Federico Monga è il nuovo direttore del “Mattino”, ha preso il posto di Alessandro Barbano

Alessandro Barbano (Damiano Guberti/LaPresse)
Alessandro Barbano (Damiano Guberti/LaPresse)

Il Gruppo Caltagirone – l’editore che pubblica, tra gli altri, Il Mattino di Napoli – ha comunicato ieri che da oggi Federico Monga sarà il nuovo direttore del giornale. Monga ha preso il posto di Alessandro Barbano. La sostituzione non è stata motivata in nessun modo dal Gruppo Caltagirone, che si è limitata a ringraziare Barbano “per il lavoro svolto con forte impegno e professionalità”. Monga ha 46 anni, è di Torino ed era vicedirettore del Mattino dal 2010, dopo aver lavorato alla Stampa, occupandosi in particolare di economia e dell’inserto Tuttosoldi.

Repubblica ha scritto che «secondo indiscrezioni Barbano si è opposto a un ulteriore ridimensionamento del personale e a tagli nel giornale» e ha aggiunto: «Ma soprattutto – ed è il motivo vero – è stata respinta da Barbano la richiesta dell’editore di un atteggiamento politicamente più “morbido” nei confronti di Lega e Movimento 5 Stelle.». L’ultimo editoriale scritto da Barbano da direttore del Mattino si intitola “Il coraggio dei moderati“:

Cari lettori, quello che mi accingo a scrivere è il mio ultimo articolo da direttore del Mattino. Il mio rapporto con questo giornale, che ho molto amato, e sempre molto amerò, si interrompe per decisione dell’Editore. A cui va in ogni caso il mio ringraziamento sincero per la fiducia accordatami per quasi sei anni.

Durante questo periodo la crisi del Paese è andata sempre più coincidendo con la crisi del suo racconto. E cioè con l’imporsi di una retorica che ha svuotato di senso le parole su cui si fonda il patto civile tra rappresentati e rappresentanti, tra cittadini e istituzioni. Con l’effetto di indebolire la delega del sapere e del potere, annullare la valenza simbolica dell’autorità, azzerare le forme della democrazia, instaurando nel discorso pubblico un analfabetismo che ci fa vedere l’Italia peggiore di quanto sia nella realtà. Così sfuma ogni differenza tra le élite e la casta, tra il compromesso e l’inciucio, tra le prerogative quirinalizie e i veti eterodiretti.

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