Macy Gray ha cinquant’anni

Il suo successo non è durato tantissimo, ma un po' di cose buone le ha fatte: per esempio queste otto canzoni

Macy Gray (Andrew Hone/Getty Images for F1 Rocks in Sao Paulo)
Macy Gray (Andrew Hone/Getty Images for F1 Rocks in Sao Paulo)

Macy Gray, cantautrice americana che ebbe un periodo di grande popolarità all’inizio del millennio, compie oggi 50 anni: è nata a Canton, Ohio, il 6 settembre 1967. I suoi successi sono stati soprattutto nella musica pop, ma grazie a un approccio tra il jazz e il rhythm and blues contemporaneo, e una voce molto particolare e nera. Quel suo successo non è durato tantissimo: dopo il 2007 – e un po’ di guai con gli abusi di droghe – non è stata capace di inventare qualcosa di diverso e non ripetitivo, e ha fatto ancora dischi (compreso un paio di raccolte di cover) ma con attenzioni molto minori. Ma un po’ di cose solidamente buone le aveva fatte, e queste sono quelle che aveva scelto Luca Sofri, peraltro direttore del Post, nel suo libro Playlist, la musica è cambiata.

Macy Gray
(1970, Canton, Ohio)
Di una pattuglia di ragazze nere dedite a cavallo del millennio alla attualizzazione del rhythm and blues lei è quella che ha sfondato (anche se non è durata granché ed è finita a fare dischi di cover). Grazie soprattutto alla voce da Woody Woodpecker che era stata uno dei suoi complessi (assieme alla magrezza, alle sbandate depressive e a certe intemperanze di carattere).

Why didn’t you call me

(On how life is, 1999)
‘Sto cafone. Sono usciti insieme, è successo quel che doveva succedere, è stato fantastico, sembrava tutto andasse benissimo, lei si era fatta parecchi film: e questo disgraziato non la richiama.

I try

(On how life is, 1999)
Il botto dei botti. La sua canzone perfetta, e del tutto autobiografica, a quanto si racconta della sua goffaggine e maldestrezza. “Volevo salutare e mi è andato qualcosa di traverso, allora ho cercato di andarmene e sono inciampata”. Cerca di essere cool, di non farlo notare, ma si vede lontano un miglio che è nel pallone totale, quando c’è lui. E anche quando non c’è lui. Il momento migliore è quando si prende la libertà di ripetere “but I’m dreamin’ of you, babe”. Non conviene ascoltarla dopo il giovedì: che poi la domenica a messa state ancora canticchiando.

Do something

(On how life is, 1999)
“Get up, get out and do somethin’”. Il colpo vincente è il coro, lei fa il resto, disciplinatamente. A dispetto dell’imperativo, lei spiegò che parlava di sé, di quel che le era capitato e del suo stimolo a combinare qualcosa nella vita, ma non voleva dare lezioni a chicchessia. Peccato, ce ne sarebbe bisogno.

Sexual revolution

(The Id, 2001)
Disse lei, in un’intervista: «la vita è breve, e con tutto quello che succede, la cosa migliore è fare del sesso spensieratamente». Concetto piuttosto netto e chiaro, anche se non sempre condiviso, come dice la canzone: “la mamma ti ha detto di comportarti bene, e tenerti per te i grilli, ma la mamma ti ha sempre detto un sacco di balle: lei sa bene come me e te che devi liberarti dai tabù e dividere i tuoi grilli con noialtri, perché è una gran bella cosa”. La strofa blues è la parte migliore, poi nel ritornello diventa più banale. “Sono così favolosamente bella, soprattutto quando mi spoglio”.

Boo

(The Id, 2001)
Questa volta il problema con lui non è tanto che non telefoni, quanto che ci siano parecchie altre – “troie” – che telefonano a lui.

Sweet baby
(The Id, 2001)
Poi qualche storia funziona bene pure a lei, anche se qualcuno le suggerisce che dovrebbe mollarlo, perché qualche casino ce l’ha pure con questo. Ma i grandi amori abitano sullo stesso pianerottolo dei piccoli casini, “there’s one thing I am sure of…”.

She ain’t right for you

(The trouble with being myself, 2003)
Un tentativo di rifare la ballata col ritmo di “I try”, più convenzionale, e questa volta alle prese con una gelosia e il vecchio autoconsolatorio lei-non-è-quella-giusta-per-te.

Finally made my happy
(Big, 2007)
Anche qui l’andamento è quello, con la collaborazione di Natalie Cole: e se almeno stavolta è contenta che lui l’abbia fatto felice – dopo quella fase di incespicamenti e delusioni – è solo perché lui se n’è andato, finalmente, “e ora provo solo gioia”.