Cosa pensava Camilleri dell’Italia che lascia ai nipoti

«Mi sento di avere fallito il mio compito, come cittadino italiano. E mi pesa molto»

(ANSA/ANGELO CARCONI)
(ANSA/ANGELO CARCONI)

In un’intervista a Repubblica dell’anno scorso lo scrittore Andrea Camilleri – morto oggi a 93 anni dopo essere stato tra gli autori più amati e di successo degli ultimi vent’anni – aveva fatto alcune riflessioni su com’era cambiata l’Italia e la politica italiana nel corso della sua vita. Camilleri, attivo politicamente da decenni e sempre militante nella sinistra, in tempi recenti era intervenuto più volte contro il governo e il ministro dell’Interno Matteo Salvini, criticandolo duramente soprattutto per le sue posizioni sull’immigrazione. In un passaggio dell’intervista, Camilleri aveva detto:

A 93 anni, a un passo dalla morte, mi trovo a lasciare ai miei nipoti e ai miei pronipoti un’Italia che non mi aspettavo di lasciare. Io sono stato educato male alla politica: i miei uomini politici si chiamavano De Gasperi, Togliatti, Nenni, Sforza. Erano realmente uomini politici, veri, autentici, che avevano un preciso concetto dello stato e di quello che avrebbero fatto per l’Italia. Abbiamo ricostruito l’Italia, ora la stiamo sfasciando. Mi sento di avere fallito il mio compito, come cittadino italiano. E mi pesa molto.

Sempre nello stesso video, Camilleri aveva detto che Salvini «è un uomo di terra, non conosce il mare», e per questo non mostra rispetto e comprensione verso i migranti che attraversano il Mediterraneo. Lo scrittore aveva condannato severamente le minacce di Salvini di togliere la scorta a Roberto Saviano, giudicandole «parole mafiose e non degne di un ministro dell’Interno». «Non riconosco più gli italiani, in questo consenso così vasto alle tesi salviniane. È un modo di ragionare che fino a qualche tempo fa non ci apparteneva, non era degno di noi», aveva aggiunto Camilleri.