La manifestazione di Varsavia (Omar Marques/Getty Images)

L’enorme manifestazione a Varsavia contro le restrizioni del diritto all’aborto

Si è tenuta venerdì, è stata la più grande protesta contro il governo polacco da quando al potere c'è il partito Diritto e Giustizia

Venerdì sera decine di migliaia di persone hanno partecipato a un’enorme manifestazione a Varsavia, capitale della Polonia, contro la sentenza del Tribunale costituzionale polacco che ha reso illegale l’interruzione di gravidanza in caso di malformazione del feto. La Corte era intervenuta su richiesta di un centinaio di parlamentari, e misure più restrittive sul diritto all’aborto erano state appoggiate dal governo e dalla Chiesa cattolica, molto influente in Polonia.

La manifestazione di venerdì è stata «la più grande dimostrazione di rabbia popolare diretta contro il partito di destra Diritto e Giustizia da quando è al potere, cioè dal 2015», ha scritto il Guardian. Durante la protesta si sono visti cartelli con le scritte «Vogliamo poter scegliere, non vogliamo il terrore», e «Le ragazze vogliono solo avere i diritti fondamentali». Manifestazioni contro la sentenza, e contro il governo guidato da Diritto e Giustizia, si sono tenute anche in altre città polacche, come Poznan, Breslavia, Bialystok e Lublino.

Le proteste vanno avanti da giorni benché il governo abbia imposto un divieto agli assembramenti di più di cinque persone per cercare di limitare il contagio da coronavirus, che in Polonia, come in gran parte d’Europa, si sta aggravando rapidamente. La sentenza del Tribunale costituzionale era arrivata in risposta a un appello alla Corte da parte di un centinaio di parlamentari che sostenevano che l’interruzione di gravidanza a causa di malformazioni fetali violasse i princìpi della Costituzione che protegge la vita di ogni individuo.

La sentenza modifica una legge sull’interruzione di gravidanza approvata nel 1993, che già era una delle più restrittive d’Europa, e sostiene che consentire l’aborto in caso di grave malformazione del feto sia incostituzionale. Il governo aveva già tentato più volte, nel 2016 e lo scorso aprile, di introdurre restrizioni pesanti al diritto all’aborto, sempre con il sostegno di diversi gruppi religiosi cattolici e dei vescovi vicini al PiS, ma in entrambi i casi aveva rinunciato dopo forti proteste.

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La sentenza non è ancora entrata ufficialmente in vigore, ma quando succederà in Polonia saranno legali le interruzioni di gravidanza soltanto in caso di stupro, incesto o di grave minaccia alla vita o alla salute della donna. Questi casi costituiscono soltanto il 2,4 per cento dei circa 1.100 aborti praticati negli ospedali polacchi nel 2019. Anche se le restrizioni non sono ancora attive, comunque, molti ospedali hanno cominciato a cancellare procedure di interruzione di gravidanza già programmate. Secondo le organizzazioni femministe, già prima della sentenza tra le 100mila e le 200mila donne polacche ogni anno erano costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poterne avere accesso (in genere in Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania o Ucraina).

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