Una canzone di Bill Fay

(Steve Gullick)
(Steve Gullick)

Peter Tosh è stato per molto tempo, prima di essere un po’ dimenticato, il numero due del reggae giamaicano dopo Bob Marley, con cui suonò e cantò nei Wailers. Anche lui è morto presto, a 43 anni nel 1987, ucciso in una terribile e sanguinosa rapina a casa. Avrebbe compiuto 75 anni domani. La sua cosa più famosa è un gran pezzo di reggae-pop con Mick Jagger, Don’t look back (una cover dei Temptations).
La settimana scorsa è uscito un disco nuovo degli Elbow, band di Manchester arrivata quando il periodo delle band di Manchester stava passando, ma che ha fatto un po’ di buone cose fino a un ultimo disco molto bello due anni fa. Invece tra una settimana esce un disco nuovo dei Cigarettes after Sex, che sono piuttosto notturni e avevano fatto questa.
E, ehi, grazie per le mail gentili che ho ricevuto in risposta a queste chiacchiere, per meriti altrui.

The coast no man can tell
Bill Fay ha una storia unica, di cui dico solo che tra il suo secondo e terzo disco sono passati 41 anni. In quel terzo disco, del 2012, le due cose più belle sono di solo lui e pianoforte: una è la stupenda cover di Jesus etc. dei Wilco, l’altra è l’ultima canzone meno nota, una specie di carillon, conclusiva, “it’s time to leave and say goodbye”: ninnananna nella musica, funebre nei testi, ma non ci pensate (alla fine, My way cos’è?).

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