Com’era la vita intorno al delta del Po

I paesaggi, le abitudini e i mestieri dei suoi abitanti, fotografati negli anni Cinquanta dall’italiano Pietro Donzelli

donzelli po © Renate Siebenhaar, Estate Pietro Donzelli, Frankfurt a. M.

Il fotografo italiano Pietro Donzelli ha dedicato gran parte del suo lavoro al rapporto dell’uomo con l’ambiente in cui vive, lavorando a Milano, a Napoli, in Calabria, Sicilia, Sardegna e Toscana, e soprattutto intorno al delta del Po, nelle terra del Polesine (che coincide con la provincia di Rovigo): dal 1953 al 1960 ha fotografato i suoi abitanti e i suoi paesaggi nel lavoro documentaristico Terra senz’ombra, che fino al 2 luglio sarà in mostra al Palazzo Roverella di Rovigo, con più di cento fotografie.

Le immagini mostrano gli abitanti della zona, le loro abitudini in relazione al territorio in cui vivevano e ai paesaggi che li circondavano, come racconta lo stesso Donzelli in un dattiloscritto del settembre 1956, pubblicato nel catalogo che accompagna la mostra:

«L’abitante del Delta si sposta quasi esclusivamente in bicicletta. Causa la scarsità di ponti e viadotti chi deve attraversare i fiumi si serve del traghetto (gli addetti al servizio percepiscono un salario di 5.000 lire al mese). La barca è a volte l’unico mezzo che unisce case e frazioni isolate alle sedi comunali, per andare a messa o a scuola o dal medico. Sulla barca si può nascere o compiere l’ultimo viaggio terreno.
Nonostante le precarie condizioni di vita l’abitante del Delta è di indole festaiola. Numerose le sale da ballo improvvisate nelle corti ed i cinematografi (una cinquantina con diecimila posti). Per reagire alla solitudine non perde occasioni per riunirsi o cantare in coro. Cantano le donne che lavorano nelle fornaci o quando spalano il frumento sull’aia e la sera, sedute sull’argine o sul limitare di casa, incontrano con la fantasia i loro personaggi preferiti raccontati dai rotocalchi “Sogno”, “Gente” e “Grand Hotel”.

Piero Donzelli è nato a Monte Carlo nel 1915 ed è morto a Milano nel 1998. Con le sue foto ha testimoniato l’Italia dal Dopoguerra agli anni Sessanta, il passaggio dalla società rurale e preindustriale alla società dei consumi. Oltre al lavoro di fotografo è stato ricercatore, collaboratore di riviste specializzate e curatore di mostre, e con le sue attività, tra le altre cose, ha contributo a far conoscere in Italia i lavori di Dorothea Lange, Alfred Stieglitz e dei fotografi della Farm Security Administration.