(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

Cosa sta succedendo nella Roma

Una stagione deprimente è finita con due pagine di inquietanti retroscena pubblicati da Repubblica, tra fronde, liti e fazioni, e ora una lunghissima lettera del presidente James Pallotta

La stagione sportiva appena finita non è stata positiva per la squadra di calcio della Roma. In campionato è arrivata sesta, per la prima volta fuori dalla Champions League negli ultimi cinque anni, e ha cambiato in corsa sia l’allenatore che il direttore sportivo; l’ambizioso progetto per la costruzione di uno stadio di proprietà – requisito fondamentale per la crescita del club – si è impantanato tra i problemi della giunta di Virginia Raggi e le indagini giudiziarie sulla corruzione a Roma; il suo capitano Daniele De Rossi, uno dei giocatori più amati dai tifosi, ha lasciato la squadra alla fine della stagione, dopo che tra molte polemiche la società ha deciso di non rinnovare il suo contratto.

In tutto questo, ieri su Repubblica un lungo articolo raccontava una serie di inquietanti retroscena sulla stagione, ipotizzando l’esistenza di una fronda formata dai quattro giocatori più esperti della Roma – Daniele De Rossi, Aleksandr Kolarov, Edin Dzeko e Kostas Manolas – che sarebbero stati scontenti della gestione tecnica della squadra e durante la stagione avrebbero chiesto l’allontanamento dell’allenatore Eusebio Di Francesco, del direttore sportivo Monchi e di Francesco Totti – che dopo il ritiro è diventato dirigente della Roma – a causa dei risultati deludenti. Oggi il presidente della Roma, l’italoamericano James Pallotta, ha pubblicato una lunga lettera in cui si è rivolto apertamente a tutti i tifosi della squadra, in maniera piuttosto inusuale per un dirigente di una squadra di calcio, per dare la sua versione dei fatti.

L’articolo di Repubblica
Secondo l’articolo, scritto da Carlo Bonini e Marco Mensurati, la crisi sarebbe cominciata prima dell’inizio del campionato, d’estate, quando la Roma aveva acquistato dal Siviglia un centrocampista francese neo-campione del mondo, Steven Nzonzi. Secondo Repubblica, l’acquisto del centrocampista francese sarebbe stato la causa dei primi attriti tra De Rossi e la dirigenza della squadra. De Rossi, infatti, avrebbe accusato la Roma di aver acquistato un suo “doppione”, che gli avrebbe potuto togliere il posto da titolare. Bonini e Mensurati hanno scritto che secondo tre diverse fonti De Rossi si sarebbe infuriato, avrebbe chiesto la rescissione del contratto e in un momento di collera abbia detto ai dirigenti della Roma: «se non risolviamo la cosa, vi faccio arrivare decimi».

L’inchiesta cita poi una mail inviata a Pallotta dall’ex preparatore atletico della Roma, lo statunitense Ed Lippie, per raccontargli la situazione caotica che ci sarebbe stata all’interno dello spogliatoio. I quattro giocatori, secondo Lippie, avrebbero accusato Di Francesco di aver perso il controllo della squadra e avrebbero criticato il suo modo di giocare definendolo «dissennato, dispendioso sul piano della corsa ma misero su quello della tattica». L’inchiesta dice anche che nella squadra in molti erano diventati insofferenti a Monchi, il direttore sportivo, che sarebbe stato colpevole di aver fatto una campagna acquisti estiva inadatta al gioco di Di Francesco. Lippie avrebbe raccontato a Pallotta che la squadra malsopportava la presenza di Totti nel ruolo di dirigente, ritenendolo una figura ingombrante che trasmetteva «percezioni negative» allo spogliatoio.

Le fonti di Lippie, secondo Bonini e Mensurati, sarebbero stati il medico sociale Riccardo Del Vescovo e il fisioterapista Damiano Stefanini, che sono stati poi allontanati dalla squadra insieme a Monchi e Di Francesco dopo l’eliminazione della Roma agli ottavi di finale di Champions League contro il Porto. Secondo l’articolo l’allontanamento di Del Vescovo e Stefanini sarebbe stato ordinato da Totti, dopo che questo era venuto a conoscenza del contenuto della mail di Lippie. Questa decisione avrebbe incrinato i rapporti tra Totti e De Rossi, visto che quest’ultimo era molto legato a Stefanini.

Tutto questo spiegherebbe la decisione della Roma di non rinnovare il contratto a De Rossi, con quest’ultimo che durante la conferenza stampa di addio si era detto dispiaciuto per le difficoltà di comunicazione con la società. A rendere ancora più intricata e oscura tutta la faccenda, il giorno dopo la conferenza stampa sono stati diffusi online alcuni messaggi vocali privati inviati da De Rossi in cui il giocatore diceva che, dopo aver saputo della decisione della società di non rinnovargli il contratto, avrebbe detto all’amministratore delegato Guido Fienga che per non gravare sulle casse della Roma sarebbe stato disposto anche a essere pagato solo per ogni presenza. Fienga avrebbe poi parlato a Pallotta della proposta di De Rossi, e il presidente l’avrebbe accolta positivamente. De Rossi a quel punto si sarebbe rifiutato, sostenendo che l’offerta fosse ormai tardiva.

