Paolo Gentiloni: analisi del testo

Breve analisi del testo di questa frase di Paolo Gentiloni pronunciata oggi alla Camera dei Deputati.

Basta violenza verbale, il Parlamento non è un social network.

1. UN. La prima cosa che mi colpisce, stranamente, è “un”. Non siamo su “un” social network. “Un”, la più assoluta delle generalizzazioni. Talvolta serve a difendersi, altre volte taglia l’aria come un’accetta. Francis Bacon la utilizzò come scudo quando venne accusato di blasfemia per il suo “Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion”, uno dei più importanti trittici del 900, immediatamente paragonato dai peggiori di noi all’iconografia cristiana del Golgota. Non lo era, quel “a” (“una” in italiano) chiariva ai bigotti come spesso il peccato sia negli occhi di chi guarda. Tre studi per una crocifissione; non “Tre studi sulla crocifissione” e buona notte suonatori. Altre volte “un” è l’esatto contrario: in quell’articolo di Gentiloni è assai facile cogliere il disprezzo del giudizio massimalista. UN social network, ossia un social network vale l’altro. Mia moglie, che frequenta come unico social network Academia.edu, circoletto sobrio e compito di studiosi ed universitari, davvero quelle parole faticherebbe a comprenderle.

2. BASTA. Nel giorno in cui Paola Taverna, senatrice del M5S definisce su Facebook il nuovo governo come “una torta di letame”, Gentiloni dice Basta. “Basta violenza verbale”, che è comunque sempre un vasto programma, specie in un Paese nel quale da tempo la violenza verbale, ma anche quella dei gesti e delle posture, è un marchio di fabbrica di cui essere orgogliosi. Non tanto e non solo nei social network, dove è felicemente approdata giusto da qualche anno, ma in ogni anfratto della società: dai più oscuri bar di periferia agli schermi della TV dove pedagoghi instancabili insegnano ad ogni ora del giorno e della notte prevaricazione e violenza verbale; placidamente tollerati, vezzeggiati e anzi rapidamente idolatrati da tutti. Le relazioni umane come si trattasse di un reality di quart’ordine, dove vince il più ardito e il più strafottente. Sta di fatto che prima di un BASTA ai vari professionisti della denigrazione televisiva, Gentiloni rivolge l’attenzione ai social network. Invece di dire: basta non siamo mica a La Gabbia!, dice: Basta non siamo mica su un social network. Io addirittura penso che forse ci sarebbe qualcosa che viene ancora prima: prima dell’hate speech in rete, prima anche degli sgarbismi televisivi. E cosa c’è prima di simili tollerate e deprimenti miserie? C’è la grammatica dei piccoli movimenti, la disabitudine al passo indietro prima di quello in avanti. Ci sono gli automatismi che vedo in mia figlia quanto torna in Italia da Londra e che per un po’ (solo per un po’, poi si abitua) le fanno dire “scusi” ad ogni incrocio di precedenze su un marciapiede affollato. Il sorry formale e cavalleresco della Londra centrale e periferica, roba che da noi semplicemente non è prevista: frasi piccolissime che nessuno pronuncia. Pochissimi buongiorno o buonasera nei nostri negozi, niente mi scusi per strada: sguardo in cagnesco per chi ci sfiora nel marciapiede, indifferenza, nella migliore delle ipotesi. Alleviamo tanti piccoli polli da combattimento: sono loro il pavimento in terra battuta che sta sotto la TV, sotto Paola Taverna, sotto gli odiatori da social network.

3. NON È UN SOCIAL NETWORK. Il fulcro della frase di Paolo Gentiloni resta quella definizione di alterità dei social network. Questa idea, pacificamente accettata da quasi tutti, di luogo a sé. Questo è il Parlamento, non siamo su un social network. “Sei su Scherzi a parte” recitava la frase finale e liberatoria di una vecchia trasmissione di successo della TV commerciale di tanti anni fa. Sei SU, quindi sei in un luogo altro, inventato, di cartapesta, preparato ad hoc per ridicolizzarti ma comunque risolvibile, con una sua scadenza naturale ed un suo disvelamento. Questa non è la vita reale, guarda, le vedi quelle luci? Le vedi quelle telecamere? Sei altrove. L’alibi infantile per cui siccome sei IN un altro posto, che non è il mondo, che non è il posto in cui le persone stanno di solito, allora forse potrai salvarti. Gentiloni fa balenare l’idea che se i grillini non fossero sui social network forse la loro violenza verbale si annullerebbe improvvisamente. Messi infine di fronte alla realtà non più filtrata dallo schermo chiunque di noi si riaggiornerebbe ad una versione precedente. Quella dialogante e civile, quella comprensiva ed argomentante. Quella in cui Paola Taverna, restituita al tempo presente senza social network, dichiara alle agenzie che il nuovo governo è “una compagine nella quale il Movimento Cinque Stelle non può riconoscersi” e non più “una torta di letame”.

Nel momento in cui l’ombra malefica della macchina smetterà di avvelenare le nostre vite noi torneremo normali. Questo ci sta dicendo Gentiloni in questa frasetta freudiana dal sen sfuggita. Nulla, al momento, è più lontano dalla realtà.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020