Com’è nato Rudolph, la renna più famosa di Babbo Natale

Da una pubblicità dei grandi magazzini Montgomery Ward, e dall'idea di uno scrittore che non se la stava passando bene

Una prima edizione del libro di Rudolph scritto da Robert May, insieme a una bozza dello stesso May (AP Photo/Toby Talbot)
Una prima edizione del libro di Rudolph scritto da Robert May, insieme a una bozza dello stesso May (AP Photo/Toby Talbot)

Secondo una tradizione che si è diffusa grazie a una poesia del 1822 intitolata A Visit from St. Nicholas, Babbo Natale – figura che deriva appunto da San Nicola, poi diventato Santa Claus – avrebbe otto renne che lo aiutano a portare i regali ai bambini e alle bambine. I loro nomi sono Dasher, Dancer, Prancer, Vixen, Comet, Cupid, Donner e Blitzen. A questo elenco manca però forse la renna più famosa di tutte, Rudolph, quella con il naso rosso. Il motivo è che la sua presenza è legata a una tradizione, diciamo così, ben più recente: Rudolph fu inventato nel 1939 da Robert Lewis May, uno scrittore che lavorava per il marketing di una catena di grandi magazzini.

La storia di Rudolph in realtà era venuta in mente a May già da prima. Ne aveva inventato una versione iniziale che raccontava a sua figlia Barbara, per via del fatto che si era molto affezionata a un cervo del Lincoln Park Zoo di Chicago, la città dove vivevano all’epoca May e la sua famiglia. Per le vacanze natalizie del 1939, la catena Montgomery Ward chiese a May di scrivere una nuova storia per un opuscolo promozionale che sarebbe stato distribuito ai punti vendita, e May decise di reinventare la storia cara a sua figlia.

Come ha raccontato la rivista Time, in quel periodo May stava attraversando una fase piuttosto complicata della sua vita, cosa che probabilmente influenzò il personaggio di Rudolph, la cui storia inizia su una nota triste. Per via del suo grosso naso rosso e luminoso, infatti, Rudolph viene preso in giro dalle altre renne e marginalizzato. Ma poi, una sera di Natale nebbiosa e con scarsa visibilità, il naso di Rudolph si rivela utile per illuminare la via e Babbo Natale allora lo mette in testa alla slitta. Grazie a Rudolph riesce così a consegnare tutti i regali di Natale in tempo, e le altre renne cambiano atteggiamento nei confronti di Rudolph.

Nel creare la storia, May fu influenzato dalle sue esperienze passate e dalla celebre fiaba Il brutto anatroccolo, che racconta una storia di riscatto simile a quella di Rudolph. In seguito, May ha raccontato che da ragazzino era più piccolo degli altri bambini e molto timido, e che sapeva «cosa significa essere un perdente». Per questi motivi, la storia dell’anatroccolo gli era rimasta molto impressa, e in seguito ispirò la nascita di Rudolph.

May ha raccontato che anche da adulto, comunque, la vita non gli andava granché bene. Il successo che sperava di ottenere come scrittore gli sembrava lontanissimo ed era senza soldi. Quando nel 1939 ricevette la richiesta da Montgomery Ward, pensò: «Eccomi qui a 35 anni, pieno di debiti, ancora a macinare storie da catalogo invece di scrivere il prossimo grande romanzo americano». Oltre a tutto ciò sua moglie, Evelyn Ruth Heymann, era malata di cancro e stava morendo. In famiglia facevano fatica a far quadrare i conti per via dei costi della terapia. In un articolo pubblicato nel 1975, citato da Time, May ricorda un giorno di gennaio in cui fu «sollevato» dal fatto che le decorazioni natalizie per strada erano state tolte. «Mia moglie soffriva e non mi sentivo in vena di festeggiare».

Nonostante tutto questo, May doveva comunque lavorare. Iniziò dal nome della renna, che pensò dovesse iniziare con la “r” così da avere l’allitterazione con “renna” (reindeer in inglese). I primi nomi che gli vennero in mente erano Rodney, Roland, Roderick, Reggy e Rollo. Quest’ultimo in particolare gli sembrava che avesse un suono troppo allegro per essere il nome di una renna con una storia come quella che aveva in mente. Alla fine scelse Rudolph perché il suono di questo nome «rotolava giù dalla lingua in modo piacevole».

Quanto all’idea del naso, May ha raccontato che gli venne mentre era nel suo ufficio a guardare fuori dalla finestra. Era una di quelle giornate gelide a Chicago, una città che ha la fama di avere inverni proibitivi. Sul lago Michigan c’era una fitta nebbia e May pensò alle difficoltà che avrebbe incontrato Babbo Natale a condurre una slitta in condizioni simili. Fu allora che gli venne l’idea, che peraltro rischiò di essere scartata quando in una riunione qualcuno obiettò che il naso rosso avrebbe potuto rimandare all’alcolismo e all’ubriachezza.

Mentre May lavorava al progetto di Rudolph, le condizioni di sua moglie peggioravano. Passò la primavera, i genitori di lei vennero a Chicago per star loro vicino, ma non ci fu niente da fare e a luglio morì. A May venne data la possibilità di riposarsi, il capo gli disse che poteva affidare il progetto a qualcun altro, ma May si rifiutò: «Avevo bisogno di Rudolph più che mai. Mi buttai sulla scrittura con gratitudine, per non pensare». Quando la bozza era conclusa si era fatto agosto. Prima di consegnarla, May la lesse a sua figlia e ai suoceri: «Dai loro occhi capii che era la storia giusta, che sortiva l’effetto che speravo».

Alla fine Montgomery Ward accettò la bozza e stampò la storia in un libretto con la copertina morbida. Ne furono fatte 2,4 milioni di copie. In seguito la casa editrice Maxton Publishing chiese di poterla pubblicare a sua volta, in un’edizione con la copertina rigida, che ebbe un buon successo. Ma la vera fama mondiale della storia di Rudolph venne solo più tardi, quando Johnny Marks ne fece una canzone nel 1949. Marks era il cognato di May – era sposato con una delle sue sorelle – e scrisse testo e musica. La voce la mise Gene Autry.

Quell’anno la canzone rimase al primo posto in classifica negli Stati Uniti durante la settimana di Natale e negli anni è stata venduta in decine di milioni di copie, diventando un classico delle canzoni natalizie. Nel 2018 è rientrata nella classifica Hot 100 di Billboard, la più citata e importante della musica statunitense, arrivando al numero 27 nella settimana prima di Natale.

Robert May morì nel 1976. Aveva 71 anni. Montgomery Ward nel 1947 gli aveva ceduto i diritti della storia di Rudolph, grazie ai quali guadagnò su oltre cento prodotti collegati a Rudolph. Dagli anni Cinquanta a oggi sono stati fatti libri per bambini, fumetti, programmi televisivi e anche un film di animazione, nel 1998.

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