Oggi Roberto Saviano racconta su Repubblica la figura di Michele Zagaria, capo dei casalesi arrestato ieri nel casertano, spiegando perché si tratta di una specie di camorrista ibrido. E perché oltre alle azioni di polizia serve che lo Stato faccia sempre di più sul fronte economico, del sequestro di beni e patrimoni.
Vorrei che questa storia fosse letta dal premier Mario Monti, dal ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera e dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. So che la loro sensibilità non rimarrebbe muta se approfondissero questi temi.
La storia che racconto è stata scritta dalla procura antimafia. Dai pubblici ministeri Federico Cafiero De Raho, Antonello Ardituro, Catello Maresca, Raffaello Falcone, Franco Roberti e Raffaele Cantone. Dalla polizia, dai carabinieri, dalla Guardia di finanza. E soprattutto è una storia che riguarda non la mia sfortunata terra, non semplicemente Casal di Principe, il comune più sciolto nella storia d’Italia, ma riguarda l’intero paese e l’economia di questo paese.
Michele Zagaria era un imprenditore, è un imprenditore. È un imprenditore camorrista, non un camorrista imprenditore. Sembra uno scioglilingua, ma non lo è. Non è un camorrista che ha fatto soldi e quindi si è messo a fare impresa con denaro sporco. Al contrario è un casalese e precisamente di Casapesenna – un piccolo paese vicino a Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa, i tre paesi dell’Agro Aversano con i maggiori problemi – partito come costruttore, come imprenditore, e ha sempre continuato a comportarsi da imprenditore.
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