Di cosa stiamo parlando?

Immaginate che arrivi l’esattore delle tasse e che voi rispondiate così: «Non ci sono pregiudiziali da parte nostra». Immaginate che arrivi la Finanza e che voi rispondiate così: «È un problema particolare, da studiare e da approfondire». Vi porterebbero alla neuro, ma siccome le risposte le hanno date i cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco – a proposito dell’Ici non pagata dalla Chiesa – ecco che i giornali ne parlano come se si stesse ricomponendo la Breccia di Porta Pia: dimenticandosi che in concreto non si farà nulla e che Mario Monti è già stato abbastanza chiaro, o meglio sfuggente.

La realtà è che non si sono neanche posti il problema, Monti l’ha detto, aspetteranno che la nottata passi; tutti continuano a sciorinare asserzioni lapalissiane («se si viola la legge, bisogna intervenire») come ha fatto anche il ministro Andrea Riccardi, secondo il quale «la Chiesa dovrebbe pagare in caso di attività commerciali». Grazie, lo sapevamo, lo dice la legge: se non fosse che è proprio la legge a essere dolosamente ambigua e a consentire che moltissimi facciano i furbi coi crismi della regolarità. Non è – per fare un solo esempio – che ci sono alberghi con scritto «confraternita» e che dentro sono il Ritz; è che ci sono alberghi religiosi che accolgono «anche» una stra-maggioranza di turisti e che ci marciano; non sono esercizi commerciali che si travestono da enti religiosi, sono enti religiosi che fingono di non essere sostanzialmente commerciali. La Chiesa sa benissimo che il paravento dell’interpretazione di legge cela infinite situazioni di legalità improbabile, ma a essere improbabile è anche che vengano pizzicati sulla base di improbabili denunce. È di questo che stiamo parlando, non della malafede di Avvenire o di obiezioni di complemento tipo quella che le esenzioni riguardano anche enti non commerciali, tipo e associazioni sportive dilettantistiche e di volontariato e le onlus: anche perché sono enti che appartengono quasi tutti alla Chiesa, di che parliamo?

Ecco, appunto, di che parliamo, considerando che la rivalutazione delle rendite catastali ha appena escluso proprio le proprietà ecclesiastiche, comprese quelle a destinazione commerciale? È il 20 per cento del patrimonio immobiliare italiano, e qui peraltro si inserisce anche lo sconto Ires che equipara tutti gli enti ecclesiastici a enti di beneficenza: peccato che non tutti la facciano, tantomeno gli enti come Propaganda Fide che sfrattano la gente dai loro appartamenti (detassati) per piazzarci politici e imprenditori amici: altro che «Attacco alle mense dei poveri» come ha titolato Avvenire.
Della volontà politica, in tempi come questi, è meglio non parlare neppure. Ora c’è un risveglio di retroguardia, ma il «rottamatore» del Pd Pippo Civati, poco tempo fa, lamentava che del problema a sinistra «non se ne può neanche parlare». Maria Rosaria Bindi, a fine agosto, precisava che un emendamento per far pagare la Chiesa «noi non lo appoggeremo». Nel Pdl, che posizione abbiano, non lo sanno neppure loro. Per il resto va benissimo evidenziare che anche partiti e sindacati e Legambiente e il Touring Club – tra gli altri – non pagano l’Ici: bene, che la paghino – o non la paghino, non so – ma perlomeno che non la paghino non è un segreto, non lo nega nessuno, non c’è Avvenire o Famiglia Cristiana o addirittura prelati che fanno i tartufi, non c’è un baciapile che mi spiega che le strutture ecclesiastiche compensano il welfare che lo Stato non riesce a darmi. Ma chi gliel’ha chiesto? Perché devo avere un welfare orientato da una religione? Viva gli oratori, viva i boy-scout: ma ha senso che un’istituzione religiosa compensi ciò che lo Stato laico dovrebbe darmi?  È giusto che lo Stato mi dica «manda i tuoi figli all’oratorio»?

Ma questi sono temi di contorno. La verità è che non dovrebbe esserci problema ad approvare un emendamento semplice semplice, più volte proposto in passato: esenzioni come quella dall’Ici dovrebbero essere riservate esclusivamente a luoghi come chiese, santuari, sedi di diocesi, parrocchie, biblioteche e centri di accoglienza. Stop. E però emendamenti del genere sono stati sempre respinti. Il perché non è chiaro, cioè è chiarissimo, tanto che la faccenda ha meritato un’indagine della Commissione europea per verificare se i citati vantaggi fiscali non siano contrari alle norme comunitarie sulla concorrenza. Vantaggi che sono tanti altri: dagli oneri di urbanizzazione per l’edilizia «di culto» ai contributi statali per le scuole cattoliche, dagli insegnanti di religione – pagati dallo Stato – all’esenzione delle imposte doganali per tutte le merci dirette dall’estero al Vaticano e a tutti gli uffici vaticani del Paese. Questo senza considerare i lavoratori di società con sede in Vaticano – parliamo di 3500 lavoratori italiani – che non pagano completamente l’Irpef e andranno in pensione senza aver versato un contributo. E questo senza considerare l’incredibile partita di giro dell’8 per mille, quella che ogni anno indirizza alla Chiesa cattolica l’80 per cento delle quote di 8 per mille che gli italiani scelgono espressamente di non donare a nessuno: altro giro, altro raggiro. Vogliamo parlare di questo? Ma figurarsi. Poi ti dicono che sei anticlericale. E se anche fosse?

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera