(AP Photo/Richard Vogel)

La crisi degli scout americani

Dopo decenni di abusi sessuali, novantamila persone hanno fatto richiesta di risarcimento alla più grande associazione di scout d'America, che adesso rischia di fallire

Circa 90 mila persone hanno fatto una richiesta di risarcimento a Boy Scouts of America, la più grande organizzazione di boy scout degli Stati Uniti, per molestie e abusi sessuali subiti negli ultimi decenni. L’enorme quantità di richieste — che ha sorpreso anche gli avvocati che si occupano del caso — è arrivata dopo che alcuni stati americani avevano cambiato le loro leggi per consentire di fare denuncia anche alle vittime di abusi commessi decenni fa, e potrebbe far fallire Boy Scouts of America, che è attiva dagli anni Dieci del secolo scorso. Uno degli avvocati delle vittime, Paul Moses, ha detto che quello che ha coinvolto l’organizzazione è «di gran lunga il più grande scandalo di abusi sessuali negli Stati Uniti».

All’inizio dell’anno, l’organizzazione centrale di Boy Scout of America ha chiesto l’amministrazione straordinaria, cioè l’istituto giuridico che permette a un ente in difficoltà economiche di continuare a operare temporaneamente sotto il controllo di un giudice,  per cercare di gestire le tantissime richieste legali e preservare alcuni dei suoi asset economici. Nei prossimi mesi, forse nei prossimi anni, i casi dovranno essere analizzati uno per uno, e seguiranno contrattazioni lunghe a proposito dei risarcimenti.

Gli scandali attorno a Boy Scouts of America (BSA) sono cominciati circa un decennio fa, nel 2012, con la pubblicazione dei cosiddetti «perversion files», 20 mila pagine di documenti che BSA aveva compilato e conservato a partire dagli anni Venti, e che contenevano informazioni su quelli che con un eufemismo l’organizzazione definiva i «volontari non idonei», cioè i capi scout che abusavano dei ragazzi. La documentazione conteneva testimonianze, rapporti, lettere di genitori preoccupati. In teoria, le liste dei «non idonei» servivano a evitare che i molestatori cacciati da un gruppo di scout si unissero a un altro, ma in realtà si scoprì che spesso, per evitare scandali, BSA non rivelava i casi di abusi sessuali, anche con l’aiuto della polizia locale.

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Fino al 2012, i «perversion files» — così li hanno definiti i giornali americani — erano segreti, e i casi di abusi sessuali negli scout, quando erano rivelati, erano trattati singolarmente e in maniera sporadica, in tribunale o con accordi extragiudiziali tra BSA e le famiglie delle vittime. Durante un processo in Oregon nel 2010, però, gli avvocati della vittima riuscirono a far inserire i «perversion files» nell’elenco delle prove. Il caso nacque dalla denuncia di Kerry Lewis, un ragazzo che negli anni Ottanta fu abusato sessualmente dal suo capo scout, Timur Dykes. Secondo l’accusa, prima di abusare di Lewis, Dykes aveva già confessato a BSA di aver molestato 17 boy scout, ma nonostante questo l’organizzazione l’aveva tenuto a lavorare a contatto con i ragazzi. Lewis vinse la causa e BSA fu condannata a risarcirlo con 18,5 milioni di dollari: è ancora oggi il più grande risarcimento mai versato negli Stati Uniti in un caso di molestie su minore.

Soprattutto, durante il procedimento BSA fu costretta a consegnare al tribunale le 20 mila pagine dei «perversion files». Seguì un’ulteriore lunga battaglia legale per la pubblicazione dei documenti, che si concluse nel 2012 quando la Corte Suprema dell’Oregon decretò che, trattandosi di prove giudiziarie, i documenti potevano essere resi pubblici — con i nomi delle vittime omessi. Dalla pubblicazione, BSA è stata denunciata centinaia di volte negli ultimi anni.

Ma l’enorme mole di richieste di risarcimento degli ultimi mesi è dovuta a un altro fatto: l’anno scorso, alcuni stati americani hanno cambiato le leggi che determinano le modalità con cui le vittime di abusi sessuali possono presentare denuncia. Fino a poco tempo fa, alcuni stati rendevano piuttosto difficili le denunce per le vittime minorenni di violenza sessuale: nello stato di New York, per esempio, le vittime potevano sporgere denuncia soltanto entro il compimento del 23esimo anno di età. Capita spesso che i sopravvissuti a violenze sessuali decidano di denunciare soltanto dopo aver raggiunto l’età adulta, per moltissime ragioni. A New York, dopo i 23 anni non potevano farlo. Per anni nello stato il Partito democratico aveva proposto una legge (il «Child Victims Act») per allungare i limiti d’età, ma era sempre stata bloccata dal Senato statale, a guida repubblicana. Nel 2018, però, i democratici hanno ottenuto la maggioranza sia alla Camera sia al Senato, e a gennaio del 2019 hanno fatto approvare la nuova legge, secondo cui i procuratori possono istruire un processo d’ufficio fino a che la vittima non ha compiuto 28 anni, mentre la vittima stessa può presentare denuncia entro il compimento dei 55.

