“Entro dieci anni i giornali saranno solo su carta”

"Scusa l'anticipo, ma ho trovato tutti verdi": un libro sui luoghi comuni al contrario

di Alfredo Bucciante

Nessuno ha diritto a 15 minuti di celebrità. Inoltre, è molto facile descrivere se stessi in poche parole. Quindi sarò breve: domani esce Scusa l’anticipo, ma ho trovato tutti verdi, che a dispetto del titolo non parla di marziani che cedono la tecnologia del teletrasporto, ma è il libro sui luoghi comuni al contrario.

Innanzitutto ringrazio per l’ospitalità il Post, sito peraltro molto attento al tema dei cliché giornalistici (ad evitarli, si intende), che dei luoghi comuni fanno parte integrante.

Nel ringraziamento al direttore è poi contenuta tutta la storia: in quel primo link al gioco, rimbalzato da Wittgenstein alla rubrica Lessico e nuvole di Stefano Bartezzaghi, che cura la serie Rebus per Einaudi.

Sul libro non posso dire “compratelo”, ché sarebbe un luogo comune. Posso però suggerire di dargli un’occhiata – anche questo forse lo è -, e qualcosa in più su quello che ci si troverà: i luoghi comuni al contrario (maddai), moltissimi inediti e suddivisi in categorie, come ad esempio “Ha detto che spariva per sempre, invece è andato a comprare le sigarette” (Società), o “C’è la crisi c’è la crisi, e poi la sera stanno tutti a casa” (Economia, politica, storia).

C’è poi un breve testo introduttivo per ciascun gruppo, più una introduzione generale e la prefazione di Stefano Bartezzaghi, che rende più chiari i meccanismi del gioco come solo lui sa fare.

Nel corso del tempo ho constatato che la raccolta, diventando più ricca, si stava trasformando indirettamente anche in una collezione di luoghi comuni (al dritto, o come mi piace definirli “luoghi comuni al contrario al contrario”), e probabilmente un libro sul tema manca: salvo qualche saggio in cui veniva incidentalmente toccato l’argomento, e a parte il divertentissimo Una volta qui era tutta campagna, di Fabio Fazio.

Allora ho cercato, senza troppe pretese – senza perdere di vista quell’altro, di obiettivo, e soprattutto senza prendersi troppo sul serio – di aggiungere qualche riflessione su questo, nelle introduzioni. Chiaramente, il tutto visto nell’ottica del suo imminente ribaltamento.

Mi sono poi reso conto qualche giorno fa, vedendo per la prima volta fisicamente il libro, che effettivamente è qualcosa di diverso rispetto al blog, ma questo è un discorso più generale. Non ho passato la tipica fase della ricerca della casa editrice, come dicevo. Non mi definisco nemmeno uno scrittore (avrò al massimo solo una giacca di velluto), e mi stupivo sempre, da cresciuto con la Rete, nel vedere quanto ci sia un desiderio di pubblicare libri sempre robusto, quantomeno più forte di quanto si immagini che internet possa averlo alterato.

Diciamo che la carta mantiene ancora un forte valore simbolico-emozionale, è il “prodotto”, inteso nella sua plasticità, quasi più “vero” rispetto all’idea, che pure sta lì online. Conferisce al tutto una unità che la rende riconoscibile e, bisogna ammetterlo, molto più fruibile. Siamo ancora indissolubilmente legati alle forme, in questo caso ai supporti. Per la lettura ancora molto di più che per la musica, ad esempio.

Questo vale anche per il giornalismo, con i suoi cliché? Probabilmente meno, possiamo stare tranquilli, rendendo per una rara volta falso il luogo comune al contrario del titolo qui sopra (so che vi eravate spaventati). Resta il fatto, comunque, che i giornalisti stanno rovinando l’autorevolezza dei blog, ma questo è un altro discorso ancora.

Vorrei infine concludere senza una citazione.