(Xinhua/Jin Yu via LaPresse)

Le tre sfilate di Dolce & Gabbana a Milano

Tanto lusso, modelle famose, Instagram, millennials, ma abiti non molto innovativi: le foto e i video

Per l’ultima Settimana della moda di Milano, Dolce & Gabbana ha organizzato non una ma tre sfilate: una ai grandi magazzini della Rinascente giovedì, un’altra nel suo negozio sabato sera, riservata soltanto ai clienti più giovani, e quella vera e propria, domenica pomeriggio. Alla seconda hanno assistito di persona pochissimi ricchi e giovani millennials, insieme a selezionati giornalisti di moda: gli altri si sono dovuti accontentare di guardarla su Instagram, cosa che dice molto sull’uso dei social network dell’azienda e della sua attenzione verso i più giovani. È stata una collezione lussuosissima, con lunghi abiti in tulle e abiti di pizzo.

Le modelle alla Rinascente:

La sfilata per i millennials:

La collezione di domenica era intitolata “Regina di Cuori” ed era costruita attorno al mondo delle carte da gioco, che facevano anche da sfondo alla passerella. È stata aperta da 13 vestiti tutti col corpetto nero, ispirati a quelli indossati da Madonna e Linda Evangelista negli anni Novanta. Poi sono arrivati i soliti abiti pop: gonnellone con cipolle, pesci, piselli e cannoli siciliani, borse da cui spuntano carote e peperoncini, bottoni a forma di cavolo e occhiolani stravaganti. Il cibo è stato un tema molto presente su questi abiti disegnati per «per donne che preferiscono indossare i loro biscotti piuttosto che mangiarli», scrive il Guardian.

Lo spettacolo si è chiuso con tutte le modelle in passerella vestite in corpetti di pelle nera, con Crazy in Love di Beyoncé in sottofondo.

Nonostante Stefano Gabbana e Domenico Dolce abbiano spiegato di voler fare cose nuove, l’impressione generale è che puntino soprattutto al metodo e al pubblico, più che alla sostanza: è l’azienda di moda italiana che più di tutte cerca coinvolgere i millennials, anche facendo sfilare le modelle e i modelli più seguiti sui social network, che usa abilmente e dove è molto presente. In quanto agli abiti, però, non si è visto molto di nuovo: «Niente è sembrato particolarmente rivoluzionario. Tutto sembrava svolgersi in modo familiare, a partire dai vestiti tutti neri, tipicamente italiani», scrive per esempio la critica di moda Suzy Menkes su Vogue.

Ancora alla Rinascente:

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