Nella notte tra il 29 e il 30 dicembre le agenzie internazionali hanno diffuso la notizia che una parte dell’esercito del Gambia, una nazione dell’Africa occidentale, aveva tentato un colpo di stato attaccando il palazzo presidenziale a Banjul, la capitale del paese, e bloccando anche l’accesso al centro della città. I ribelli avrebbero approfittato dell’assenza del presidente Yahya Jammeh, in carica da vent’anni, che si trovava in viaggio per motivi personali.
Dopo l’attacco al palazzo, il presidente gambiano Yahya Jammeh è rientrato nel paese. Non ci sono molte notizie riguardo gli autori del tentato colpo di stato: due di loro (quattro secondo altre fonti) sarebbero stati uccisi, altri sarebbero rimasti gravemente feriti e altri devono ancora essere identificati. Secondo il presidente, i responsabili dell’attacco armato sono soldati fedeli a Lamin Sanneh, un ex comandante dell’esercito ed ex capo delle guardie presidenziali poi cacciato e rientrato dal vicino Senegal. Non è chiaro se Sanneh sia una delle persone che sono morte durante l’attacco.
Il presidente del Gambia, Yahya Jammeh, è un personaggio piuttosto particolare: ha preso il potere con un colpo di stato militare nel 1994 quando aveva 29 anni ed è stato eletto presidente nel 1996. Da quando è presidente ha sempre vinto tutte le elezioni successive ed è stato accusato dagli oppositori di repressione e di non permettere lo svolgimento di elezioni libere e democratiche. Sostiene di essere in grado di curare l’HIV e che le persone omosessuali siano avide e con l’ossessione di dominare il mondo (lo ha detto durante un’Assemblea Generale delle Nazioni Unite); nel 2011 ha detto alla BBC che avrebbe governato per «un miliardo di anni» e nell’ottobre del 2013 ha annunciato con un comunicato alla televisione di Stato l’uscita del paese dal Commonwealth, definendolo una istituzione neo-coloniale. Yahya Jammeh è già sopravvissuto a due tentativi di colpo di stato: nel 2006 e poi nel 2009.
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