Amazon ha cambiato anche la robotica

Nel 2012 ha comprato la società che produceva i migliori robot per i magazzini e ha smesso di venderli a tutti i concorrenti, che hanno dovuto attrezzarsi

di Kim Bhasin e Patrick Clark – Bloomberg

Un robot Kiva in un centro di Amazon a Tracy, in California, il 20 gennaio 2015 (Justin Sullivan/Getty Images)
Un robot Kiva in un centro di Amazon a Tracy, in California, il 20 gennaio 2015 (Justin Sullivan/Getty Images)

Un magazzino di Amazon è un vortice di attività. Ci sono dipendenti che corricchiano in giro lasciando cadere oggetti dentro casse gialle e nere, altissime braccia idrauliche che alzano pesanti scatole verso delle travi, un esercito di tozzi robot arancioni che sembrano giganti dischi da hockey senzienti che scivolano sul pavimento con sopra impilati degli alti mucchi di oggetti che servono a soddisfare i desideri dei clienti, dai bestseller agli articoli da cucina. Sono i robot di Kiva, che in passato erano il gioiello dei magazzini di tutto il mondo. Per acquistare questa legione di robot, nel 2012 Amazon sborsò 775 milioni di dollari. Con l’acquisizione di Kiva Jeff Bezos, il 52enne CEO della società, ha ottenuto il controllo di un intero settore. Bezos decise di usare i robot esclusivamente per Amazon, mettendo fine alle vendite dei prodotti di Kiva ai gestori di magazzini e ai rivenditori che già li usavano. Con la fine dei loro contratti, chiunque non sia Amazon ha dovuto trovare altre opzioni per rimanere al passo della sempre più alta domanda di velocità da parte dei clienti. Il problema è che non c’erano altre opzioni: c’era Kiva e basta.

Ci sono voluti quattro anni, ma oggi una manciata di startup sono finalmente pronte a rimpiazzare Kiva e rifornire i magazzini di tutto il mondo con dei nuovi robot. I robot Kiva di Amazon hanno dimostrato che questo tipo di automazione è più efficiente rispetto a una forza lavoro composta interamente da esseri umani. I nuovi robot hanno un aspetto diverso, in parte perché il settore sta ancora sperimentando e in parte per questioni legate ai brevetti. Alcuni di loro recuperano gli oggetti dagli scaffali, mentre altri si spostano velocemente con i loro touchscreen. Tutti, però, servono a far risparmiare soldi ai rivenditori, che cercano di fare arrivare i loro prodotti a casa dei clienti il più in fretta possibile.

Nei magazzini di Amazon in giro per il mondo ci sono circa 300mila robot Kiva che si muovono rapidamente. Secondo Dave Clark, il vice presidente responsabile per le operazioni globali e il servizio clienti di Amazon, l’arrivo dei robot ha ridotto di circa il 20 per cento le spese operative della società. Stando a un’analisi di Deutsche Bank, i robot fanno risparmiare ad Amazon 22 milioni di dollari in costi di logistica. Portare i Kiva nei circa cento centri di distribuzione della società che non li usano farebbe risparmiare alla società altri 2,5 miliardi di dollari. «Per avere successo nel settore dell’e-commerce bisogna essere sofisticati all’interno dei magazzini», ha detto Karl Siebrecht, CEO di Flexe, che si definisce l’Airbnb dei magazzini. Amazon è stata la prima società ad accettare la sfida di mettere in un’unica scatola per la consegna a domicilio tutti gli articoli ordinati, per esempio. Con la crescita dell’e-commerce nel settore del commercio al dettaglio, oggi sono più società a farlo. «Le argomentazioni a favore dell’automazione nel settore stanno aumentando», ha detto Siebrecht.