Soprattutto, i legislatori hanno deciso che per un anno a partire dall’approvazione della legge tutti i casi che non erano stati mai denunciati prima potranno essere valutati, indipendentemente dall’età della vittima. Il periodo di un anno nello stato di New York è cominciato il 14 agosto del 2019. Altri stati, come per esempio il New Jersey e la California, hanno approvato leggi simili, e decine di migliaia di persone si sono fatte avanti per utilizzare questa finestra d’opportunità. Non sono stati denunciati soltanto gli scout: ci sono state moltissime denunce contro ospedali, scuole, istituzioni religiose. Ma BSA è stata di gran lunga l’ente che ne ha ricevute di più: alla chiusura dell’ultima scadenza, questa settimana, erano appunto 90 mila.

Dopo la pubblicazione dei «perversion files», e ancora di più negli anni recenti, BSA ha più volte chiesto scusa e promesso che le vittime saranno risarcite. Ancora pochi giorni fa, mentre si accumulavano le notizie sulla gran quantità di persone che si erano fatte avanti, BSA ha scritto in un comunicato: «Siamo devastati dal numero di persone le cui vite sono state condizionate dai passati abusi nello scoutismo e siamo commossi dal coraggio di chi si è fatto avanti. Abbiamo il cuore spezzato e non possiamo rimediare al dolore inflitto». Negli ultimi anni, inoltre, BSA ha fatto riforme per rendere il movimento scout più inclusivo, e ha cominciato ad accogliere volontari e ragazzi apertamente gay e transgender. Anche le ragazze possono partecipare, adesso. Queste riforme sono costate molto a BSA: alla fine dell’anno scorso la Chiesa mormone decise di interrompere i rapporti con l’organizzazione, ritirando oltre 400 mila scout. Oggi BSA ha meno di due milioni di iscritti. Al momento del picco, negli anni Settanta, gli scout negli Stati Uniti erano più di 4 milioni. Questo è un problema perché una parte consistente delle entrate di BSA deriva dalle quote di iscrizione.

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Da anni l’organizzazione ha cominciato a muoversi per proteggere i suoi asset economici dalla crisi e dalle azioni giudiziarie. Lo scorso febbraio, prevedendo l’arrivo di un’enorme quantità di denunce, BSA ha chiesto l’amministrazione controllata (in inglese si dice bankruptcy, ma non è bancarotta come si intende in italiano). La procedura di amministrazione controllata è stata pensata per le aziende in grave crisi e inseguite dai creditori: l’azienda viene messa sotto il controllo di un giudice che crea un fondo per i risarcimenti e conduce le trattative con i creditori (che in questo caso sarebbero le vittime di abusi sessuali), riunendo i molteplici casi giudiziari in uno solo.

Secondo i critici, la decisione di BSA di chiedere l’amministrazione controllata è un modo per proteggere i propri asset: la procedura, infatti, riguarda soltanto l’organizzazione nazionale e non i 261 consigli scout locali, che probabilmente saranno tenuti fuori dalle richieste di risarcimento. I consigli scout locali hanno con l’organizzazione federale un rapporto simile al franchising. Il fatto, però, è che circa il 70 per cento degli asset di BSA è posseduto da questi consigli locali: secondo calcoli fatti dal Wall Street Journal, i consigli avrebbero circa 3,3 miliardi di dollari tra proprietà immobiliari, investimenti e altri asset. Al contrario, l’organizzazione nazionale ha soltanto 1,4 miliardi di dollari di asset. Grazie all’amministrazione controllata, BSA è riuscita a indirizzare sull’organizzazione nazionale tutte le denunce, preservando gli asset dei consigli, anche se molti avvocati delle vittime hanno chiesto di inserire i consigli nel procedimento.

Questo espediente è stato usato anche da altre organizzazioni coinvolte in scandali di abusi su minori. Molte diocesi cattoliche americane hanno chiesto l’amministrazione controllata per proteggere da richieste di risarcimenti gli asset delle singole parrocchie. Lo stesso hanno fatto alcune federazioni sportive. Come già fatto dalle istituzioni religiose, inoltre, secondo i media americani BSA avrebbe approfittato del suo status di no profit per limitare la disponibilità ai creditori di alcuni asset, spostando denaro in fondi fiduciari e in altri strumenti finanziari.

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