Le motivazioni alla sentenza di condanna dell’inviato delle “Iene” Luigi Pelazza, nel caso legato alla giornalista Guia Soncini

Luigi Pelazza durante un servizio per la trasmissione "Le Iene" (YouTube)
Luigi Pelazza durante un servizio per la trasmissione "Le Iene" (YouTube)

Un mese e mezzo dopo la condanna dell’inviato delle “Iene” Luigi Pelazza per violenza privata nei confronti della giornalista Guia Soncini, il Corriere della Sera ha pubblicato le motivazioni della sentenza del tribunale di Milano. Pelazza era stato condannato a 2 mesi di carcere, convertiti su sua richiesta in 15mila euro di multa. La condanna si riferisce a fatti del 2015, quando Pelazza si introdusse nel cortile del palazzo di Soncini con l’obiettivo di intervistarla, facendole domande in maniera insistente e impedendole di entrare nella sua abitazione.

La difesa di Pelazza aveva invocato il diritto di cronaca, ma secondo il tribunale non si poteva accogliere, perché il diritto di cronaca può esimere da «eventuali reati commessi con la diffusione della notizia», ma non da «quelli compiuti al fine di procacciarsi la notizia». Secondo la giudice, se così non fosse, «anche reati come furto o rapina o reati contro l’integrità fisica» potrebbero non essere puniti o ricevere attenuanti «se compiuti al fine di procacciarsi notizie utili e rilevanti».

Inoltre, nelle sue domande Pelazza avrebbe usato toni «eccessivamente colpevolizzanti» nei confronti di Soncini e tesi «a screditarne la figura professionale prima ancora di un accertamento processuale», contro il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.