Amazon, però, è l’unica società a usare questa tecnologia su larga scala, in gran parte grazie a Kiva. Nei magazzini dei maggiori rivenditori del mondo, come Walmart, Macy’s e Target, i sistemi robotici non sono ancora così diffusi. Queste società si affidano ancora al metodo tradizionale, gli esseri umani: stuoli di persone che si occupano di prendere gli articoli, impacchettarli e poi piazzare le scatole su i nastri trasportatori. I nuovi produttori di robot hanno un potenziale mercato spalancato davanti a loro. Le società che si occupano di logistica e gestiscono da sole i propri magazzini hanno iniziato a progettare sistemi di automazione, quando ingegneri ambiziosi si sono accorti del buco aperto da Bezos nel mercato e hanno deciso di occuparlo. Alcuni ex dipendenti di Kiva hanno fondato una startup. La gara per l’automazione è iniziata.

Il moderno magazzino è una scatola rettangolare con soffitti alti 12 metri, aree di carico su entrambi i lati e, spesso, migliaia di parcheggi per i dipendenti, che durante la stagioni dello shopping aumentano. Di recente i rivenditori hanno chiesto una cosa nuova: dei pavimenti che si avvicinino all’idea platonica di piattezza, una caratteristica che facilita la vita agli esperti di tecnologia che gestiscono la flotta di robot del magazzino. Nonostante l’automazione sia da tempo una minaccia che incombe sugli operai dell’industria, ci sono dei buoni motivi per pensare che la loro situazione stia per peggiorare. Stando ai dati destagionalizzati dell’ufficio statistico del Dipartimento del Lavoro americano, a maggio negli Stati Uniti i lavoratori impiegati in magazzini erano 856mila. Il loro stipendio medio è circa 12 dollari l’ora, ha detto David Egan, capo della ricerca industriale per il continente americano della società immobiliare commerciale CBRE Group. Gli aumenti al salario minimo presi in considerazione e applicati negli Stati Uniti a livello statale potrebbero fare aumentare il costo del lavoro, soprattutto in aree vicine ai centri cittadini, zone molto richieste dai rivenditori che cercano di raggiungere Amazon nel settore delle consegne fatte lo stesso giorno dell’ordine.

Investire in centri di distribuzione automatizzati potrebbe offrire alle società un vantaggio per questo tipo di incertezza, ma a farne le spese sarà un numero sempre maggiore di americani che fanno affidamento sui lavori nei magazzini per sopravvivere. I robot non sono solo in grado di ridurre i costi per il personale sul lungo termine, ma possono anche tutelare i datori di lavoro dalla carenza di personale, una prospettiva particolarmente inquietante per i rivenditori più grandi nel periodo natalizio. I robot possono contribuire ad aumentare la velocità, la precisione e la produttività per metro quadro, in un periodo in cui la crescita dell’e-commerce ha fatto alzare gli affitti degli edifici a uso commerciale.

Tutto questo ha spinto i gestori dei magazzini a sperimentare nuove forme di automazione. «Alcune società la stanno adottando su larga scala, e la maggior parte ha almeno un progetto pilota in una zona limitata o in un magazzino», ha detto Raj Kumar, socio della società di consulenza AT Kearney. Come la catena di negozi al dettaglio americana Walmart, che usa i robot per spedire i vestiti acquistati sul suo sito e-commerce, ha detto Kumar. Walmart sta sperimentando anche l’uso di droni per fotografare gli scaffali dei magazzini, che fanno parte di una strategia per ridurre il tempo necessario per catalogare l’inventario. «I magazzini sono posti molto tecnologici», ha detto Bruce Welty, cofondatore e presidente di Locus Robotics, una società che ha sviluppato robot pensati per lavorare insieme, e non sostituire, gli essere umani. «Perché l’automazione è l’unico modo per eliminare dei costi», ha detto.

Locus è una società staccatasi da Quiet Logistics, che possiede due magazzini in Massachusetts, che fa da punto di passaggio per i prodotti di e-commerce che vengono distribuiti nel corridoio nordorientale degli Stati Uniti. Welty e i suoi cofondatori avevano basato la loro attività di distribuzione sui robot Kiva. Avevano sviluppato software intorno ai robot per migliorarne l’efficienza nello spostamento delle merci per rivenditori come Zara, Gilt e Bonobos. Ma poi Amazon ha fatto saltare tutto. «Una volta dissi al mio consiglio di amministrazione, per caso, quasi per scherzo: “Saremmo davvero fregati se Amazon si comprasse questa società”», ha raccontato Welty. «Ma non avrei mai pensato che sarebbe successo davvero». Una mossa del genere, il ritiro di massa di uno specifico tipo di tecnologia, non aveva precedenti nel settore dei magazzini. Di solito una società ne compra un’altra e continua a vendere la tecnologia ai clienti tradizionali. In fondo è lì che stava il guadagno. Ma non per Amazon, che ha voluto tenere per sé i robot di Kiva.

