«Il luogo comune è il linguaggio, ormai», scrive Guido Ceronetti su Repubblica oggi, elencando una serie di pigri cliché linguistici di cui i media e i giornali – compreso quello che pubblica l’articolo di Ceronetti contro i luoghi comuni – riempiono le loro esposizioni, e che poi ricadono nel linguaggio di lettori, spettatori televisivi, ascoltatori della radio, e italiani tutti. Al Post avevamo abbozzato una lista e una riflessione sul tema, Ceronetti la porta avanti, ma è una fatica improba. Ops.
Il luogo comune, sciagura a noi, è il linguaggio , ormai, è il parlato italiano della fine. Ne elenco un certo numero: anche un piccolo esito (cento, duecento bravi che lo escludano dalle loro comunicazioni verbali, specie se pubbliche) merita il canto di Simonide per i caduti delle Termopili. Cominciamo dal più logoro, dal più scopino di latrina infetta, dal rifugio di tutti i predicanti: rimboccarsi le maniche!
Posso dire che, nella mia lunghissima carriera scribacchina, non l’ho mai usato: lo scrivo adesso soltanto per svergognarlo, additarlo al disprezzo, schernirlo.
È il re dei luoghi comuni, un non invidiabile trono. È il transito obbligatorio di tutte le scempiaggini politiche. Signore Iddio, sappiamo quanto sei tirchio nell’elargire salvezze, ma dà orecchio a questo granellino di senape di supplica: liberaci dalle maniche rimboccate, dai loro rimboccatori, dall’ideologia rimbocchista, dal rimbocchimento generale dell’italiano medio e universitario.
Tradotta in sermone legittimo la locuzione significa molto semplicemente “lavorare con impegno”, cosa che a nessuno piace, mentre a rimboccarsi le maniche tutti sono pronti sempre. La metafora è di epoca agricola (tra il Gesualdo verghiano e il Doganiere Rousseau) ed è forse ancora perspicua in sopravvissute gare bocciofile. Oggi i benemeriti dei lavori agricoli hanno maniche corte e canottiere di filo di Scozia fragranti. Ma avrete visto il cavalier Mussolini in piedi sulla trebbiatrice, a torso nudo, tra i covoni dorati e le massaie incinte: come si sarebbe rimboccate le maniche, pur operando con tanto impegno per l’Istituto Luce?
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