Il momento delle “serie bottiglia”

Cioè le serie tv girate tutte in un posto solo, come “The White Lotus” e “Nine Perfect Strangers”: e sì, pure qui c'è di mezzo la pandemia

(Nine Perfect Strangers)
(Nine Perfect Strangers)

La serie Nine Perfect Strangers (da qualche giorno su Amazon Prime Video) e la serie The White Lotus (tra qualche giorno su Sky e NOW) sono tra loro piuttosto diverse. La prima, attesa ma non granché apprezzata, gira attorno a un mistero. La seconda, forse meno attesa e in genere recensita con maggiore entusiasmo, è invece una satira sociale e una dramedy, cioè qualcosa a metà tra il dramma e la commedia.

Le due serie sono però accomunate dal fatto che la quasi totalità delle loro storie abbia luogo in un solo posto: nel caso di Nine Perfect Strangers, girata in Australia, un lussuoso e meditativo centro benessere; nel caso di The White Lotus in un paradisiaco resort delle Hawaii. Sono due esempi – vicini, recenti e rilevanti – di quella che potrebbe diventare una costante di certe serie tv. E anche stavolta, c’entra la pandemia.

Non è di certo una novità che certi film o certe serie vengano girate tutte o quasi in un solo luogo. Spesso, dall’horror alla commedia, da Panic Room a Perfetti Sconosciuti, il confinamento più o meno forzato è la necessaria premessa alla storia.

C’è addirittura tutto un grande filone della serialità, quello delle sitcom, i cui episodi sono più o meno tutti nello stesso posto. E anche fuori dalle sitcom, quando ci sono episodi quasi interamente girati in un unico luogo (spesso un’unica stanza) si parla in gergo di bottle episodes, episodi bottiglia. Sono episodi spesso dettati dalla necessità di fare qualcosa in fretta e in poco tempo, magari in attesa di poter girare qualche altro più importante episodio, e per questo spesso piuttosto interlocutori e riempitivi. A volte, però, sono anche episodi che – non sempre in modo volontario – aiutano a rallentare il ritmo del racconto e migliorare l’approfondimento di qualche dinamica o di qualche aspetto dei pochi protagonisti presenti.

In genere, quasi ogni grande serie ha almeno un suo episodio bottiglia: Breaking Bad aveva “Fly”, che a certi spettatori piacque parecchio e ad altri proprio per niente.

L’episodio bottiglia di Mad Men – per molti il miglior episodio bottiglia mai fatto – fu invece “The Suitcase”, il settimo della quarta stagione.

Come ha notato Vanity Fair, più che al semplice modello delle sitcom tutte in un solo posto, serie come Nine Perfect Strangers e The White Lotus sembrano guardare a quel tipo di episodi bottiglia, provando però a spalmare quell’approccio su un’intera stagione. Per poter sfruttare tutta una serie di opportunità logistiche e narrative, ma anche dovendo fare i conti con una relativa serie di problemi.

Nick Hall, produttore esecutivo di The White Lotus, ambientato in un omonimo resort, ha raccontato che l’idea alla base della serie fu messa in piedi nell’estate 2020, quindi dopo la diffusione del coronavirus, che l’approvazione per la serie fu data a settembre e che già a metà ottobre il cast e la troupe erano al lavoro. Per ottimizzare costi e tempi e per minimizzare le possibilità di contagio, il resort hawaiano – il Four Seasons di Maui – fu usato sia come set che come alloggio di chiunque fosse al lavoro sulla serie. «Una volta finito di lavorare» ha scritto Vanity Fair «gli alloggi in cui andare erano a un ascensore di distanza dal set».

Per Nine Perfect Strangers, tratta da un romanzo della scrittrice australiana Liane Moriarty, la serie era stata pensata già prima della pandemia e Jonathan Levine, regista di tutti i suoi otto episodi, ha detto che l’idea era di ricreare molte scene al chiuso in teatri di posa e di cercare poi dalle parti di Los Angeles «un miscuglio di cinque diverse case di persone ricche». Invece la serie è stata girata dalle parti di Byron Bay, sulla costa orientale dell’Australia, e buona parte delle scene ambientate nel centro benessere che nella serie è il Tranquillum House sono state girate nel centro di meditazione Soma.

«È una cosa che ti spinge a dover cercare nuovi modi e nuovi angoli per girare le tue scene, nuovi approcci per raccontare la tua storia», ha detto Levine. Nel suo caso, si è trattato di girare più spesso che in altre situazioni scene da “buona la prima”, oltre che dover «integrare i personaggi con l’ambiente molto più che in passato». Ha anche ammesso che «dopo 30 giorni a girare nella stessa maledetta stanza, sei così annoiato che finisci giocoforza per provare a fare qualcosa di diverso».

Come ha notato Vanity Fair, questa possibile tendenza verso le “serie bottiglia” è in parte dovuta alla necessità di girare minimizzando i possibili intoppi, ma può anche essere vista come una sorta di ritorno alle origini («quando le serie tv erano quasi delle opere teatrali filmate) e alla semplicità di serie come Love Boat, però con un approccio e con possibili evoluzioni satiriche o drammatiche da “prestige TV”, un nome spesso usato per parlare di serie “di qualità” degli ultimi decenni. Secondo Levine, tra le possibili cause c’è anche una certa voglia di proporre qualcosa di «tattile e tangibile» da contrapporre ai sempre più film che sono sempre più pieni di effetti speciali.

Ancora Vanity Fair si chiede però quali e quanti margini potranno avere serie di questo tipo: entrambe comunque legate a un gruppo di persone in vacanza, entrambe in un contesto in cui, seppur in modo assai diverso, molto gira attorno al fatto che certe cose e certe persone non sono quello che sembrano.

Intanto, sempre a proposito di serie girate tra quattro pareti, tra qualche settimana arriverà anche Scene da un matrimonio, rifacimento della miniserie (e poi anche film) di Ingmar Bergman.