Gli stretti di Tiran sono i passaggi marittimi nell’estremo nord del mar Rosso, sul margine orientale della penisola del Sinai, che separano l’Egitto dall’Arabia Saudita. Da circa trent’anni esistono progetti di costruzione di un ponte, che sarebbe lungo intorno ai 30 chilometri, per unire direttamente i due paesi. Funzionari del Ministro dei Trasporti egiziano avrebbero confermato recentemente allo Spiegel l’approvazione definitiva del progetto da parte del governo egiziano, e che il primo ministro egiziano Essam Sharaf avrebbe incaricato il generale Abdul Aziz di sovrintendere alla costruzione.
I due paesi verrebbero uniti dalla località di Ras Nasrani, vicino a Sharm el-Sheikh, a Ras Hamid, nell’Arabia Saudita nordoccidentale. Il collegamento ha un grandissimo valore commerciale e geopolitico: per la prima volta dalla fondazione dello stato di Israele nel 1948, gli stati arabi che lo circondano avrebbero un collegamento diretto via terra, senza dover attraversare il territorio di Israele (il cui governo impedisce da sempre il traffico ferroviario da un paese arabo all’altro e pone serie limitazioni a quello di autoveicoli). L’Arabia Saudita potrebbe vendere il suo petrolio via terra ai mercati africani, e il traffico marittimo attraverso il mar Rosso diminuirebbe sensibilmente.
Le conseguenze negative maggiori sarebbero per la Giordania, che attualmente è uno sbocco marittimo fondamentale per le esportazioni saudite, e per Israele, che vedrebbe il suo accesso all’area del mar Rosso pesantemente condizionato da relazioni amichevoli con l’Egitto. I maggiori vantaggi dalla costruzione del ponte sarebbero per l’Arabia Saudita: al di là dei vantaggi commerciali, il paese aumenterebbe parecchio la sua influenza sull’Egitto del dopo-Mubarak.
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