Perché sbadigliamo?

È la domanda delle domande e nessuno ha ancora trovato una risposta, ma una nuova ricerca suggerisce che c'entrino le dimensioni del cervello

(FINDLAY KEMBER/AFP/Getty Images)
(FINDLAY KEMBER/AFP/Getty Images)

Andrew Gallup è forse il più grande esperto di sbadigli al mondo; di sicuro è tra le persone che li ha studiati di più, dedicando anni di ricerche a un riflesso che accomuna migliaia di specie animali diverse tra loro, esseri umani compresi. Gallup si occupa di neuroscienza evolutiva, un campo di ricerca che mette insieme molte discipline e che ha lo scopo di studiare l’evoluzione dei sistemi nervosi, e lavora alle sue ricerche presso la State University of New York a Oneonta, negli Stati Uniti. Con i suoi collaboratori, di recente ha guardato e catalogato centinaia di video su YouTube di animali che sbadigliano, arrivando a un’interessante conclusione: c’è una relazione tra le dimensioni del cervello e la durata dello sbadiglio. E non è un’osservazione da poco, perché potrebbe aiutarci finalmente a capire perché gli animali sbadigliano e a che cosa serve farlo.

I risultati della ricerca di Gallup e colleghi sono stati pubblicati da poco sulla rivista Biology Letters e hanno riaperto il dibattito, non solo accademico, su uno dei riflessi più misteriosi di tutti. Lo studio dice che la durata media degli sbadigli in 109 esemplari, appartenenti a 19 specie diverse, può aiutare a prevedere il peso del cervello e il numero di neuroni corticali nelle singole specie. I neuroni corticali fanno parte della corteccia cerebrale, lo strato più esterno del cervello responsabile delle funzioni mentali complesse, come il pensiero, la concentrazione e la memoria.

Capire quando un animale sta sbadigliando non è molto complicato, i movimenti sono sostanzialmente uguali tra le specie: si spalanca la bocca, si tendono i muscoli del collo, la testa va lievemente indietro e si chiudono gli occhi mentre si inala una grande boccata d’aria. Per effettuare la ricerca sono stati esaminati gli sbadigli degli esseri umani e quelli di altri animali molto diversi tra loro, dai topi agli elefanti passando per i trichechi.

L’importanza di questa ricerca può essere compresa meglio prendendo in considerazione gli studi precedenti di Gallup. Nel 2007 il ricercatore ha proposto una teoria secondo cui gli sbadigli avrebbero una funzione termoregolatrice: in pratica, la boccata d’aria inalata con lo sbadiglio contribuisce a raffreddare il cervello. La tensione muscolare della mandibola e l’inalazione di aria permettono un rapido ricambio del sangue più caldo intorno al cervello, scaldato dalla sua attività, con quello più fresco proveniente dal cuore.

Altre ricerche hanno ipotizzato qualcosa di simile, cui di recente si è aggiunto uno studio secondo cui lo sbadiglio serve per risvegliare il cervello da uno stato di parziale inattività, nel quale entra per consumare meno energie, e rinnovare l’attenzione attraverso un aumento della circolazione del liquido cerebrospinale (per non restare schiacciato sulle ossa dal suo stesso peso, il nostro sistema nervoso centrale galleggia in questo liquido).

Gallup è partito da questi presupposti per la sua ricerca: se gli sbadigli più lunghi portano a maggiori effetti, allora la loro durata può essere messa in relazione con le dimensioni e la complessità del cervello che ne beneficerà. Con il suo gruppo di ricerca, Gallup ha identificato in YouTube la risorsa ideale per osservare centinaia di sbadigli di diversi animali, senza spendere un capitale per farlo. Ha notato che la durata media di ogni sbadiglio variava sensibilmente tra le specie: 0,8 secondi per un topo, contro i 6,5 secondi degli esseri umani, i 2,4 dei cani e i 2 secondi dei gatti. I ricercatori hanno naturalmente tenuto in considerazione il fatto che animali con mascelle molto grandi possono impiegare più tempo per aprirle, ma in animali come leoni, elefanti, cavalli e cammelli gli sbadigli medi sono comunque più brevi di quelli degli esseri umani. Tra i mammiferi che si avvicinano di più a noi per durata degli sbadigli ci sono gli elefanti africani, che hanno un cervello pesante quanto quello umano e un numero simile di neuroni corticali.

Nonostante le ricerche di Gallup, a oggi nessuno è ancora riuscito a spiegare perché gli animali sbadigliano. Le stesse teorie del ricercatore statunitense sono state contestate da altri, che sostengono che per quanto si sbadigli a lungo e spalancando il più possibile la bocca non si registrano effetti apprezzabili nel presunto raffreddamento del cervello. Gallup tempo fa aveva accolto le critiche, sostenendo comunque che sbadigliare ha una funzione termoregolatrice nell’organismo, a prescindere dalla sua teoria sul raffreddamento del cervello. La nuova ricerca non spiega inoltre se ci sia una durata sostanzialmente comune nello sbadiglio tra esemplari della stessa specie, o se ogni individuo sbadigli in tempi propri a seconda delle dimensioni del suo cervello. Per scoprirlo serviranno nuove osservazioni.

Da decenni i ricercatori cercano di capire quale siano cause e funzioni degli sbadigli, ma finora nessuno ha trovato una risposta convincente. Tra i filoni di ricerca più interessanti ci sono quelli secondo cui gli sbadigli assolvono a particolari funzioni sociali. Un’ipotesi è che siano un istinto tipico dell’effetto gregge, quello in cui più individui appartenenti allo stesso gruppo assumono comportamenti simili, in questo caso per sincronizzare il loro umore o segnalare la stanchezza di alcuni, per organizzare meglio i cicli di sonno e veglia (e di guardia).

Altri ricercatori hanno provato a capire perché il riflesso dello sbadiglio è contagioso: se vedi qualcuno sbadigliare è molto probabile che farai lo stesso, e a volte basterà il pensiero di una persona che sbadiglia per fare altrettanto (forse vi è successo proprio in questo momento). I principali indiziati per questo fenomeno sono i neuroni specchio, che si trovano nella corteccia parietale e che sono coinvolti nei processi di imitazione, soprattutto durante l’apprendimento (per esempio quando si acquisisce la capacità di parlare da piccoli). È una sorta di reazione empatica e di condivisione della stessa necessità, su cui si sono concentrate molte ricerche arrivando a conclusioni più o meno simili. Una ricerca del 2011 ha evidenziato che lo sbadiglio empatico è più frequente se vediamo sbadigliare un parente stretto cui vogliamo bene, mentre la frequenza diminuisce via via che si ha meno familiarità con chi si è messo a sbadigliare.

Come abbiamo visto, nel regno animale lo sbadiglio è piuttosto diffuso, ma a seconda delle specie può assumere funzioni diverse. I pinguini di Adelia usano gli sbadigli durante il loro rituale di accoppiamento: il maschio apre il becco più che può e lo alza verso il cielo per fare colpo su quella che potrebbe diventare la sua compagna. Molti pesci sbadigliano, secondo i ricercatori quando hanno bisogno di accumulare più ossigeno. I porcellini d’india usano gli sbadigli per mostrare rabbia e al tempo stesso intimorire gli avversari, mostrando i loro incisivi.