Quando Apple mise il disco degli U2 in tutti gli iPhone

Successe cinque anni fa con “Songs of Innocence”: ma l'indignazione collettiva era davvero giustificata?

Gli U2 e Tim Cook sul palco dell'evento Apple a Cupertino, il 9 settembre 2014. (AP Photo/Marcio Jose Sanchez, File)
Gli U2 e Tim Cook sul palco dell'evento Apple a Cupertino, il 9 settembre 2014. (AP Photo/Marcio Jose Sanchez, File)

Il 9 settembre 2014, cinque anni fa, gli utenti di iTunes di tutto il mondo si ritrovarono con un disco in più aggiunto automaticamente alla loro raccolta: Songs of Innocence, il 13esimo album in studio della band irlandese degli U2. Quella che era stata concepita come un’originale e innovativa trovata di marketing musicale si dimostrò nel giro di poche ore una terribile idea, sia per il gruppo di Bono Vox che per l’azienda di tecnologia di Cupertino.

Le modalità con cui fu distribuito il disco furono oggetto di durissime critiche, e molte persone – famose e non – si lamentarono sui social network di quella che ritenevano essere una grave invasione della propria privacy. L’immagine degli U2 sembrò uscirne fortemente danneggiata, e tuttora si parla dell’episodio come di uno dei più grandi disastri recenti di pubbliche relazioni digitali del decennio. Ma cinque anni dopo, c’è chi si è chiesto se la reazione non fosse stata esagerata, col senno di poi: ne ha scritto per esempio il critico musicale Steven Hyden sul sito americano Uproxx.

Prima di Songs of Innocence, gli U2 non facevano un disco da cinque anni e mezzo. No Line on the Horizon, il loro lavoro precedente, aveva avuto un moderato successo di pubblico e critica, ma aveva dimostrato definitivamente che la band, un tempo tra le più famose e celebrate del rock internazionale, aveva perso lo smalto e la rilevanza, iniziando la fase discendente della propria carriera. Anni prima, gli U2 avevano avviato una collaborazione con Apple, quando il singolo “Vertigo” era apparso nella pubblicità degli iPod. In occasione dell’uscita del disco Songs of Innocence, gli U2 decisero di provare una nuova modalità di distribuzione, che riportasse la band al centro della scena musicale.

Il 9 settembre a Cupertino, in California, si tenne l’annuale evento nel quale Apple presenta i suoi nuovi prodotti. Dopo l’annuncio dei nuovi iPhone gli U2 salirono sul palco per suonare “The Miracle (of Joey Ramone)”, un nuovo singolo. Il CEO della società Tim Cook li raggiunse per annunciare che il nuovo disco della band sarebbe stato distribuito gratuitamente a tutti gli utenti di iTunes, il popolarissimo servizio per acquistare, ascoltare e organizzare musica di Apple, utilizzato da oltre 500 milioni di persone in tutto il mondo: secondo Cook, era il più grande lancio nella storia della musica.

Le reazioni all’annuncio non furono però quelle che si erano aspettati Cook e gli U2, che vennero accusati di aver violato la privacy delle librerie musicali di milioni di persone e di voler imporre l’ascolto di un prodotto anche a chi non aveva nessun intenzione di acquistarlo. A peggiorare il fatto in sé ci furono i protagonisti: Apple, una delle più grandi e potenti società di tecnologia al mondo, e gli U2, una band da tempo percepita come vecchia e poco “figa”. E anche il fatto che il disco, secondo la critica, era piuttosto mediocre.

L’operazione fu criticata anche da altri musicisti, come il rapper Tyler, the Creator, che disse che era stato come «svegliarsi con un brufolo o con un herpes». Altri, come il batterista dei Pink Floyd Nick Mason, si lamentarono del fatto che da come era stato pubblicizzato, il disco sembrava gratis (ovviamente Apple aveva pagato gli U2). Vijith Assar di Wired parlò di spam, e Apple dovette provvedere a fornire le istruzioni per rimuovere il disco dalla propria libreria.

Alla fine del mese, comunque, 81 milioni di utenti di iTunes avevano ascoltato il disco, ma fu da subito evidente che l’operazione era stata una pessima pubblicità per tutti, anche per Apple, e non fu mai più tentato niente di simile. Qualche settimana dopo, ospite del Graham Norton Show, la band fece capire che la preoccupazione iniziale era che il disco non sarebbe stato ascoltato come i precedenti, ma sembrò piuttosto consapevole del fatto che era stata una cattiva idea. «Un sacco di gente di gente che non era interessata agli U2 ora è arrabbiata con gli U2, e per noi è un miglioramento» scherzò Bono.

A distanza di cinque anni, Hyden si è chiesto se non fosse assurdo che così tante persone si fossero arrabbiate così tanto per Songs of Innocence, un disco che peraltro, anche se all’epoca non piacque, è considerato oggi il migliore degli U2 da Zooropa del 1993. Ma a interessare Hyden non è tanto la qualità del disco, opinabile, ma il fatto che soltanto cinque anni fa considerassimo una imperdonabile violazione della nostra privacy una cosa che oggi “subiamo” in modi ben più invasivi.

Nell’era dei servizi di streaming, infatti, i nuovi album vengono costantemente aggiunti ai nostri telefoni: non fisicamente, ma sotto forma di proposte che affollano le home page di Spotify, Apple Music, Google Play, eccetera. Nessuno si preoccupa più del fatto che i nostri gusti musicali non siano più privati, bensì sono continuamente analizzati dagli algoritmi per fornirci playlist automatiche e suggerimenti personalizzati precisissimi, che la stragrande maggioranza degli utenti ha imparato ad apprezzare.

Proprio nel 2014, pochi mesi prima dell’uscita di Songs of Innocence, Spotify aveva acquisito Echo Nest, una piattaforma per il riconoscimento e l’analisi musicale automatica, oggi alla base degli algoritmi modellati sui gusti degli utenti.

Per di più, queste informazioni raccolte oggi dalle piattaforme sul nostro conto sono vendute agli inserzionisti pubblicitari. È per questo che i costi dei servizi sono tutto sommato contenuti: un compromesso che, pur essendo spesso denunciato e criticato, non sembra sufficiente a spaventare le centinaia di milioni di utenti delle piattaforme di streaming.

Distribuire gratuitamente Songs of Innocence fu certamente una cattiva idea, dice Hyden. Gli U2 sbagliarono perché «fecero l’opposto di quello che il buon marketing dovrebbe fare, e cioè far sembrare essenziale il tuo prodotto». Le preoccupazioni sul fatto che Apple avrebbe iniziato a riprodurre a forza sui nostri telefoni le canzoni degli artisti che odiamo, comunque, si rivelarono infondate.

Alla fine del 2014, i social network – e in particolare Twitter – erano ancora strumenti relativamente recenti, ma l’episodio di Songs of Innocence dimostrò che erano già pronti per una delle loro funzioni nella società di questi anni: l’indignazione collettiva contro qualcuno o qualcosa. A riguardarlo oggi quell’episodio sembra piuttosto irrilevante, se confrontato con altri enormi cambiamenti tecnologici che stavano già avvenendo e che avrebbero cambiato ben più radicalmente le nostre vite, e che sono stati accettati tutto sommato senza proteste. «Non sarebbe meraviglioso vivere di nuovo in un mondo pre-Trump, in cui avevamo il lusso di arrabbiarci per un presunto piano orwelliano che coinvolgeva un malinconico disco degli U2? Non è folle che le persone se la siano presa così tanto?».