Sabrina De Sousa, in una foto del 2012 (Nikki Kahn/The Washington Post via AP)

L’estradizione di Sabrina De Sousa

Una corte portoghese ha deciso di estradare in Italia un'ex agente della CIA che sarebbe coinvolta nel rapimento di Abu Omar, avvenuto nel 2003

Una corte d’Appello di Lisbona ha deciso di estradare in Italia Sabrina De Sousa, ex agente della CIA, coinvolta nel rapimento di Abu Omar nel 2003. De Sousa è una cittadina con doppio passaporto, portoghese e statunitense: lo scorso ottobre era stata arrestata all’aeroporto di Lisbona dalla polizia portoghese su richiesta italiana e le erano stati confiscati i passaporti in attesa della decisione del giudice se estradarla o meno. A dicembre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella aveva concesso la grazia ad altri due agenti coinvolti nel caso Abu Omar.

In Italia del caso di De Sousa si è occupato il procuratore Armando Spataro, che sostiene che De Sousa fosse tra gli organizzatori del rapimento. Spataro ha detto che se veramente De Sousa vuole dimostrare la sua innocenza deve venire in Italia a raccontare la sua versione. De Sousa si è sempre dichiarata innocente e aveva precedentemente dichiarato che in caso fosse stata decisa la sua estradizione avrebbe fatto ricorso alla Corte Suprema portoghese e qualora avesse perso anche lì a quella Costituzionale.

Abu Omar, il cui vero nome era Osama Hassan Mustafa Nasr, era un imam di Milano che venne rapito il 17 febbraio del 2003 dalla CIA con la collaborazione di agenti italiani. Venne sequestrato e portato in Egitto dove venne torturato, raccontò in seguito. Abu Omar è un cittadino egiziano ma all’epoca del sequestro era residente in Italia, dove si trovava con lo status di rifugiato. Dopo il sequestro è rimasto in carcere per diversi anni senza processo in Egitto. Il suo caso è stato al centro del primo processo civile che ha indagato le responsabilità delle detenzioni illegali statunitensi, e non è ancora stato chiarito fino in fondo il ruolo e l’effettiva collaborazione dei servizi segreti italiani con quelli degli Stati Uniti nella vicenda.

Da parte sua, l’imam aveva avuto una vita avventurosa e con qualche punto oscuro: mentre era titolare di un negozio in Albania, raccontò lui stesso ad Al Jazeera nel 2007, era stato avvicinato più volte sia dalla CIA che dai servizi segreti egiziani con la proposta di lavorare per loro, ma non aveva accettato. Abu Omar ha sostenuto inoltre che in Albania nel 1995 la CIA provò a rapirlo. Poi era andato in Germania per richiedere asilo politico, senza ottenerlo, e infine era andato a Milano dove aveva ottenuto finalmente lo status di rifugiato (dichiarò di essere «cittadino italiano con passaporto italiano») nel giugno del 2001. In Italia Abu Omar è stato indagato per coinvolgimento nel terrorismo internazionale e nei suoi confronti è stato emesso un mandato di arresto, dopo il suo rapimento: ma al momento del suo rapimento non era mai stato arrestato né interrogato dalle autorità italiane.

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