Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli (ANSA)

Il governo ha approvato l’“autonomia differenziata”

Il discusso disegno di legge consente alle regioni di chiedere allo Stato la competenza esclusiva su 23 materie

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Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge sulla cosiddetta “autonomia differenziata” proposto dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli e molto discusso nelle ultime settimane, per le importanti novità che potrebbe introdurre in termini di competenza su alcune materie da parte delle regioni.

L’autonomia differenziata è un meccanismo che consentirà alle regioni cosiddette “ordinarie” (cioè tutte tranne le cinque a statuto speciale: Sardegna, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta) di chiedere allo Stato la competenza esclusiva su 23 materie, cioè la possibilità di legiferare in ambiti in cui la potestà legislativa non è espressamente riservata allo Stato. Tra queste materie ce ne sono alcune particolarmente delicate e importanti, come l’istruzione, la sanità, la produzione di energia e la tutela dell’ambiente.

Le competenze delle regioni sono state a lungo un tema di scontro tra lo Stato centrale e le regioni, con queste ultime che hanno spesso chiesto maggiore autonomia decisionale. Di recente era successo in più occasioni per via della pandemia: a causa dell’emergenza sanitaria c’erano stati diversi contenziosi tra governo e presidenti di regione che avevano preso decisioni indipendenti, discostandosi da quanto stabilito a livello nazionale (allargando o restringendo le restrizioni, per esempio).

Quella dell’autonomia differenziata è una proposta di cui si parla da anni, resa possibile dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, che introdusse la possibilità in un comma dell’articolo 116. Da allora non è mai stata attuata, nonostante alcuni governi ci abbiano provato: ora però Calderoli e il governo di Giorgia Meloni sembrano avere molte più possibilità di riuscirci, e puntano ad avere le prime intese tra lo Stato e le regioni entro la fine dell’anno.

Negli ultimi mesi erano circolate varie bozze del disegno di legge sull’autonomia differenziata: il testo approvato dal Consiglio dei ministri è un po’ diverso, ma le sue parti fondamentali sono rimaste più o meno le stesse, e sono anche quelle che negli ultimi mesi hanno attirato alla proposta le maggiori critiche e contestazioni da parte di studiosi, di membri dell’opposizione e di molti rappresentanti locali delle regioni del Sud.

In base al disegno di legge approvato, l’iniziativa per chiedere l’autonomia spetterà alle regioni, che dovranno farne richiesta alla presidente del Consiglio e al ministro per gli Affari regionali: quest’ultimo entro 30 giorni potrà avviare il negoziato con la regione, dopo essersi confrontato con i ministri competenti per le materie per cui è stata richiesta l’autonomia. Al termine di diversi passaggi burocratici ci sarà poi l’approvazione definitiva del Consiglio dei ministri e la successiva emanazione di una legge che in sostanza stabilisce l’autonomia per quella regione.

Nell’intesa raggiunta tra la regione che ha chiesto l’autonomia e lo stato dev’essere indicata la durata dell’accordo, che non può superare i 10 anni: al termine di quel periodo sarà rinnovato automaticamente, a meno che lo Stato o la regione non decidano di non farlo. Nell’intesa devono essere anche indicate le modalità per chiedere eventualmente la cessazione dell’autonomia (che dovrà poi essere approvata dalle camere a maggioranza assoluta).

Nelle ultime settimane il confronto politico e di numerosi esperti si era soffermato soprattutto sulla parte più problematica di questo tipo di autonomia e che riguarda «i livelli essenziali di prestazione che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (LEP). Secondo la Costituzione i LEP riguardano «i diritti civili e sociali» dei cittadini e delle cittadine. In molti avevano segnalato la necessità che la loro entità fosse stabilita prima delle richieste di autonomia differenziata, così da sapere la quantità di risorse da erogare a ciascuna regione richiedente. La determinazione dei LEP avverrà tramite una “cabina di regia”, come previsto nella legge di bilancio per quest’anno approvata alla fine del 2022, che comprenderà i vari ministri competenti. La cabina di regia dovrà identificare quali materie sono riconducibili ai LEP da garantire in tutto il territorio nazionale.

In una “relazione illustrativa” e in un comunicato stampa, il governo ha fornito qualche ulteriore dettaglio sui LEP, rispondendo almeno in parte ad alcune delle critiche ricevute nelle scorse settimane su costi e vincoli:

Qualora, successivamente alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’intesa, siano modificati i LEP con il relativo finanziamento o ne siano determinati ulteriori, la Regione interessata sarà tenuta alla loro osservanza, subordinatamente alla revisione delle relative risorse. Il Governo o la regione potranno, anche congiuntamente, disporre verifiche su specifici profili sul raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni.

– Leggi anche: Lo stato spende più al Nord o al Sud?

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