(KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)

È cominciato il Tour de France

Con un percorso strano e un favorito meno favorito del solito: una guida completa

Il Tour de France – la più importante corsa del ciclismo su strada e uno degli eventi sportivi più seguiti al mondo – è iniziato oggi e finirà, dopo 21 tappe e 3540 chilometri, il 23 luglio: come succede dal 1975, l’arrivo dell’ultima tappa sarà sul viale degli Champs-Élysées, che porta all’Arco di Trionfo, a Parigi. L’inizio, invece, cambia sempre: stavolta è partito da Düsseldorf, in Germania. Quella di quest’anno è la 104esima edizione del Tour de France e tanto per cambiare il favorito è Chris Froome, il britannico della Sky che ha vinto tre delle ultime quattro edizioni. Froome sembra però un po’ meno più-forte-di-tutti rispetto agli ultimi anni, e il percorso è strano: ci sono pochi arrivi in salita e pochi chilometri a cronometro. Potrebbe esserci spazio anche per altri, e uno dei migliori tra gli altri è Fabio Aru, italiano dell’Astana: avrebbe dovuto partecipare al centesimo Giro d’Italia ma si è fatto male e ha cambiato piani. È in forma ed è uno di quelli che in genere fanno divertire i tifosi: perché rischia, prova, azzarda. L’unico recente Tour non vinto da Froome l’ha vinto Vincenzo Nibali, che a questo Tour non ci sarà.

Ci sono due modi per guardare le tappe di un giro ciclistico: dall’alto o di profilo. A guardarle dall’alto si vede che dopo la partenza da Düsseldorf (avrebbe dovuto essere a Londra, ma l’allora sindaco Boris Johnson cambiò idea all’ultimo) si andrà in Belgio – con arrivo a Liegi, e dove altrimenti – e in Lussemburgo. Il Tour passerà poi dalla Francia orientale per arrivare in quella meridionale: niente ovest e niente nord. Il Tour è anche noto come la Grand Boucle, un termine francese che significa “il grande circuito”: questo perché spesso in passato ha fatto un vero e proprio giro della Francia prima di arrivare a Parigi. Quest’anno un po’ meno. Il Tour del 2017 passerà però da tutte le principali catene montuose della Francia (non succedeva da 25 anni): il Giura, i Pirenei, il Massiccio centrale e le Alpi.

Guardandolo di profilo, si vede che questo Tour ha nove tappe pianeggianti, cinque di media montagna (ma va bene anche dire collina) e cinque di alta montagna, tre delle quali con arrivo in salita. Il punto più alto del Tour di quest’anno sono i 2642 metri del Col du Galibier, a circa due ore di macchina da Torino: è la salita del famoso scambio di borraccia tra Coppi e Bartali, anche se in realtà era una bottiglia, non una borraccia. La prima tappa sarà una cronometro di 14 chilometri e il primo arrivo in salita sarà il 5 luglio su La Planche de Belles Filles: è sui Vosgi e il Tour ci è già arrivato nel 2012 (vinse Froome) e nel 2014 (vinse Nibali). Il nome vuol dire “piana delle belle ragazze” e sembra derivi da una leggenda secondo la quale durante la Guerra dei Trent’anni, nel Diciassettesimo secolo, alcune ragazze dei vicini villaggi andarono a suicidarsi per non essere rapite dai soldati mercenari. Il giorno in cui vi conviene cancellare ogni eventuale impegno è il 9 luglio: ci saranno sette Gran premi della montagna, tre dei quali Hors Categorie (le più difficili) e quasi cinquemila metri di dislivello complessivo; l’arrivo è però dopo una lunga discesa.

Il 13 luglio ci sarà un’altra bella tappa con arrivo sul Peyresourde, nei Pirenei, e il 20 luglio l’arrivo ai 2360 metri dell’Izoard: un’altra salita storica del Tour. Prima dell’ultima tappa con arrivo a Parigi ci sarà, sabato 22 luglio, una cronometro di 22,5 chilometri: a Marsiglia, con partenza e arrivo nel famoso stadio Vélodrome, quello dove gioca l’Olympique Marsiglia e che ora, per ragioni di sponsor, si chiama Orange Vélodrome. Potrebbe essere la tappa decisiva.

Il percorso di questo Tour è strano perché le salite ci sono, ma tante volte non sono alla fine della tappa. E non ci sono nemmeno molti chilometri a cronometro complessivi: sono meno di 40; in passato sono spesso stati 60, 70 o 80. Le salite e le cronometro sono le cose che fanno più la differenza. Quindi: se dovesse essere un Tour equilibrato, senza un corridore davvero troppo più forte degli altri, potrebbe uscire una gara bellissima, con tanti ciclisti che dovranno inventarsi attacchi anche a molti chilometri dall’arrivo. Se un corridore dovesse rivelarsi nei primi giorni molto più forte degli altri, potrebbe invece finire per essere un Tour piuttosto monotono.

A proposito di corridori, quelli al via saranno 198, divisi in 22 squadre. Gli italiani sono 18: Aru punta alla classifica generale e magari a una vittoria di tappa, altri due che potrebbero vincere una tappa sono Sonny Colbrelli e Diego Ulissi, magari dopo una lunga fuga. I favoriti per le volate sono i tedeschi Marcel Kittel e Andre Greipel, ma bisognerà tenere d’occhio, tra gli altri, anche il britannico Mark Cavendish, che è a quattro vittorie di tappa dal record di Eddy Merckx (ne ha vinte 34), ma che non è al meglio della forma. Uno che potrebbe vincere almeno due o tre tappe è il campione del mondo Peter Sagan, che in certe tappe – non volate di gruppo (ma se cava benissimo anche lì) e non tappe di montagna – è il più forte di tutti. Il problema è che lo sanno tutti, che lui è il più forte, e fanno di tutto per non arrivare agli ultimi chilometri insieme a lui, perché altrimenti sanno che perderebbero quasi di sicuro. È anche il favorito per la maglia verde, che premia il vincitore della classifica a punti (si guardano cioè i piazzamenti, non i distacchi): l’ha già vinta negli ultimi cinque anni. Al Tour ci sono poi la maglia a pois (rossi su sfondo bianco), assegnata al miglior scalatore, e quella bianca per il miglior giovane. I favoriti per la maglia gialla – che è gialla perché quello era il colore delle pagine di L’Auto, che organizzò i primi Tour – sono:

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