“Alien: Isolation”, gran videogioco

È un horror a cui si gioca da soli, tratto dalla famosa saga di film di fantascienza, e secondo la rivista online "Ultimo Uomo" è stato il miglior gioco del 2014

This image released by Sega shows a scene from the video game "Alien: Isolation." (AP Photo/Sega)
This image released by Sega shows a scene from the video game "Alien: Isolation." (AP Photo/Sega)

Costanzo Colombo Reiser ha raccontato sulla rivista online Ultimo Uomo quello che ha definito il «miglior gioco del 2014»: Alien: Isolation, un survival horror a giocatore singolo pubblicato dalla SEGA nell’ottobre 2014 e basato sulla famosa saga di film fantascientifici Alien. In Alien: Isolation, che è uscito per tutte le console principali e per computer, il giocatore impersona Amanda Ripley, la figlia della protagonista della saga cinematografica Ellen Ripley (interpretata dall’attrice Sigourney Weaver). Semplificando molto, lo scopo del gioco è compiere varie missioni sopravvivendo allo xenomorfo, l’alieno parassita del film. Molti degli “stimoli” del gioco, però, vengono creati in funzione dei comportamenti del giocatore, che quindi deve valutare attentamente come muoversi e quali azioni compiere per raggiungere i suoi obiettivi e non lasciare traccia di sé. Colombo Reiser ha detto che Alien: Isolation è «l’opera videoludica più importante da Minecraft a questa parte» e che in generale non l’ha ancora finito, dopo mesi, perché «giocarci mi angoscia».

Prima di cominciare, due presupposti. Primo: i tie-in sono, nella stragrande maggioranza dei casi, monnezza sviluppata in fretta e furia pur di grattare qualche soldino dal successo di un brand. Secondo: eccetto tre-quattro titoli, in oltre 30 anni anche il marchio legato ad Alien ha sofferto di prodotti a cavallo tra il mediocre e l’impresentabile (ultimo in ordine cronologico, l’ignobile Aliens Colonial Marines). Ciò detto, non starò a girarci attorno più che tanto: Alien: Isolation è senza dubbio il miglior gioco dedicato allo xenomorfo che sia mai stato mai prodotto, nonché l’opera videoludica più importante da Minecraft a questa parte. Paradossalmente, malgrado queste lodi, il titolo sviluppato da Creative Assembly non mi diverte, in senso stretto, e, anzi, giocarci mi angoscia al punto che – dopo mesi – ancora lo devo finire. Ma è anche per questi motivi che per me si merita il titolo di miglior gioco del 2014.

Isolation è un survival horror in cui si svolgono due storie parallele: quella di Amanda Ripley, figlia della Ellen dei film, e quella del giocatore che ne prende il comando. La prima, scritta dagli sceneggiatori, vede Amanda esplorare una stazione spaziale cercando di sfuggire ai suoi abitanti, umani e non, al fine di recuperare la scatola nera della USCSS Nostromo, scomparsa 15 anni prima assieme alla madre. La seconda, invece, è scritta – diciamo così – dall’Alien stesso, e da come il giocatore deciderà di reagire all’imprevedibile minaccia che costituisce. Logica vorrebbe che le due storie combaciassero, eppure non è così.

Nel caso della trama propriamente detta, intuiamo fin dal principio che Amanda sopravviverà all’attuale avventura sulla stazione Sevastopol (del resto ce lo conferma il director’s cut di Aliens) e, di conseguenza, il fattore horror per eccellenza? – la morte – viene meno prima ancora di aver installato il titolo. Tuttavia questa lacuna, in teoria essenziale per un survival horror, viene colmata non appena si avvia il gioco. È presto lampante che l’intera struttura narrativa, dall’ambientazione al lore, passando per i personaggi, non è altro che un pretesto o, più precisamente, un set base di «utensili psicologici» con i quali sarà l’utente a scrivere la seconda storia: la sua.

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foto: AP Photo/Sega