La manovra, spiegata bene

Le cose buone e le cose che ancora non tornano troppo nella Legge di stabilità presentata dal governo (e cosa c'entra la Commissione Europea?)

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

La sera di mercoledì 15 ottobre, il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan hanno presentato la manovra economica per il 2015 (che tecnicamente si chiama “legge di stabilità”). Si tratta del più importante documento di programmazione economica e finanziaria prodotto dal governo. Con la manovra si stabiliscono quali spese saranno affrontate nell’anno successivo e con quali tagli o nuove entrate finanziarle. Tanto per cominciare si tratta di una manovra molto sostanziosa: 36 miliardi complessivi, rispetto agli 11,6 miliardi del 2014. Secondo il governo, la manovra porterà al più grande taglio di tasso nella storia della Repubblica e alla creazione di 800 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi tre anni. Negli ultimi giorni sono cominciate a girare bozze del testo e diversi esperti hanno commentato il suo contenuto.

Tagli alle tasse e nuove imposte
Il governo ha annunciato la manovra sostenendo che prevede 18 miliardi di tagli alle tasse. Nel dettaglio: 9,5 miliardi di tasse sono il rifinanziamento del bonus da 80 euro per il 2015 (che, come dice il nome, non è proprio un taglio di tasse, anche se l’effetto per alcuni è quello), 5 miliardi di taglio all’IRAP (un’imposta che devono pagare le società anche quando sono in perdita) e 1,9 miliardi di azzeramento dei contributi per i nuovi assunti a tempo indeterminato (in sostanza, i contributi che avrebbero dovuto versare per questi neoassunti i datori di lavoro saranno invece versati dallo stato, rendendo meno costoso al datore di lavoro assumere un dipendente). Secondo il ministro Padoan, intervistato domenica 19 durante il programma “In mezz’ora”, queste ultime misure dovrebbero portare a 800 mila nuove assunzioni nei prossimi tre anni.Infine, altri 800 milioni sono previsti per le partite IVA.

In totale, questi tagli fanno circa 18 miliardi, quello che Renzi ha definito il «più grande taglio di tasse» nella storia della repubblica. Si tratta di una parte della manovra che è stata apprezzata da molti. In particolare il taglio dell’IRAP è stato definito dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi la “realizzazione di un sogno”. La manovra, tuttavia, sembra presentare diversi problemi, che cominciano nel capitolo della Legge di Stabilità che riguarda le coperture per queste riduzioni di imposte.

Per prima cosa parlare di “18 miliardi di tagli alle tasse” è sbagliato. La manovra, infatti, prevede anche poco più di quattro miliardi di nuove entrate (cioè nuove tasse). Il saldo dei tagli quindi, è di circa 13,7 miliardi. Circa 2,4 miliardi delle nuove entrate derivano dall’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie già decisa nel corso del 2014. Altri 1,2 miliardi arrivano dalla tassazione dei fondi pensione e delle casse di previdenza privata (che Renzi ha infilato sotto l’ombrello della definizione di “rendite finanziarie”). In sostanza il governo ha deciso di tassare la previdenza integrativa – cioè quei fondi dove ad esempio alcuni dipendenti investono il proprio TFR – e le casse professionali – quegli enti cioè dove alcuni professionisti (come giornalisti e avvocati) versano i propri contributi (gli altri invece li versano all’INPS). Definire “rendite” queste forme di previdenza è piuttosto sbagliato e questa parte della manovra è stata molto criticata.

I tagli
Molti elementi della manovra sono oramai chiari, ma molte altre parti sono invece ancora piuttosto oscure. Dopo la conferenza stampa di mercoledì il governo non ha diffuso il testo della manovra e tutt’ora il documento che si trova online è un riassunto per sommi capi che non contiene tutti i dettagli. Le informazioni più dettagliate (come la faccenda delle tasse ai fondi pensione) derivano dalle numerose bozze di manovra che stanno circolando in questi giorni. Quella di presentare i provvedimenti senza renderne pubblico il testo è un’abitudine che il governo Renzi condivide con quasi tutti i governi precedenti. In conferenza stampa vengono annunciate le misure principali di una manovra finanziaria o di un decreto legge mentre il testo vero e proprio, nel frattempo, resta nelle mani dei tecnici dei ministeri che ne sistemano i dettagli. Nel contempo vengono fatte circolare bozze della legge più o meno ufficiali per tastare la reazione delle parti coinvolte.

