Perché il rublo è tornato forte

Il rialzo della valuta russa dopo il crollo dell'inizio dell'invasione è usato da Putin per dire che l'economia regge alle sanzioni occidentali, ma le cose sono più complicate

Vladimir Putin (Sergei Guneyev/Sputnik Pool Photo via AP)
Vladimir Putin (Sergei Guneyev/Sputnik Pool Photo via AP)

Questa settimana il presidente russo Vladimir Putin ha detto che la Russia ha resistito all’«assalto economico» che l’Occidente ha messo in atto con le durissime sanzioni economiche. Putin ha utilizzato volutamente la parola “blitzkrieg”, guerra lampo, una strategia di attacco usata dalla Germania nazista nella Seconda guerra mondiale, e per dimostrare che le sanzioni non stavano funzionando come l’Occidente sperava ha fatto l’esempio del rublo: la valuta russa durante le prime fasi dell’invasione dell’Ucraina era crollata in maniera precipitosa, perdendo oltre la metà del proprio valore, ma nelle ultime settimane ha recuperato gran parte di quanto perduto. Oggi il suo valore è tornato ai livelli precedenti all’invasione.

Sull’efficacia delle sanzioni economiche contro la Russia il dibattito è piuttosto acceso, anche in Occidente, ma nonostante alcuni dubbi (legati soprattutto ai pagamenti dei paesi europei per gas e petrolio) è difficile negare che il loro effetto sull’economia russa sia devastante: secondo le previsioni delle autorità russe, il PIL del paese dovrebbe ridursi del 10 per cento quest’anno, e lo stesso Putin ha detto che i cittadini devono aspettarsi inflazione e disoccupazione.

Altre stime sono ancora più dure: secondo il governo americano, il PIL russo potrebbe ridursi del 15 per cento. Anche per quanto riguarda il rublo, l’esempio di Putin non è davvero realistico: secondo varie analisi, il recupero del rublo delle ultime settimane è “artificiale”, e non rispecchia il valore reale della valuta russa.

È opera soprattutto di Elvira Nabiullina, la banchiera centrale russa. Economista preparatissima – e molto apprezzata anche in Occidente prima dell’invasione – Nabiullina è stata un’alleata fondamentale del regime di Putin in queste settimane di guerra. Come ha scritto il Wall Street Journal, tuttavia, nel corso del conflitto ucraino Nabiullina ha rinnegato (e in buona parte distrutto) tutto ciò che aveva fatto da quando nel 2013 era diventata governatrice della Banca centrale russa.

Se fino a pochi mesi fa Nabiullina aveva lavorato per integrare il più possibile l’economia russa in quella mondiale, nelle ultime settimane si è mossa decisamente per fare il contrario, cioè per isolarla e proteggerla, per quanto possibile, dalle sanzioni occidentali. Il fatto che Nabiullina si sia prestata ad aiutare il regime russo ha stupito e amareggiato molti suoi colleghi ed esperti, che la consideravano una figura indipendente: all’inizio dell’invasione erano circolate voci sulla possibilità che la banchiera centrale volesse dimettersi, ma sono state smentite. Nabiullina, anzi, è stata rinnovata per un altro mandato.

Elvira Nabiullina nel 2016 (AP Photo/Ivan Sekretarev)

Molto del lavoro fatto da Nabiullina ha come obiettivo sostenere il più possibile il valore del rublo. In primo luogo ha alzato enormemente i tassi d’interesse, al 20 per cento: per avere un termine di paragone, attualmente i tassi della Banca Centrale Europea sono allo 0 per cento, della FED statunitense allo 0,5 per cento.

Soprattutto, la Banca centrale russa ha imposto un durissimo “controllo dei capitali”, cioè una serie di misure che di fatto impedisce sia agli stranieri sia ai cittadini russi di vendere rubli all’estero in cambio di altre valute. Inoltre, il governo ha imposto a tutte le aziende di stato di convertire in rubli la gran parte delle proprie riserve di denaro e delle entrate ottenute dall’inizio dell’invasione: l’esempio più notevole sono le società del gas, che di recente sono state obbligate a convertire in rubli il 100 per cento dei pagamenti che ricevono dai paesi europei per le forniture.

Il risultato di queste misure è che le transazioni in rubli si sono praticamente interrotte: «Il rublo non è più una valuta che si può convertire liberamente», ha detto a Politico Iikka Korhonen, un analista della Banca centrale finlandese. E in questo contesto, le transazioni sul rublo che vengono permesse dalle autorità russe sono quasi esclusivamente quelle che fanno aumentare il valore della valuta, come per esempio gli acquisti di rubli da parte delle aziende di stato.

Il rialzo del rublo è dunque artificiale perché (con un certo grado di semplificazione ed eccezioni) la Banca centrale russa ha congelato le transazioni che avrebbero potuto mettere in pericolo la valuta, consentendo soltanto quelle che la avvantaggiano.

Un grafico di Bloomberg che mostra il netto calo del volume degli scambi in rubli

Questo non significa che la Banca centrale russa abbia salvato il rublo: molti analisti si aspettano che, nel momento in cui le misure di controllo del capitale saranno eliminate e il rublo tornerà a essere una valuta che fluttua liberamente sul mercato, potranno esserci nuovi crolli, anche se molto dipende dalla situazione economica complessiva della Russia: «Se le barriere fossero rimosse, la valuta si troverebbe a un livello molto differente», ha scritto Bloomberg.

Mantenere stabile il rublo è importante per il regime russo anche a livello politico: serve a Putin per dimostrare, soprattutto a paesi neutrali o vicini alla Russia come la Cina e l’India, che l’economia sta reggendo nonostante le sanzioni.

Le conseguenze rischiano di essere molto dure: alzare i tassi d’interesse di solito tende a danneggiare la crescita economica, e i tassi d’interesse russi al momento sono altissimi, al punto che la Banca centrale in questi giorni li ha ridotti leggermente, al 17 per cento.