Come si inventa una lingua

Che debba essere parlata da guerrieri nomadi o da alieni spaventosi, chi se ne occupa segue più o meno le stesse regole fondamentali

(HBO)
(HBO)

La storia della letteratura e del cinema è ricca di esempi di lingue fantastiche, inventate per far parlare tra di loro abitanti di terre leggendarie o creature immaginarie come elfi. Dal “valyriano” del Trono di Spade al “klingon” di Star Trek, ci sono casi in cui queste lingue sono costruite in maniera rigorosa, con regole precise e un ricco vocabolario: ci sono linguisti che si sono specializzati proprio nell’inventare lingue, e una di loro, Bettina Beinhoff dell’Anglia Ruskin University, ha spiegato sul sito The Conversation un po’ di cose su come si pensa a tavolino una “conlang”, l’abbreviazione di constructed language.

Chi parlerà la lingua?
La prima cosa che mette in chiaro Beinhoff è che non si può avere la pretesa di creare una lingua perfetta, e nemmeno completa: una lingua inventata può funzionare al massimo per il contesto per cui è pensata, risultando convincente per i fruitori dell’opera in questione. Bisogna per prima cosa pensare ai personaggi che la parleranno, alle loro caratteristiche: secondo un sondaggio condotto da Beinhoff, la maggior parte dei linguisti creano le conlangs partendo dal proprio gusto estetico, concentrandosi sull’esigenza che suonino naturali e senza dimenticare che devono comunque poter essere pronunciate (dagli attori, per esempio).

In un video pubblicato qualche mese fa da Wired, uno dei più importanti e richiesti specialisti di lingue inventate del mondo, David J. Peterson, condivise alcune cose del suo modo di lavorare. Peterson, che per esempio inventò il dothraki per la serie del Trono di Spade, spiegò che tra le cose da tenere a mente prima di inventare una lingua ci sono le caratteristiche fisiche dei personaggi: se sono alieni o mostri, per esempio, si deve accertarsi della forma della loro bocca – se parlano con la bocca – per capire che suoni può plausibilmente emettere.

Se i personaggi sono piovre senza bocca e con un occhio gigante, la loro lingua sarà probabilmente visiva e si servirà dei tentacoli: questo ragionamento è più o meno quello alla base del film di fantascienza Arrival, che ruotava proprio intorno a una linguista incaricata di tradurre la misteriosa lingua di due alieni. In quel caso – SPOILER – a caratterizzare la grammatica della lingua parlata degli alieni non era tanto la loro forma, quanto la loro concezione del tempo.

Cominciare dai suoni
Generalmente, quindi, si comincia dalle sonorità della lingua: si vuole che suoni dolce o aggressiva? Naturale o stranissima? Nel caso del klingon, parlato dagli omonimi alieni di Star Trek, l’effetto “alieno” della lingua fu ricercato concentrandosi su alcuni particolari tipi di consonanti e in generale di suoni inconsueti per la lingua inglese, per esempio prendendo fonemi tipicamente mediorientali o nordici. J.R.R. Tolkien, al contrario, scelse sonorità europee per la lingua degli elfi, per ottenere un risultato più piacevole all’orecchio.

Peterson ha spiegato un altro trucco: si può per esempio scegliere che le parole di una lingua non possano mai terminare con determinati suoni, in modo da rendere il suono di una conversazione più omogeneo, e allo stesso tempo per rendere più familiari le parole. L’effetto da ricercare, ha spiegato Peterson, è che dopo un po’ gli spettatori siano in grado di dire “no, questa parola non sembra dothraki”, pur non conoscendone davvero neanche una.

Le parole principali
Una volta scelti i suoni, spiega Beinhoff, bisogna pensare ai personaggi che parleranno la lingua per decidere quali sono i concetti che li contraddistinguono, per inventare le parole più importanti del loro vocabolario e da lì costruire delle espressioni ricorrenti. Nel caso dei Na’vi, protagonisti di Avatar, è per esempio il rapporto con la natura a caratterizzarli: per questo Paul Frommer, il linguista della University of Southern California che inventò la loro lingua, sviluppò una preghiera rituale recitata in occasione dell’uccisione degli animali. Peterson, invece, per sottolineare il carattere nomade della popolazione decise che il modo in cui si chiedono a vicenda “come stai?” contenesse la parola “cavalcare”, suonando qualcosa come “stai cavalcando bene?”.

Grammatica
Per dare credibilità alla lingua bisogna darle una certa coerenza interna, decidendo delle regole basilari: per esempio l’ordine della struttura base delle frasi (soggetto-verbo-complemento, complemento-soggetto-verbo, eccetera), se cambia o meno nelle frasi interrogative, ma anche il modo in cui cambiano le desinenze a seconda dei tempi verbali. Come ha spiegato Peterson, la grammatica di una lingua può dire molte cose delle persone che la parlano: per esempio in che modo usano il plurale e il singolare, se usano regole diverse per i nomi riferiti agli umani o agli animali, se hanno il maschile e il femminile, eccetera.

La scrittura
Nella maggior parte dei casi, infine, è importante decidere come sarà scritta la lingua. Ci sono casi in cui può utilizzare caratteri latini, ma avrebbe poco senso per esempio per le lingue aliene, per cui va inventato un sistema di segni. Prima ancora, va deciso se la scrittura si baserà su un alfabeto, oppure su un sistema sillabico. Nel caso in cui si inventino i segni, anche questi devono rispecchiare le caratteristiche dei personaggi che la parlano: la lingua degli elfi di Tolkien, per esempio, è sinuosa e tondeggiante, mentre il klingon è spigoloso e vagamente minaccioso.