Alla fine di settembre comincerà una nuova fase nelle operazioni di ricerca del volo MH370, l’aereo della Malaysia Airlines scomparso lo scorso 8 marzo con 239 persone a bordo. Il piano prevede di mappare metro per metro un’area dell’oceano indiano grande la metà dell’Italia e in gran parte sconosciuta: 150 mila chilometri quadrati. La mappatura sarà compiuta con droni sottomarini guidati da cavi. Tutta la parte di oceano in cui si compirà al ricerca è tra le meno conosciute al mondo e per questo motivo alcune navi stanno completando l’analisi della profondità marina in quella zona, una specie di “pre-mappatura” che è necessaria per evitare che i droni subiscano danni.
Lo strumento che è stato utilizzato fino ad ora si chiama ecoscandaglio e funziona inviando verso il fondale un segnale sonoro e misurando il tempo che il suono impiega a ritornare in superficie per calcolare la profondità dell’oceano. In questo modo si può ottenere una mappa approssimativa di valli e rilievi sul fondo dell’oceano che è essenziale per procedere alle operazioni con i droni sottomarini. Questi apparecchi, infatti, saranno trascinati con un cavo corazzato in fibra ottica lungo tutto l’area delle ricerche: un fondale sconosciuto potrebbe nascondere vulcani sottomarini in grado di distruggerli, oppure rilievi in grado di impigliare o tagliare i cavi che li trascinano.
– Com’è profondo l’oceano, in un profondo disegno
Il compito dei droni sarà quello di trovare l’aereo o almeno individuarne parte dei rottami. Le operazioni procederanno in maniera metodica, con i droni che saranno trascinati metro dopo metro lungo tutta l’area della ricerca in un’operazione che durerà almeno un anno. Nella ricerca i droni utilizzeranno fari, telecamere, sonar e sensori chimici in grado di individuare minuscole tracce di carburante d’aereo. La profondità del mare nell’area delle ricerche è tra i mille e i seimila metri e ha una superficie irregolare con moltissimi rilievi e avvallamenti. Questo, spiegano i responsabili della ricerca, significherà operazioni molto lente. Ci vuole molta prudenza e attenzione nel calare uno di questi droni in una valle in mezzo a due montagne sottomarine e a trascinarlo assicurandosi che non si scontri contro le pareti rocciose.
Dopo la scomparsa dell’aereo, analisi e ipotesi hanno portato a concludere che sia precipitato in mare per esaurimento del carburante nell’oceano indiano a ovest dell’Australia, lontanissimo dalla propria rotta originale, ma rimangono ancora ignote le circostanze di quello che è accaduto e della scelta dei piloti.
– Luca Sofri: Alla ricerca
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