La strana storia di come le incubatrici diventarono popolari negli Stati Uniti

Grazie a un medico che forse non era un medico e alla sua esibizione di bambini prematuri in un luna park di Coney Island

Una delle esibizioni di Couney, allestita nel 1909 a Seattle. (Wikipedia)
Una delle esibizioni di Couney, allestita nel 1909 a Seattle. (Wikipedia)

Nell’Ottocento i bambini nati prematuri – quelli particolarmente piccoli, malati o che sembravano privi di energia – erano definiti “deboli”: molti medici credevano che fossero feti espulsi naturalmente perché non in grado di sopravvivere. All’epoca negli ospedali statunitensi, ma anche altrove, non c’erano reparti neonatali per occuparsi di loro. Literary Hub ha raccontato la storia poco nota di come l’incubatrice diventò popolare negli Stati Uniti, soprattutto grazie a un medico che forse non era un medico: è ambientata principalmente a Coney Island, il quartiere di Brooklyn famoso per i suoi luna park.

La prima incubatrice della storia fu costruita da un ostetrico francese, Stéphan Tarnier, sul modello di un incubatore di polli che aveva visto in uno zoo. Il suo progetto non era molto diverso dai metodi casalinghi già utilizzati dalle madri, come infilare bottiglie piene di acqua calda sotto le coperte attorno al neonato. Il fatto stesso che qualcuno cominciasse a occuparsi della mortalità dei neonati, però, fu un grande cambiamento culturale. La cura neonatale fino ad allora semplicemente non esisteva: tenere un neonato vivo, indipendentemente dalla sua salute, era responsabilità della madre.

Le prime incubatrici professionali furono introdotte in un reparto maternità di Parigi nel 1880, ma furono necessari più di 50 anni prima che diventassero uno strumento accettato e diffuso. La cosa sorprendente, però, è che la comunità medica cambiò idea sulle incubatrici grazie a particolari e controverse esposizioni di bambini dentro alle incubatrici, allestite alle fiere e ad altri eventi alla fine dell’Ottocento.

L’incubatrice di Stéphan Tarnier, 1883 circa

Il protagonista della storia, il “medico delle incubatrici”, si chiamava Martin Couney. Ci sono poche notizie su di lui, ma probabilmente nacque in Germania intorno al 1870. Non è chiaro nemmeno con chi avesse studiato (probabilmente con un allievo di Tarnier) né se fosse un vero medico: non ci sono prove a sostegno di quanto lui stesso dichiarasse in giro e di quanto si legge nel suo necrologio del New York Times.

Couney partecipò all’Esposizione Universale di Berlino nel 1896 con un nuovo modello di incubatrice, ed ebbe l’idea di mostrare anche i bambini al loro interno, per dare alla sua dimostrazione un tocco più drammatico e offrire una versione più realistica del funzionamento della macchina. Quel tipo di mostra, chiamata “Kinderbrutanstalt” (“vivaio di bambini”), divenne subito molto popolare.

Anche se era stata pensata per essere una dimostrazione scientifica, ben presto si trasformò in una grande attrazione con un notevole successo economico. Couney fu invitato a esporre il suo “vivaio di bambini” in altre fiere, mostre e parchi divertimento in tutto il mondo, con infermiere, ostetriche e medici al seguito. Subito dopo Berlino andò a Londra, dove la sua idea fu elogiata in un articolo della rivista scientifica The Lancet.

Alla fine la mostra trovò una sede permanente al Coney Island Sideshow, uno spettacolo fisso che esiste ancora oggi. Fu attiva dal 1903 al 1943, e impiegò incubatrici di ultima generazione importate dalla Francia, dove le cure neonatali erano molto più avanzate di quelle americane. Le incubatrici erano fatte di vetro e acciaio: funzionavano grazie a un boiler che scaldava l’acqua che scorreva in una rete di tubi posizionata sotto il giaciglio del bambino. C’era poi un altro tubo che portava l’aria dall’esterno all’interno dell’incubatrice, filtrandola dalle impurità grazie a due filtri di lana, uno bagnato e uno asciutto. Un ultimo tubo, attrezzato con una piccola ventola, soffiava all’esterno l’aria viziata.

