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  • Martedì 10 aprile 2018

Perché si scrive letteratura

Walter Siti darà la sua risposta in una lezione aperta alla Scuola Belleville di Milano, mercoledì 18 aprile

Walter Siti (LaPresse)
Walter Siti (LaPresse)

Mercoledì 18 aprile alle 19:30 Walter Siti, vincitore del premio Strega nel 2013 con il romanzo Resistere non serve a niente, inaugurerà le selezioni della Scuola annuale di Scrittura di Belleville di cui è docente con una lezione aperta intitolata “Perché si scrive letteratura”. Nella lezione, Siti mostra quanto la trasformazione sociale e tecnologica abbia ridefinito le funzioni tradizionali della narrativa, fino a mettere in crisi il suo ruolo. Oggi la letteratura deve confrontarsi con la rapidità dettata dal digitale e dalla diffusione dei social, e con una lettura spesso scostante e frammentaria. La letteratura può e deve rispondere a questa richiesta: non adeguandosi, ma portando se stessa all’interno dei nuovi modi di fruizione delle storie.

 

Se si impedisce a un prigioniero di dormire, a lungo, se ne provoca la morte; e non per mancanza di sonno ma per mancanza di sogni. I sogni tengono pulito l’inconscio e assicurano l’efficienza dell’intera macchina neurobiologica; la letteratura è il grande sogno dell’umanità e per questo se ne scriverà sempre. Nei vari momenti e luoghi della cultura, però, varia la considerazione che si ha per la letteratura e cambia il suo ruolo sociale, come cambiano i modi e i supporti della sua trasmissione. Oggi si ha l’impressione che alla letteratura sia affidato soprattutto un compito di intrattenimento e di comunicazione, tant’è vero che sui media non viene distinta dallo spettacolo, né dal giornalismo. La letteratura ‘solo scritta’ sembra non bastare più: si tende a integrarla con la musica e con le immagini, che sia cinema o serie tivù o canzone o opera rock o graphic novel o performance. Gli scrittori, sempre di più, si trasformano in personaggi glamour o almeno pittoreschi, o influencer, maîtres-à- penser, gente da intervistare o con cui fare selfie. Si sta diffondendo l’idea che di una poesia basta leggere anche un solo verso, e di un romanzo un unico brano, per coglierne il ‘messaggio’ e trasmetterlo al maggior numero possibile di fruitori. L’efficacia e la facile comunicabilità sono le qualità maggiormente apprezzate in un testo letterario, contro il rischio dell’élitarismo, dell’estetismo e delle torri d’avorio; per non parlare del ‘mercato’, ormai giudice del
bello come del vero.

Di fronte a questa situazione mainstream, forse vale la pena di ricordare che cosa sia stata la letteratura dei classici e quali ambizioni la letteratura possa ancora nutrire. La letteratura è stata, ed è, una forma insostituibile di conoscenza: una conoscenza diversa e complementare rispetto a quella scientifica, una conoscenza emotiva e fondata sulla contraddizione. Grazie agli ‘spessori verbali’ di cui è composta, la letteratura fa affiorare alla mente e alla psiche le lacune che giacciono nell’inconscio personale e collettivo, arrivando a dire molto di più di quel che l’autore intendeva dire in modo cosciente. La letteratura ‘solo scritta’ è costretta a scavare nel corpo delle parole e della lingua, nel DNA del nostro italiano, per scoprirne la forza e la retorica, il carattere e le infamie – essendo nemica di qualunque stereotipo formale o pigrizia conformista, non sempre compiacerà il lettore, tra i sogni esistono a buon diritto anche gli incubi. Un testo letterario pretende d’esser preso sul serio, considerato nella sua interezza e nella sua complessità (e, perché no? nella sua difficoltà): allora regala mondi alternativi che questionano il nostro, personaggi con cui identificarci che ci mettono in crisi. Invece di spicciolare la letteratura a livello dei social, sarebbe meglio portare i frequentatori dei social al livello della letteratura.

Walter Siti