La vita di Rita Levi Montalcini

È stata una delle più importanti scienziate del Novecento, ricevette premio Nobel per la Medicina e continuò a lavorare fino alla sua morte a 103 anni

Rita Levi Montalcini negli anni Ottanta (girella/lapresse archivio storico cultura)
Rita Levi Montalcini negli anni Ottanta (girella/lapresse archivio storico cultura)

Rita Levi Montalcini è stata una delle più importanti scienziate del Novecento, ricevette il premio Nobel per la medicina nel 1986 e fu senatrice a vita dal 2001 fino alla sua morte, nel 2012. Se i suoi meriti scientifici sono enormi, come testimonia il premio Nobel, la sua personalità era altrettanto nota e peculiare: Levi Montalcini era famosa per una grandissima dedizione al lavoro, una lucidità altrettanto grande anche negli ultimi anni della sua vita, l’eleganza austera nei comportamenti e nel modo di vestirsi (era nota anche per disegnarsi i vestiti da sola). Parte della sua vita, gli anni successivi al premio Nobel, è raccontata dal film Rita Levi-Montalcini, prodotto dalla Rai, diretto da Alberto Negrin e che andrà in onda per la prima volta giovedì sera su Rai Uno alle 21.25.

Rita Levi Montalcini era nata in una ricca famiglia ebraica di Torino e il suo maestro negli studi medici era stato Giuseppe Levi, il padre della scrittrice Natalia Ginzburg (è uno dei protagonisti del suo celebre romanzo Lessico famigliare) che fu anche maestro dell’altro premio Nobel per la medicina italiano, Renato Dulbecco, morto anche lui nel 2012. Rita Levi Montalcini era legatissima alla sua sorella gemella, Paola, che era una pittrice ed è morta nel 2000, e aveva anche lei uno spiccato talento artistico: per molti anni disegnò di persona e manualmente le illustrazioni dei suoi articoli scientifici.

La sua carriera si può dividere in tre parti. Quella iniziale in Italia, durante la quale portò avanti le proprie ricerche sul sistema nervoso in un laboratorio costruito nella sua camera da letto a Torino, dopo l’espulsione dall’università in seguito alle leggi razziali del 1938 (in rapporto alle sue origini ebraiche, si definì sempre “totalmente laica”).

Rita Levi Montalcini nel suo studio nel 1977 (roma press/lapresse archivio storico cultura)

La seconda iniziò dopo la guerra, quando venne invitata per sei mesi alla Washington University di St. Louis, in Missouri. La invitò l’embriologo Viktor Hamburger, che insieme al suo gruppo di ricerca lavorava su temi simili ai suoi. Rita Levi Montalcini partì e, invece del semestre previsto, rimase negli Stati Uniti per ventisei anni.

La scoperta principale per cui Rita Levi Montalcini vinse il Nobel per la medicina, insieme al suo collega della Washington University Stanley Cohen, fu quella dell’NGF, il Nerve Growth Factor. In una lunga serie di ricerche che si conclusero nei primi anni Settanta e che vennero inizialmente accolte con un certo scetticismo tra gli altri biologi, Rita Levi Montalcini, Cohen e i loro collaboratori identificarono uno dei primi e dei più importanti fattori della crescita, sostanze prodotte dal corpo e responsabili di una grande quantità di processi cellulari. L’NGF in particolare è essenziale per la crescita e il mantenimento dei neuroni, oltre ad avere un ruolo importante nel sistema immunitario.

La terza fase della sua attività scientifica iniziò quando si trasferì di nuovo in Italia, dopo il suo pensionamento dagli incarichi universitari negli USA nel 1977. In realtà Rita Levi Montalcini era sempre rimasta in contatto con il suo paese d’origine e fin dai primi anni Sessanta il CNR di Roma le aveva assegnato un laboratorio, che crebbe fino a diventare uno dei massimi centri di studi biologici in Italia.

Rita Levi Montalcini negli anni Ottanta (girella/lapresse archivio storico)

La sua capacità di lavoro – al pari di quella che richiedeva ai suoi collaboratori – era notoriamente enorme. Nel 2006, poco prima di compiere 97 anni, disse che riteneva il suo cervello “lo stesso di quando avevo vent’anni” e che era solita – da decenni – svegliarsi alle quattro del mattino. Nel corso della sua vita ha pubblicato circa una ventina di libri di divulgazione scientifica, in cui insiste spesso non solo sull’importanza dell’educazione, ma più nello specifico sull’importanza dell’educazione femminile. Lei stessa, da giovane, dovette combattere per convincere il padre a lasciarle studiare medicina.

Nel 2001, Levi Montalcini fu nominata senatrice a vita dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nonostante la parziale cecità da cui fu affetta negli ultimi anni della sua vita, Levi Montalcini continuò a partecipare ai lavori del Senato e tra il 2006 e il 2008 si parlò molto di lei perché il suo voto – insieme a quello di altri senatori a vita – fu più volte decisivo per dare la maggioranza all’allora governo di Romano Prodi. Levi Montalcini morì a 103 anni nella sua casa di Roma il 30 dicembre del 2012.

Rita Levi Montalcini in Senato nel 2006 (Mauro Scrobogna /LaPresse)

Lo scrittore e fisico Paolo Giordano fece con lei una lunga intervista per Wired in occasione del suo centesimo compleanno, nella sede dell’European Brain Research Institute (EBRI) da lei fondato a Roma. Rita Levi Montalcini parlava così delle differenze tra ieri e oggi nella formazione scientifica, e di come considerava il proprio futuro e quello che sarebbe venuto dopo:

«Dai tuoi libri mi sono reso conto di come tu abbia una visione globale della scienza, con competenze anche in altri campi, come la fisica, la matematica. Oggi non sembra più possibile.»
[RLM] «Non è passato un secolo dai miei tempi. Sono passati molti secoli. Uno sviluppo tecnologico come quello odierno era impensabile cinquanta-sessant’anni fa. Ma la tecnica non basta. Serve una visione più ampia. I giovani oggi hanno grandi capacità, ma dal punto di vista culturale sono piuttosto bassi»
«L’età, gli impegni e anche i grandi riconoscimenti non hanno un po’ affievolito la tua fame di scoperta?».
«Al contrario. L’hanno accresciuta. Io ho ottimi rapporti con le giovani che lavorano qui, perché sentono che posso aggiungere qualcosa che manca alla loro formazione: l’intuito».
«Com’è la vita a cento anni?».
«Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente».
«E quando muore il corpo?».
«Quando muore il corpo, sopravvive quello che hai fatto. Il messaggio che hai dato».