Couney adottò strategie per manipolare al meglio le emozioni del pubblico. Per lui contavano tanto la celebrazione della tecnologia innovativa delle incubatrici quanto le emozioni suscitate dai bambini che ci si trovavano dentro, talmente piccoli che erano vestiti con indumenti da bambola, molto larghi in modo che sembrassero ancora più piccoli. All’esterno della mostra c’era un grande cartello con scritto “All the World Loves Babies”. Ma se storicamente molte persone furono sfruttate nelle esposizioni popolari e nei circhi, la mostra di Couney sostanzialmente permise la sopravvivenza dei bambini esposti, che in molti casi se non fossero stati accuditi nelle incubatrici sarebbero morti.

Lucille Horn, una donna morta nel 2017 a 96 anni e che nel 1920, nata prematura, fu curata in un’incubatrice della mostra di Couney. (AP Photo/Frank Eltman)

I bambini arrivavano generalmente da famiglie povere: Couney finanziò la sua ricerca con gli incassi dei biglietti della mostra (che costavano 25 centesimi di dollaro l’uno), cosa che gli permise di tenere in vita i bambini senza alcun costo per i loro genitori. Nel 1903 il mantenimento di ciascun ospite del vivaio costava circa 15 dollari al giorno (cioè circa 405 dollari di oggi). Le degenze ospedaliere erano proibitive per molte famiglie, per le quali lo spettacolo di Couney era l’unica possibilità di curare il proprio bambino prematuro.

La carriera medica di Couney fu comunque molto controversa e criticata. Fu accusato di essere un impostore e un ciarlatano, e la Society for the Prevention of Cruelty to Children di New York (un’organizzazione per la protezione dei minori) sostenne che sfruttasse i bambini e li mettesse in pericolo. Aveva alcune idee all’avanguardia, per esempio sull’importanza del latte materno, ma aveva anche convinzioni più discutibili: per esempio incoraggiava le infermiere a maneggiare e accudire di frequente i bambini per trasmettere affetto, andando contro le normali accortezze per ridurre il rischio di infezioni.

Ad ogni modo, secondo Couney 6.500 degli 8.000 bambini che passarono per la sua mostra riuscirono a sopravvivere. Ovviamente non si può sapere quanti sarebbero sopravvissuti comunque, né si possono verificare i dati con certezza, ma i pediatri oggi riconoscono che il gruppo di medici e di infermieri che Couney aveva messo insieme era altamente qualificato, e che i bambini ricevettero le migliori cure disponibili in America in quel momento. Couney fu per molto tempo considerato dai genitori di bambini prematuri come una specie di salvatore, che offriva aiuto ai bambini trascurati da quella che al tempo era considerata la medicina tradizionale.

Nel corso del tempo, il successo della struttura di Couney iniziò ad attirare l’attenzione dei pediatri più famosi degli Stati Uniti: alcuni cominciarono a portare di persona bambini prematuri perché venissero messi nelle incubatrici della mostra. Altri la visitarono di persona per studiarne il funzionamento e per conoscere Couney. Uno di loro fu Julius Hess, considerato il padre della neonatologia americana, che si interessò alle ricerche di Couney stringendo con lui una lunga amicizia, e avviando una collaborazione professionale. L’illustre professore di Yale, pediatra e psicologo dello sviluppo infantile Arnold Gesell visitò più volte le mostre di Couney a New York, nel 1939, portando anche con sé un cameraman per filmare i bambini.

Nello stesso anno fu istituita la prima struttura ospedaliera per bambini prematuri a New York, quasi 40 anni dopo l’arrivo dell’esposizione di Couney a New York. Morì il 2 marzo del 1950, pochi anni dopo che le prime incubatrici, anche grazie all’interesse suscitato nella comunità medica dalle sue esposizioni, avevano fatto la loro comparsa negli ospedali di tutto il mondo.