(Joe Raedle/Getty Images)

Il coronavirus inciderà anche sulle primarie statunitensi

Biden e Sanders hanno cancellato diversi incontri e comizi, e il prossimo dibattito della campagna elettorale si terrà senza pubblico

La diffusione del coronavirus negli Stati Uniti, che negli ultimi giorni sta diventando sempre più preoccupante, inciderà anche sulle primarie del Partito Democratico per scegliere l’avversario di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2020. Di solito la campagna elettorale prevede decine di comizi, incontri, dibattiti, cene e concerti, cioè eventi dove i partecipanti stanno a stretto contatto fra di loro, e i due principali candidati – Joe Biden e Bernie Sanders – hanno iniziato a cancellarne diversi già in questi giorni.

Durante lo spoglio negli stati che hanno votato ieri, quasi tutti vinti da Joe Biden, Sanders ha cancellato diversi incontri e comizi programmati in Ohio, uno dei quattro stati in cui si voterà il 17 marzo. Biden ha annullato il party in programma a Cleveland, in Ohio, per seguire i risultati dello spoglio, e ha fatto sapere di aver cancellato un grosso comizio in programma a Tampa in Florida. «Continueremo a consultarci con funzionari che si occupano di sanità e a rispettare le indicazioni delle autorità. Nei prossimi giorni annunceremo cosa succederà agli eventi della campagna», ha scritto su Twitter la vice-direttrice del comitato Biden, Kate Bedingfield.

Il prossimo dibattito televisivo della campagna elettorale, in programma il 15 marzo a Phoenix, in Arizona, si terrà invece senza pubblico. Lo ha deciso il Partito Democratico «dietro la richiesta di entrambi i comitati elettorali e per un eccesso di cautela», ha fatto sapere il responsabile alla comunicazione del partito a Politico. Joe Biden ha pronunciato un discorso stanotte dopo la sua vittoria alle primarie, ma lo ha fatto in una stanza alla presenza soltanto dal suo staff.

La situazione è assai diversa nel comitato elettorale di Trump, che nelle ultime due settimane si è lamentato pubblicamente e privatamente dell’attenzione che politici ed esperti di sanità stanno garantendo al coronavirus, che a suo dire è eccessiva. Il suo comitato elettorale ha fatto sapere ai giornalisti che la sua attività sta procedendo «in maniera normale», scrive il New York Times. Al momento, comunque, Trump non ha alcun comizio in programma nelle prossime settimane e il vicepresidente Mike Pence, che Trump ha messo a capo della gestione del coronavirus da parte del governo federale, ha fatto sapere che la decisione se organizzare o meno comizi di Trump dovrà essere valutata «giorno per giorno».

Non è ancora chiaro quanto la diffusione del contagio inciderà sull’affluenza nei prossimi stati in cui si voterà. In Florida, Ohio, Arizona e Illinois i casi totali sono circa 50. Nello stato di Washington, uno dei più colpiti finora, le primarie si sono tenute ieri ma con un sistema che si basa interamente sul voto postale, quindi senza particolari problemi legati al coronavirus.

Nessuno ha ancora fatto previsioni su cosa potrebbe succedere se nei prossimi mesi il contagio si espandesse in tutti gli stati, costringendo i candidati a una campagna elettorale molto diversa dal solito. Hank Sheinkopf, uno stratega dei Democratici che in passato ha collaborato con Bill Clinton e Michael Bloomberg, ha detto a Newsweek che a breve potremmo assistere «alla fine dei comizi come li conosciamo», dato che «le persone non vorranno stare in un luogo chiuso se viene detto loro di evitare i contatti personali e di lavarsi frequentemente le mani».

Il coronavirus entrerà sicuramente anche nel dibattito politico. Circola ampio scetticismo sulle modalità con cui Trump sta gestendo la crisi, e ieri sera Biden – che ormai ha quasi vinto le primarie – lo ha accusato di avere una scarsa leadership «presidenziale». In un’intervista andata in onda su MSNBC, Biden ha aggiunto che Trump non sembra avere alcuna competenza per gestire il contagio, e che dalle sue uscite pubbliche «non emerge alcun senso di urgenza».

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