Agcom: non si vergognano abbastanza

Le nomine odierne Agcom meritano alcune considerazioni. Sono in viaggio e scrivo scomodamente quindi mi scuserete se sarò odiosamente schematico.

1) Le autorità di controllo sono molto importanti ma non lo sono tutte ugualmente. Per molte ragioni oggi l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è assai più importante delle altre. Lo è da sempre per certuni, nel respiro noto del controllo dei meccanismi che regolano la TV, lo è molto di più, anche se in questo paese la percezione di questo continua ad essere modestissima, per i temi essenziali dell’accesso alla rete e del controllo dei contenuti che la attraversano.

2) Le schermaglie in rete delle scorse settimane non sono servite a molto: invocare (da Internet poi, il luogo dei mille rimbrotti e delle mille istanze impossibili) trasparenza delle nomine, invio di curriculum, Quintarelli for president ed altre amenità è stata forse una pretesa eccessiva, poco di più di un atto dimostrativo. Giusto o sbagliato che sia infatti quelle di Agcom e delle altre Autorità restano nomine politiche: molto semplicemente, il tema era che i politici scegliessero sotto la propria responsabilità commissari per una volta all’altezza. Così mediamente non è stato.

3) Che il PDL sia allergico ad ogni decenza in fatto di nomine e nominati è storia nota, se vogliamo dedurne qualcosa di attuale possiamo dire che la nomina di Martusciello e quella di Preto (i due nuovi membri Agcom in quota PDL) non ha fatto eccezione ad uno schema secondo il quale la fedeltà sopravanza di gran lunga ogni richiesta competenza. Ma qualsiasi sottolineatura al riguardo rischia di scatenare un ping-pong imbarazzante: per dirne una, il nuovo Presidente dell’Autorità per la privacy è un dermatologo del PD. Manca solo che faccia irruzione Beppe Grillo urlando “sono tutti uguali” e il cerchio si chiude.

4) Che il PD sia un partito perduto è invece uno dei piccoli colpi di scena di questo giro di nomine: il fatto è che dimostra fragorosamente di esserlo in uno dei pochi campi davvero rilevanti per la crescita del paese. Lasciamo perdere Maurizio Decina che è persona degna e competente, ma tutto il resto del teatrino andato in onda nei giorni scorsi, con ogni piccolo capetto che combatteva la fiera battaglia per sponsorizzare il proprio candidato incompetente (fino alle fantozziane “primarie interne per Agcom” ) e con il successivo mercato delle vacche con Casini (acrobaticamente trasversale fra poltrone di Autorità differenti) ha chiarito definitivamente quello che molti sospettavano: inutile annunciare fieramente molto ipotetici passi indietro in Rai e altre questioni simili, Bersani, D’Alema e compagnia ragionano oggi esattamente come dieci anni fa, sono un altro specchio della decadenza del paese mentre se ne proclamano i salvatori.

5) Vedo su Twitter che i profili di Bersani e Casini tacciono. Ieri i due capi hanno mandato avanti, a raccontare la storia irraccontabile della elezione di uno sconosciuto burocrate in Agcom, Dario Franceschini, che spiegava l’accordo ai giornalisti osservando attentamente una crepa nel soffitto e Roberto Rao, che incurante di ogni pericolo, ha scritto su Twitter che la nomina di Francesco Posteraro era una scelta di esperienza, competenza e garanzia. Va detto che scrivere scempiaggini su Twitter e cliccare invio è assai più semplice che affrontare nella vita reale gli sguardi di compatimento degli astanti. Sia come sia è piuttosto chiaro che si vergognano di loro stessi. Il problema è che non si vergognano abbastanza.

Nei prossimi anni, con ogni probabilità, Agcom sarà sostanzialmente bloccata dai veti di due rappresentanti di un partito personale che dopo anni di grande successo sta scomparendo. Quando non lo sarà troverà residuali accordi su temi di sola contrapposizione agli interessi diffusi dei cittadini, esattamente come è accaduto durante la Presidenza Calabrò. Esisteva una occasione concreta di far progredire la parte più digitale del Paese anche attraverso una nuova azione di controllo sui temi tecnologici che non aggiungesse ostacoli a grandi complessità. Tutto questo aveva bisogno di una nuova mediazione politica. Oggi, con chiarezza, i principali partiti italiani, tutti assieme ci hanno comunicato che a loro tutto questo non interessa.

Adesso ai più masochisti di noi non resta che attendere il prossimo disegno di legge per l’Italia digitale che le migliori menti del PD e del PDL stanno preparando assieme per il Paese, tremo al solo pensiero. Io nel frattempo esco a bermi un bicchiere di Chablis sperando di dimenticarli, tutti, contemporaneamente, almeno per stasera.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020