“La linea verticale”, giusto per non stare sempre su Netflix

Una nuova serie Rai con Valerio Mastandrea si può guardare tutta online per intero e sta piacendo molto

Immagine tratta da un episodio di "La linea verticale" (Rai)
Immagine tratta da un episodio di "La linea verticale" (Rai)

La linea verticale è una serie tv che sarà in onda da sabato 13 febbraio su Rai Tre – in prima serata, dopo il programma di Massimo Gramellini – ma che si può già vedere per intero e gratis su RaiPlay, il servizio della Rai che permette di guardare le sue trasmissioni in diretta streaming, anche senza tv. Questa è la prima cosa che la rende diversa da quasi ogni altra serie Rai: era successo già con Non uccidere, ma è comunque una cosa insolita.

Ma la principale cosa che rende La linea verticale una serie diversa da quelle della Rai a cui siamo abituati sta in quello che è la serie. La linea verticale è ambientata in un ospedale e il suo protagonista è un uomo (Valerio Mastandrea) che nei primi minuti della prima puntata scopre di avere un tumore ai reni e deve farsi operare appena possibile. La serie parla quindi della scoperta del tumore, dell’arrivo in ospedale, della vita nel reparto di quell’ospedale e dei giorni prima e dopo l’operazione. Detta così sembra una cosa tristissima e pesantissima, invece la serie è quello che si definisce un dramedy, un misto tra dramma e commedia. Ci sono cose che mettono tristezza e tante altre che fanno ridere.

La linea verticale è fatta da otto episodi di poco meno di mezzora ciascuno – vuol dire che si finisce in quattro ore – ed è tratta da un omonimo libro di poco più di cento pagine scritto da Mattia Torre. È uno di quei nomi che forse non vi dice niente, ma Torre è stato autore e regista di un bello spettacolo teatrale, anche quello interpretato da Mastandrea, ed è stato sceneggiatore della serie Boris e, per il film e le stagioni dalla seconda in poi, co-regista. Ha anche scritto con Corrado Guzzanti la serie tv Dov’è Mario? e ha co-diretto Ogni maledetto Natale.

Si gioca come si vive

Torre ha scritto la storia di La linea verticale  – il titolo è motivato in vari modi, ben spiegati in diverse puntate della serie – dopo un’esperienza personale. Mastandrea ha infatti detto: «Questa storia la conosco, sono amico di Mattia, l’ho seguito nel percorso, ero condizionato dal fatto che quello che stavo recitando l’ho vissuto. Mi considera un attore molto faticoso. Io sono più malinconico, lui è più beffardo».

“Questa storia”, più nel dettaglio

Senza dire troppo, Mastandrea interpreta Luigi. Ha circa 40 anni, una figlia e una moglie incinta (Greta Scarano, che potreste aver visto nel secondo e nel terzo Smetto quando voglio). Per il resto, quasi ogni altro protagonista è qualcuno che lavora nell’ospedale in cui finisce Luigi o qualcuno che è un paziente di quell’ospedale.

Tra i vari attori della serie vi capiterà di vederne almeno due o tre che c’erano anche in Boris: per esempio Paolo Calabresi, Antonio Catania e Ninni Bruschetta. Tra i personaggi ci sono: un prete che non ha nessuna voglia di confessare e confortare i malati, un medico che non ha nessuna voglia di ascoltare le loro lamentele, il proprietario di un’osteria che è un paziente ma vorrebbe fare il medico, un paziente che due anni dopo la prima operazione torna in reparto perché recidivo e si ricorda tutto di tutti ma nessuno si ricorda di lui. Luigi è chiaramente il protagonista, quello a cui succedono più cose e quello con cui si identifica chi guarda, ma gli altri personaggi sono quasi una ventina e praticamente ognuno ha una stramberia.

Succedono tante cose ma c’è chiaramente una trama principale che va avanti, che incuriosisce e invita a fare binge watching, per usare una parola che solitamente non verrebbe da associare a una serie tv della Rai.

Com’è fatta La linea verticale

La storia è relativamente semplice, seppur difficile nei temi. Ma oltre alle cose che servono a far andare avanti la storia, ci sono momenti in cui Luigi racconta, in modo molto freddo e distaccato, le cose che vede e vive. Com’è fatto un ospedale; come funzionano le relazioni tra primari, medici, infermieri e assistenti sanitari; come gira i piedi un dottore prima di uscire dalla stanza dove passa a visitare i pazienti. In più, ogni tanto ci sono momenti surreali, in cui non si capisce se il protagonista sta sognando oppure no, o in cui succedono cose volutamente esagerate, giusto per rendere più chiaro qualche concetto.

Parlando di cosa gli piace della sua serie, Torre ha detto:

La libertà narrativa è consistita invece nel superamento della tradizionale struttura della serie da 25 minuti (una trama e due sottotrame). Il tentativo è stato qui di procedere senza rete, raccontando vicende molto realistiche da un punto di vista clinico, ma facendolo in modo libero e a tratti spregiudicato, talvolta surreale. In questo senso, se il protagonista è un pesce fuor d’acqua in un mondo complesso e per lui completamente nuovo, la sua voce off ci accompagna nella storia attraverso digressioni sociologiche, racconti di vicende umane, liturgie dell’ospedale, e incredibili paradossi della scienza medica.