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  • Domenica 3 aprile 2011

Il grande libro del rock (e non solo) – 4 aprile

Le storie del rock di oggi raccontate da Massimo Cotto

di Massimo Cotto

Lo sai che sei così bella, dolcezza / lo sai che mi stai facendo andare

Twist And Shout, Beatles

1964 – cinque canzoni dei Beatles occupano i primi cinque posti delle classifiche, evento mai accaduto prima, evento che non si ripeterà mai più dopo. Il pokerissimo dei Beatles è composto da Can’t Buy Me Love, Twist and Shout, She Loves You, I Want To Hold Your Hand e Please, Please, Please. Già qualche giorno prima, il 27 marzo, sei singoli degli Scarafaggi occupavano i primi sei posti delle classifiche australiane. Il 21 marzo, per la prima volta nella storia, tutte le prime dieci posizioni appartenevano a gruppi britannici. È la British Invasion, la presa di potere della Gran Bretagna, dopo anni di dominio incontrastato dell’America. Dal 1954, dunque per un intero decennio, il Paese che aveva dato origine al rock and roll aveva comandato in lungo e in largo. Sembrava quasi che il rock potesse diffondersi ovunque nel mondo, ma sempre grazie ad artisti americani. Poi, arrivarono i Beatles e con loro gli Stones, gli Animals e altre band ancora, che fecero capire che il seme si era sparso e che nuovi alberi potevano nascere anche in terre straniere. Non solo, che da quelle terre potevano sbarcare persino in America e prendere possesso di «Billboard», delle radio, delle televisioni, dei giornali. La colonizzazione britannica non è però indolore. «Billboard» pubblica, accanto alla classifica monopolizzata dai Beatles, una strana lamentela, dove si dice che tutti sono ormai stufi dei Beatles: disc-jockey, giornalisti, venditori di dischi. Tutti meno il pubblico. E siamo solo all’inizio.

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Guarda i muscoli del capitano, tutti plastica e metano / guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene

I muscoli del capitano, Francesco De Gregori

1951 – nasce Francesco De Gregori, il principe della nostra canzone d’autore. E sarà che tutta la vita è una strada con molti tornanti, come canta lui stesso in una delle sue canzoni più belle, Mimì sarà, ma le curve della memoria di Francesco De Gregori sono la più straordinaria linea retta della canzone italiana. Nessuno come lui ha saputo raccontare l’inquietudine del viaggiatore e del pescatore d’anime che ha buona vista ma poche bussole, se non l’ansia del cercare. Viaggi e miraggi. In equilibrio fra quello che gli occhi vedono – il male di vivere, le storture, la miseria dell’ordinario quotidiano – e quello che gli occhi vorrebbero vedere – la realtà capovolta, il sogno che scansa la malattia e conduce alla guarigione. De Gregori ha camminato sui pezzi di vetro di un’Italia che inciampa, cade, ma si rialza sempre, almeno in una canzone. Poesia e denuncia, cronaca e lirismo, commozione e rabbia, disagio e amore. La storia lontana dai libri di testo, raccontata dalle congiunzioni, da ragazze di terza classe che per sposarsi si va in America e cuochi dalla parte sbagliata, banditi e campioni, attori che racchiudono in valigia la loro solitudine e figli unici, biondi quasi come Gesù, che si muovono tra bufalo e locomotiva. De Gregori infila strofe e ritornelli da quasi quarant’anni, senza smarrirsi. Trovi le sue canzoni, ormai depositate nella memoria collettiva, presenza costante. E ritrovi lui, sempre e per sempre, dalla stessa parte.

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Qualche volta sono gli alberi d’Africa a chiamare / altre notti sono vele piegate a navigare

I treni a vapore, Fiorella Mannoia

1954 – nasce Fiorella Mannoia, non solo una voce, non solo un’interprete, ma la miglior interprete della sua generazione grazie a una voce straordinaria. Perché, come dice Ivano Fossati, «mentre ascolti Fiorella, pensi che lei sia nata per prolungare la capacità di comunicazione degli autori». Perché, come ha dichiarato Franco Battiato, «la sua voce trafigge la memoria, evoca una sonorità antica, classica, regala le sensazioni che davano i versi di Leopardi o del Carducci quando si cercava di capire la vita attraverso la poesia». Fiorella canta e si impossessa di ciò che canta, fa sue canzoni scritte da altri e lo fa senza mai eccedere in virtuosismi e senza stravolgere la struttura dei brani. È l’eccezione alla regola che sostiene essere incompleta e superficiale l’artista che non scrive ciò che interpreta. Fiorella ha dato altre sfumature a Ruggeri (cito solo Quello che le donne non dicono e Inevitabilmente), Fossati (Le notti di maggio, Lunaspina, I treni a vapore), Massimo Bubola (Il cielo d’Irlanda), Pierangelo Bertoli (Il pescatore), persino il sovente intraducibile Vasco (Sally) e il molto ostico De Gregori (Tutti cercano qualcosa e Giovanna d’Arco). La sua bravura si è consolidata a tal punto negli anni che i cantautori, storicamente restii a cedere loro canzoni, hanno cominciato non solo a consentire riletture di brani editi ma anche a scrivere appositamente per lei brani inediti, comprendendo che il treno dove viaggia la voce di Fiorella tocca tutte le stazioni e manda fiori dai finestrini.

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Foto: AP Photo