“Io ho visto la luce”

Milano ha un assessore alla cultura con un paio di cognomi, consonanti e ipsilon. Ogni tanto interviene sui giornali con analisi sulla città: una era stata questa, in cui descriveva la cittadinanza in due grandi macrocategorie, “popolo e vip”. Oggi, invece ha presentato sul Corriere della Sera una tesi contro chi è preoccupato dei ritardi dell’Expo, [...]

Milano ha un assessore alla cultura con un paio di cognomi, consonanti e ipsilon. Ogni tanto interviene sui giornali con analisi sulla città: una era stata questa, in cui descriveva la cittadinanza in due grandi macrocategorie, “popolo e vip”.
Oggi, invece ha presentato sul Corriere della Sera una tesi contro chi è preoccupato dei ritardi dell’Expo, sostenendo che a Milano ci sono già abbastanza ricchezze e attrazioni da permettere un expo anche domattina.

Perché un’altra realtà è possibile. C’è già, nelle pieghe della «città nomade». È l’esistente che non ha ancora forme e figure della stanzialità. I luoghi stanziali e i soggetti nomadi intrecciati possono creare connessioni capaci di produrre conoscenza e crescita al servizio di un territorio che torna a essere terra, da abitare poeticamente.

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