La famiglia Mantellini e Amazon Dash

In una famiglia disordinata come la nostra è impossibile non subire il fascino di Amazon Dash. Esattamente come a Londra è impossibile non farsi avvolgere dalla costosa semplicità del servizio di consegne a domicilio di Waitrose. Se hai poco tempo o se sei con la testa fra le nuvole per qualche rispettabile ragione, se il supermercato è lontano o se fare la spesa ti infastidisce, se la drogheria dell’angolo ha chiuso oppure ha iniziato a vendere il salame che sa di plastica, in tutti questi casi e in molti altri la tecnologia oggi inizierà a strizzarti l’occhio con discreta insistenza. A casa Mantellini, semplicemente, nessuno di noi è abbastanza bravo da tenere d’occhio quando finisce lo zucchero, il caffè o la carta igienica. Siamo insomma il bersaglio perfetto per Amazon Dash, un bottoncino che ordina un prodotto alla volta, una specie di token da lasciare nei pressi del luogo della scomparsa (il barattolo vuoto del caffè, la parete del bagno accanto alla carta igienica terminata ecc), memento elettronico per salvarci dalla nostra prossima disattenzione.

Una delle cose affascianti del bottoncino di Amazon, una delle ragioni che mi invoglia ad acquistarlo subito (sarà in vendita in Italia nei prossimi giorni), è che può essere hackerato e riconfigurato per fare altre cose. Molte delle quali totalmente inutili o cervellotiche ma ugualmente divertenti e hobbistiche nel migliore dei suoi significati possibili. Un’altra delle cose rimarchevoli di Dash è che occupa uno spazio della vita quotidiana nel quale Internet, la nostra rete wireless casalinga e gli oggetti che le stanno dentro, diventano protagonisti: è la Internet degli oggetti che dopo molte discussioni fra futurologi e addetti ai lavori si fa pratica semplice e condivisa in una declinazione semplice, forse meno assurda di prodotti come Echo o Google Home.

Tuttavia dietro Amazon Dash e la sua brutale semplicità c’è un’idea di commercio elettronico che in qualche misura mi imbarazza ed è forse questa la ragione per cui non lo userò. Ogni volta che spingi quel bottone da qualche parte si scatena un processo organizzativo complicato, rapidissimo e dispendioso. Anche se Amazon mi ripete che io di questo non dovrò preoccuparmi, che la spedizione è gratuita, che loro penseranno a tutto. Che se qualcosa andrà storto un servizio clienti ben calibrato risolverà ogni mio problema; che ogni ritardo, imperfezione o inciampo sarà interamente a carico del grande spedizioniere buono.

L’economia digitale ha le sue peculiarità di ottimizzazione, buone maniere e sfruttamento: noi molte volte scegliamo di non occuparcene, esattamente come badiamo poco alle etichette sui capi di abbigliamento che indossiamo o ai gadget elettronici che utilizziamo. A casa Mantellini utilizziamo Amazon da sempre e con soddisfazione, ma Amazon Dash propone un passo ulteriore. Quello di una spedizione che riguarda ogni singolo bene. Con Dash il campanello di casa suonerà ogni giorno verso le 13. Una volta sarà per il caffè, un’altra per la carta igienica, un’altra ancora per la schiuma da barba o gli assorbenti con le ali. Ad ogni pressione del bottone un camioncino partirà verso casa nostra; ad ogni click un singolo bene, spesso minuscolo, troverò qualcuno che lo rintraccia dentro enormi magazzini, lo porta al banco e lo impacchetta per bene. Perché tanto si può, il sistema lo consente, il margine di guadagno esiste ed il cliente ne sarà comunque contento. Anzi deliziato.

Negli Stati Uniti, patria storica delle consegne a domicilio, si usa ormai ordinare su Internet tre paia di scarpe di taglia diversa o tre vestiti di colori differenti. I colori sbagliati e le scarpe troppo piccole verranno rispedite indietro gratuitamente e senza sforzi, sfruttando l’efficiente canale che ce le aveva consegnate. Migliaia di TIR, camioncini, aerei e treni attraversano il paese avanti e indietro. Migliaia di beni vengono assemblati, catalogati spediti e poi ricevuti indietro, ricatalogati e rimessi al loro posto. Perché tanto si può.

Io non sono sicuro di voler partecipare ad una simile accelerazione: non voglio scatenare il dio dell’organizzazione per un rotolo di carta igienica. Non voglio che un tizio parta da Piacenza per portarmi a casa le lamette da barba.

Soprattutto non voglio acuire oggi le molte difficoltà causate dal cambiamento organizzativo nella gestione delle merci fisiche dentro i mercati digitali. C’è un mondo che cambia e che ha bisogno di tempo per stabilire nuove abitudini e nuovi diritti per tutti: riuscirci non sarà una passeggiata. Per la famiglia Mantellini aspettare che tutto si assesti un po’ continuando ad accorgersi all’ultimo momento di aver finito il caffè non sarà un problema.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020