Marco Alfieri, direttore del sito di news Linkiesta, ha confermato giovedì mattina con un proprio articolo le notizie sulle sue dimissioni che si erano diffuse negli ultimi due giorni. Linkiesta è uno dei pochi siti di news italiani generalisti e di qualche rilevanza tra quelli nati online – nel 2010 – e ha ottenuto attenzioni e visibilità ma traffico e investimenti insufficienti a coprire i propri costi, come spiegava lo stesso Alfieri in un editoriale di due settimane fa. Dopo una prima crisi che aveva portato alle dimissioni del precedente direttore e fondatore Jacopo Tondelli, in questi giorni la società è di nuovo in difficoltà economiche e di senso, difficoltà di cui le dimissioni di Alfieri fanno evidentemente parte.
L’altro giorno ho rassegnato le dimissioni dalla direzione de Linkiesta. Ho ritenuto non ci fossero più le condizioni, i mezzi e la prospettiva per proseguire e provare a sviluppare la mia idea di giornale. È una scelta serena, senza rancori. Nessuna tragedia. Un paio di settimane fa ho scritto una lunga riflessione in cui raccontavo quel che si impara lavorando in un giornale digitale e descrivevo una sorta di piccolo manifesto al tempo della grande distruzione tecnologica e della disintermediazione tra contenuti e contenitori. Da quell’articolo è scaturito un dibattito interessante (qui, qui, qui, qui e qui) che spero si allarghi sempre più anche ai protagonisti della carta stampata. Ne abbiamo urgente bisogno.
Il mio articolo poteva essere un epitaffio o un nuovo inizio a Linkiesta. Si è rivelato un epitaffio, ma sono convinto che resti quella la sfida su cui dobbiamo misurarci tutti, nessuno escluso, senza alibi: editori, aziende, manager, giornalisti, blogger, collaboratori e tutte le competenze diverse dal giornalismo tradizionale che servono per fare un prodotto al passo coi tempi. Se hanno un (piccolo) senso le mie dimissioni è proprio questo: rompersi la testa su come fare un giornale bello, autorevole, divulgativo, radicalmente nuovo e quindi sostenibile, capace di produrre ricavi.
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