Nella sua rubrica quotidiana sul Foglio Adriano Sofri analizza la contraddittoria formulazione con cui un importante esponente della Chiesa Cattolica ha criticato martedì la decisione di Brittany Maynard, una donna americana che si è suicidata legalmente nello stato dell’Oregon perché malata gravemente di cancro.
Il presidente della Pontificia Accademia per la vita, mons. Carrasco de Paula, ha deplorato il suicidio della signora Brittany Maynard, precisando: “Non giudichiamo le persone, ma il gesto in sé è da condannare”. Mi sono rigirato fra le mani questa frase, e non ne sono venuto a capo. Mi sembra un equilibristico tentativo di tenere assieme il “non giudicare” – il “chi sono io per giudicare” – e la condanna. Il “gesto in sé” – an sich? – separato dalla persona di cui conclude la vita, è, in parole povere, una sciocchezza. Se la chiesa intende trattare il suicidio alla stregua di un omicidio, e la stessa eutanasia come un omicidio, potrà dire di un omicidio cosiddetto comune che non ne condanna l’autore, ma il gesto in sé?
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