Cosa non torna nell’articolo di Repubblica
L’articolo di Repubblica non cita sempre le fonti delle cose che dice, a parte la mail di Lippie, e mescola anche piani molto diversi tra loro, come le difficoltà politico-burocratiche incontrate nell’iter per la costruzione del nuovo stadio, il desiderio di alcuni imprenditori romani di costringere Pallotta a vendere la società e persino le due rapine subite dalla madre di Nicolò Zaniolo, probabilmente il giovane giocatore della Roma di maggior talento e maggior valore sul mercato. Inoltre, alcuni episodi raccontati dall’articolo sembrano contraddire altri fatti realmente accaduti: non si spiega perché la Roma abbia offerto a De Rossi – il capo dei “congiurati”, in teoria – un incarico dirigenziale addirittura da viceamministratore delegato, come è accaduto; né si spiega l’atteggiamento estremamente affettuoso e caloroso mostrato da Totti e De Rossi fino alla fine della stagione. Inoltre De Rossi, Manolas, Kolarov e Dzeko sono stati i protagonisti della scorsa stagione della Roma, quando l’allenatore era sempre Eusebio Di Francesco, e più volte avevano giocato anche se in condizioni fisiche imperfette: una cosa strana per dei giocatori scontenti o in guerra con l’allenatore.

La risposta di James Pallotta
Nei giorni successivi alla conferenza stampa con cui era stato annunciato il mancato rinnovo del contratto di De Rossi, gli ultras della squadra avevano organizzato una manifestazione di protesta contro Pallotta. L’assenza di Pallotta allo stadio Olimpico durante la partita di addio di De Rossi, inoltre, aveva dato ulteriore adito alle voci su sue presunte frizioni con il capitano della Roma. Durante l’ultima stagione i tifosi della Roma hanno criticato spesso Pallotta, che è statunitense ed è presidente della Roma dal 2012, per non essere più venuto in città dall’agosto del 2018, e di essersi progressivamente allontanato e disinteressato dai problemi della squadra.

Nella lettera scritta oggi e diretta ai tifosi della Roma, Pallotta ha affrontato tutte le critiche che gli sono state rivolte in questi mesi, e in particolare il contenuto dell’inchiesta di Repubblica. Pallotta ha detto di aver avuto una lunga conversazione con uno degli autori dell’articolo, e che alcune delle cose raccontate sono vere e altre false. Ha negato, per esempio, che da parte di alcun giocatore ci sia mai stata la richiesta di mandare via l’allenatore o un dirigente, e che le discussioni anche accese all’interno dello spogliatoio fanno parte della normalità nello sport; e ha raccontato anche che proprio De Rossi intervenne per evitare l’esonero di Di Francesco. Pallotta ha negato anche che ci sia stata una “guerra” tra De Rossi e Totti: «Sono stati in disaccordo? – si legge nella lettera – Mio Dio, spero di sì. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è essere circondati da yes man».

Pallotta ha confermato invece lo sfogo di De Rossi dopo l’acquisto di Nzonzi, sostenendo che fosse giustificato dal fatto che il giorno prima dell’annuncio gli era stato detto da Monchi che la squadra non avrebbe preso nessun giocatore che poteva giocare nel suo stesso ruolo. «Pertanto gli è stata detta una bugia e il giorno seguente la sua reazione emotiva è stata quella che è stata», dice Pallotta. «Il giorno dopo ancora è tornato sui suoi passi e ha detto: “Mi dispiace per il mio sfogo”».

Pallotta poi ha parlato anche dei problemi generali avuti dalla squadra in questa stagione e ha detto che la colpa, in sostanza, sono stati gli acquisti sbagliati effettuati dal direttore sportivo Monchi. Pallotta ha detto che affidarsi totalmente a Monchi è stato il suo più grande errore da presidente. Monchi, secondo Pallotta, avrebbe fallito nella gestione della squadra, acquistando giocatori non adatti allo stile di gioco di Di Francesco. In tutto questo, Pallotta ha dato ragione a molte delle cose contenute nell’articolo di Repubblica: per esempio alludendo all’esistenza di un’azione coordinata – alcuni giornalisti, alcuni gruppi di tifosi, alcuni imprenditori romani – per costringerlo a vendere la società. «Conosco la storia di quasi tremila anni di Roma e so come funziona. […] Abbiamo un gruppo che lavora con straordinaria dedizione e che soffre quando le cose vanno male o quando legge che tutto sarebbe in disordine», ha detto Pallotta. «È vergognoso che ci sia gente fuori che cerca di manipolare i tifosi contro la Roma e contro di me. Sfortunatamente per loro non andrò da nessuna parte».

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