L’elezione di Robert Francis Prevost trova grande spazio sui siti di mezzo mondo, non solo Europa e Stati Uniti

Le homepage dei principali giornali sul nuovo papa

Per il secondo anno di fila il premio più ambito è andato a ProPublica, per il racconto delle severe leggi contro l'aborto in vigore in alcuni stati americani


Chi ha vinto i premi Pulitzer 2025

Sono più o meno sempre gli stessi, sulla base di criteri in parte discutibili, e stavolta Libero ha avuto 2 milioni di euro in più dell'anno precedente

I giornali che ricevono i contributi pubblici (seconda rata del 2023)

«Rivoluzionario», «papa del popolo» e «amico dei poveri» sono alcune delle definizioni più presenti nei titoli di oggi 

I giornali internazionali sulla morte di papa Francesco

«Agitatore sociale e riformatore della Chiesa», titola El País; secondo il New York Times «difese gli esclusi e si scontrò con i tradizionalisti»

Le homepage internazionali sulla morte di papa Francesco

Dopo quindici anni sostituisce Luca Sofri

Francesco Costa è il nuovo direttore del Post

Narrazioni e schemi che andrebbero evitati ancora persistono, come l'abitudine a parlare di “raptus” 

Come non si raccontano i femminicidi

La giunta militare non lo permette dal colpo di stato del 2021, e non ha cambiato idea dopo il terremoto, ma qualcuno negli anni ha trovato il modo di aggirare il divieto

I giornalisti stranieri non possono entrare in Myanmar

I pochi canali televisivi che mostravano le grandi proteste nel paese non possono più farlo e sono stati multati, almeno dieci giornalisti sono stati fermati

La Turchia sta bloccando i media

A quattro ore dalla morte dei 32 animali, i ricercatori sono riusciti a riattivare alcune attività cellulari, un risultato senza precedenti con grandi implicazioni etiche

L’esperimento che ha riportato in vita i cervelli di alcuni maiali morti

Non più di tanto, scrive il New York Times: trasportano molti batteri, ma non più di quelli che si trovano su altri oggetti con cui entriamo in contatto ogni giorno

È importante togliersi le scarpe in casa?

All'inizio Jason Belmonte veniva preso in giro: poi ha cominciato a vincere tutto, e ha rilanciato uno sport in crisi

L’uomo che ha cambiato il bowling lanciando con due mani

<p>Venerdì 17 gennaio il <em>Washington Post</em> <a href="http://www.washingtonpost.com/opinions/from-gandhi-to-mlk-historys-giants-have-become-marketing-tools/2014/01/17/a7f23a24-77cd-11e3-af7f-13bf0e9965f6_story.html">ha pubblicato</a> un articolo dello scrittore e giornalista Justin Moyer che critica i doodle di Google, le immagini (a volte dei <a href="https://www.google.com/doodles/roswells-66th-anniversary">semplici giochi interattiv</a>i) con cui Google di tanto in tanto celebra personaggi storici, festività ed eventi storici. «È tempo», scrive Moyer, «che Google smetta di inserire importanti figure politiche e culturali nel suo logo».</p>
<p>Moyer ricorda che il 6 gennaio Google pubblicò un doodle per celebrare il 123° anniversario della nascita di Zora Neale Hurston, scrittrice afroamericana fra i protagonisti del cosiddetto &#8220;rinascimento di Harlem&#8221;, un movimento culturale di scrittori e artisti afroamericani iniziato nel 1920. Il doodle è stato apprezzato da diversi grandi giornali americani, come il<em> Los Angeles Times</em> e <em>Time</em>. Ma Google ha il diritto di celebrare grandi figure della cultura americana?, si domanda Moyer. Il punto non è solo che Google è il marchio di una società for profit, ma anche che Google decide in autonomia chi celebrare e in questo modo può stabilire una specie di gerarchia tra le figure storiche e politiche: chi merita di essere ricordato e chi no. Per esempio, scrive Moyer, Google celebra Hurston, una scrittrice conservatrice, ma invece non celebra Malcom X. Visto che Google è presente tutti i giorni nelle nostre vite, questa capacità di indirizzare la scelta di chi ricordare e chi no, secondo Moyer, è un potere addirittura &#8220;orwelliano&#8221;.</p>