In altre parole, bisogna considerare che alcuni elementi della manovra potrebbero cambiare. Ad esempio gli interventi sulle partite IVA (quegli 800 milioni citati sopra), sono ancora abbastanza oscuri e non è ancora chiaro se davvero ci guadagneranno tutti o se non c’è il rischio che qualcuno si ritrovi a pagare di più (a quanto sembra, infatti, è previsto un aumento dell’IRPEF per le partite IVA che si trovano nel cosiddetto “regime dei minimi” dal 5 al 15 per cento). Tra le cose che sembrano oramai certe, invece, ci sono i numerosi tagli alla spesa pubblica, per un totale di circa 15 miliardi. Quattro miliardi sono tagli ai ministeri e, a quanto pare, si tratterà di tagli lineari e non mirati a singoli “sprechi” o altre “inefficienze”. Altri quattro miliardi saranno chiesti alle regioni che hanno protestato duramente, anche perché, considerando i tagli voluti dai governi precedenti, nel 2015 avranno una riduzione di trasferimenti pari a circa 5,7 miliardi. Nei tagli alle regioni e agli altri enti locali, comuni e province, c’è un altro problema della manovra. Padoan e Renzi hanno dichiarato che i quattro miliardi potranno essere tagliati facilmente se le regioni elimineranno gli sprechi nei loro bilanci. Per il momento questi tagli, sostengono alcuni, non sembrano congegnati in maniera da incentivare l’eliminazione degli sprechi e l’utilizzo più efficiente delle risorse da parte degli enti locali. Come ha detto lo stesso ministro Padoan, è possibile che le regioni e gli altri enti locali decidano semplicemente di aumentare il costo dei servizi che offrono e le imposte locali.

Le altre coperture
Le altre misure trovate per finanziare i tagli alle tasse (e tutta un’altra serie di spese ereditate dai governi precedenti) sono un aumento del deficit, il recupero di 3,9 miliardi dall’evasione fiscale e altre piccole operazioni una tantum (come ad esempio la vendita delle frequenze della banda larga). Per quanto riguarda il deficit – cioè quanto il governo spende in più rispetto a quanto guadagna – la manovra prevede di aumentarlo fino al 2,9 per cento del PIL (cioè lo 0,1 per cento in meno della soglia massima consentita dai trattati europei): una scelta che molti commentatori hanno apprezzato e definito necessaria. Il recupero di 3,9 miliardi dall’evasione fiscale invece è uno dei punti più oscuri della manovra. Nel recente passato, infatti, non è mai accaduto che un governo riuscisse ad aumentare così tanto il recupero dell’evasione fiscale da un anno all’altro.

Che cosa c’entra l’Europa?
Il governo ha dovuto terminare la manovra entro la sera del 15 ottobre perché quel giorno scadeva il termine ultimo per inviare il documento alla Commissione Europea che è tenuta ad esprimere un parere. Diversi politici e commentatori hanno già scritto che probabilmente la Commissione boccerà la manovra. I problemi sono principalmente due: l’incertezza di alcune coperture (come i 3,9 miliardi di recupero dell’evasione fiscale) e il fatto che alcuni parametri di bilancio non saranno rispettati. Oltre a un deficit massimo del 3 per cento, infatti, i trattati europei impongono anche una costante diminuzione di un altro parametro economico, il cosiddetto deficit strutturale che si calcola “correggendo” il deficit con alcuni calcoli complessi che tengono conto della situazione economica generale (il cosiddetto “ciclo economico”). Questo deficit strutturale, invece che diminuire, aumenterà passando dallo 0,7 per cento allo 0,9 per cento.

Secondo molti altri, però, come l’economista Massimo Bordignon, la Commissione non boccerà completamente la manovra. Come l’Italia, anche la Francia non rispetterà appieno i parametri dei trattati, anche a causa del fatto che economicamente il 2014 è stato un anno molto peggiore delle previsioni. Italia e Francia sono due delle economie più importanti d’Europa e difficilmente la Commissione deciderà di andare allo scontro frontale. È probabile, scrive Bordignon, che ci saranno proteste per «salvare la faccia», ma che alla fine sarà raggiunto un accordo. Il giudizio della Commissione sarà pubblicato il 29 ottobre.

Il problema principale della manovra sarebbe un altro, segnala Bordignon insieme a molti altri esperti. E cioè l’incertezza di alcune coperture. I tagli alle imposte per imprese e lavoratori hanno lo scopo di portare a un aumento dei consumi e degli investimenti, che a loro volta porteranno a un miglioramento generale dell’economia e quindi a nuove entrate per lo stato. Se consumatori e imprese, però, dovessero avere il timore che questi tagli saranno solo provvisori o compensati da aumenti di imposte, è possibile che preferiscano risparmiare o rinunciare agli investimenti. Proprio per questo motivo è importante considerare la preoccupazione delle regioni e degli altri enti locali, che potrebbero aumentare le tasse: o che le aumenti lo stesso governo nel caso in cui i tagli ai ministeri non funzionino o che la lotta all’evasione non porti i risultati previsti.