisico.

Per questo sono utili strumenti tecnologici come quelli di Peoplelink, una società specializzata in prodotti per la gestione delle risorse umane in cloud. In particolare Peoplelink mette a disposizione dei propri clienti una “software suite HR”, cioè un pacchetto di moduli pensati per l’organizzazione del lavoro (dove HR sta per Human Resources, ovvero “risorse umane”): si tratta di una serie di funzionalità finalizzate a svolgere azioni specifiche in una o più aree aziendali. Questi moduli danno la possibilità di utilizzare strumenti differenti per gestire vari aspetti lavorativi in un unico ambiente digitale facilmente accessibile sia da smartphone che da desk. 

Tra i diversi strumenti della suite di Peoplelink i più importanti per la gestione del lavoro agile, in tutte le sue forme, sono la rivelazione delle presenze e delle assenze e il timesheet, il registro digitale delle attività svolte da ogni componente della squadra di lavoro durante la sua attività. Questi due moduli sono il mezzo attraverso cui il dipendente comunica all’azienda in che modalità lavorerà o sta lavorando (se in presenza o in remoto) e attraverso cui viene effettuata la cosiddetta “timbratura”, cioè la certificazione che dimostra che sta effettivamente lavorando (il software di Peoplelink fornisce diverse modalità di timbratura in base al tipo di combinazione fra lavoro agile e lavoro in presenza effettuato, che può prevedere o meno, ad esempio, la geolocalizzazione).

Utilizzare questo tipo di software adattabile alle esigenze della singola azienda può essere utile date le forme sempre più “personalizzate” di lavoro agile. Come ha potuto osservare Peoplelink, una delle modalità miste più utilizzate dalle aziende italiane è quella di un dipendente che deve lavorare un certo numero di ore al giorno (di norma 8) all’interno di una fascia oraria, nel luogo che preferisce. Se ad esempio è prevista una fascia oraria lavorativa tra le 08:00 e le 20:00, il dipendente può iniziare alle 11:00 o fare una pausa pranzo di 3 ore o interrompere per 2 ore per motivi personali e recuperare al ritorno purché effettui le ore previste nella giornata.

Con il pacchetto di software di Peoplelink è possibile, oltre alla gestione dei turni, alla registrazione delle note spese e a numerose altre attività per l’organizzazione aziendale, anche valutare attraverso sondaggi interni il grado di soddisfazione dei dipendenti e gestire tutti i processi HR e amministrativi.