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				<a href='https://www.ilpost.it/2014/01/19/contro-doodle-google/unnamed-2/'><img width="130" height="91" src="https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2014/01/unnamed-2-130x91.jpg" class="attachment-thumbnail size-thumbnail" alt="Ingmar Bergman" loading="lazy" /></a>
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				<a href='https://www.ilpost.it/2014/01/19/contro-doodle-google/picasso-2/'><img width="130" height="91" src="https://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2014/01/picasso-130x91.gif" class="attachment-thumbnail size-thumbnail" alt="Pablo Picasso" loading="lazy" /></a>
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<p>Secondo Moyer, inoltre, c&#8217;è anche un problema di &#8220;legittimità&#8221; nelle scelte di Google. Per spiegare il concetto fa un paragone con il servizio postale degli Stati Uniti, una società pubblica, che possiede tuttora un comitato con cui consulta i cittadini per decidere quali figure celebrare con i suoi francobolli. Google invece è una società privata, peraltro coinvolta in diverse cause per violazione della privacy in tutto il mondo: protesta contro la censura, scrive Moyer, ma continua a espandere la sua presenza in Cina; è accusata di privilegiare i suoi affari con la pubblicità nell&#8217;evoluzione dell&#8217;algoritmo del suo motore di ricerca.</p>
<p>I doodle di Google celebrano spesso personaggi importanti nella storia dei diritti civili e del progresso, come Martin Luther King o l&#8217;attivista kenyota e premio Nobel per la pace Wangari Maathai, ma secondo Moyer lo fa per associare subdolamente il suo marchio a quelle battaglie. Il discorso vale anche per importanti figure dell&#8217;arte e della cultura, come il regista Ingmar Bergman, Claude Monet (uno dei primi doodle mai realizzati) e Pablo Picasso. Anche i doodle di eventi storici e le ricorrenze, secondo Moyer, non vanno bene: per esempio, perché Google dovrebbe poter associare il suo marchio alla festa della donna? E perché celebrare l&#8217;anniversario del lancio in orbita del satellite Sputnik, un traguardo scientifico importante ma compiuto dall&#8217;Unione Sovietica, una dittatura violenta e oppressiva?</p>
<p>Insomma, secondo Moyer Google non ha diritto a celebrare grandi personaggi e associare loro il suo marchio. Esattamente come fanno altre società, quando usano Martin Luther King o Gandhi per le loro pubblicità, secondo Moyer Google trasforma artisti e statisti in venditori.</p>

Media

doodle

google

washington post

Doodle MLK

<p>Il doodle per il 161° anniversario della nascita di Claude Monet, 14 novembre 2001</p>


Claude Monet

<p>Il doodle per la festa della donna, 8 marzo 2013</p>


Festa della donna

<p>Il doodle per il 75° anniversario della nascita dell'attivista e premio Nobel per la pace kenyota Wangari Maathai (morta di tumore nel settembre 2011), primo aprile 2013</p>


Wangari Maathai

<p>Il doodle per il 140° anniversario dalla nascita di Mohandas Gandhi, 2 ottobre 2009</p>


gandhi09

<p>Il doodle per il Martin Luther King Day, 21 gennaio 2013</p>


<p>Il doodle per il 123 anniversario della nascita della scrittrice Zora Neale Hurston, 7 gennaio 2014</p>


Zora Neale Hurston

<p>Il doodle per il 50° anniversario del lancio in orbita del satellite sovietico Sputnik, 3 ottobre 2007</p>


Sputnik

<p>Il doodle per il 50° anniversario dal discorso di insediamento di John Fitzgerald Kennedy, 20 gennaio 2011</p>


<p>Il doodle per il 95° compleanno di Ingmar Bergman, 14 luglio 2013</p>


Ingmar Bergman

<p>Il doodle per il 134° anno dalla nascista del pittore Pablo Picasso, 25 ottobre 2005</p>


Pablo Picasso

Il Washington Post ha pubblicato un articolo molto duro in cui accusa Google di usare personaggi storici per fare affari

Contro i doodle di Google

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