Leggende di autostoppisti

Massimo Cirri ha iniziato la sua collaborazione con il Post, e io sto ridendo da stamattina, vergognandomi. Però in quegli anni si andava in autostop. Era normale. Più veloce del treno, più economico, più pratico. Io andavo da Prato a Udine in meno di cinque ore. Perché avevo una fidanzata là a Udine, non per cercare [...]

Massimo Cirri ha iniziato la sua collaborazione con il Post, e io sto ridendo da stamattina, vergognandomi.

Però in quegli anni si andava in autostop. Era normale. Più veloce del treno, più economico, più pratico. Io andavo da Prato a Udine in meno di cinque ore. Perché avevo una fidanzata là a Udine, non per cercare il record a tutti i costi. Non mi ricordo come partissi da casa (abitavamo in aperta campagna) se direttamente in autostop da quella stradina o se mi facevo accompagnare in macchina da mio padre fino al casello. Non c’era percezione di esporsi ad un pericolo – come credo ci sia adesso che viviamo nell’epoca del pericolo costante – anche se tra gli autostoppisti circolavano tremende leggende metropolitane. Una riferiva di incauti che erano rimasti intrappolati per il collo nel vetro del finestrino sollevato a mo’ di garrota da automobilisti criminali. E poi fatti oggetto di attenzioni sessuali.


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