All’inizio del 2014, Quiet Logistics ha deciso di fare il grande salto. Invece di usare la tecnologia di un’altra società ne avrebbe sviluppato una sua. Welty ingaggiò una squadra di esperti di robotica e ingegneri. Nel giro di un anno avevano sviluppato un prototipo. Nel giro di due, Locus era operativa, e si distaccò per diventare una società a sé stante. A maggio Locus ha raccolto otto milioni di dollari in finanziamenti. Per ora il ronzio dei suoi robot si può sentire solo nei corridoi dei magazzini di Quiet Logistics, ma la società dice di aver raggiunto accordi con tre importanti rivenditori per progetti pilota che potrebbero essere avviati entro la fine dell’estate, e di avere in programma di aggiungere una dozzina di magazzini l’anno prossimo. I robot di Locus sono molto più piccoli di quelli di Kiva: dalla base circolare parte un supporto con una piattaforma su cui inserire le ceste piene di merci. I robot hanno un touchscreen ad altezza petto, una sorta di podio su ruote, che permette loro di far sapere ai dipendenti di cosa hanno bisogno. Invece di trascinarsi dietro intere ceste di prodotti, i robot si spostano rapidamente verso i dipendenti del magazzino, a cui comunicano cosa prendere. I dipendenti umani – ogni persona è responsabile di una determinata zona – recuperano gli oggetti e li danno ai robot, che quindi si spostano verso il punto successivo. In questo modo le persone non si sfiancano camminando ogni giorno per chilometri, e il magazzino non è rallentato da nastri trasportatori capaci solo di spostare un oggetto da un determinato punto a un altro. Forse questo è l’esempio della perfetta armonia lavorativa tra esseri umani e robot.

Fetch Robotics, una società di San Jose, in California, produce robot per i magazzini che sono in grado di seguire i dipendenti e raccogliere gli oggetti che prendono dagli scaffali. Harvest Automation, di Billerica, in Massachusetts, ne vende una versione simile. Anche in Europa ci sono società specializzate in sistemi di automazione di vecchia generazione, spesso basati sui nastri trasportatori e metodi per spostare la merce tramite navette che viaggiano su binari. Mentre molti dei nuovi sistemi si concentrano sullo spostamento dei prodotti, un’intera generazione di robot sta provando ad automatizzare il processo di raccolta degli oggetti dagli scaffali usando metodi più agili. Come Toru, per esempio, un robot creato dalla società tedesca Magazino capace di prendere singoli oggetti dagli scaffali. Oppure 6 River Systems, una startup di Boston fondata da ex dirigenti di Kiva, che attualmente sta svolgendo alcuni programmi pilota per dei nuovi prodotti non ancora svelati. «La quantità di opportunità è incredibile», ha detto Welty parlando della concorrenza. «Kiva ha aperto la strada, ma ha fatto il lavoro solo in parte».

Amazon sembra averlo capito. Quando gli altri magazzini diventano più efficienti, deve farlo anche Amazon. Nel suo laboratorio di robotica, che si trova in un complesso industriale costruito nei boschi di North Reading, in Massachusetts, e circondato da aziende di elettronica e biofarmaceutica nel cuore tecnologico dello stato, Amazon sta sviluppando sistemi di automazione di ogni tipo nella speranza di ridurre i costi e accelerare la logistica. Insieme ai Kiva, Amazon sta lavorando anche sui droni: e questi sono solo i progetti di cui la società ha parlato. «Non ho idea di dove voglia arrivare Amazon», ha detto Jason Helfstein, analista di Oppenheimer & Co., «Svilupperanno veicoli autonomi? Camion che si guidano da soli?».

A marzo le società di robotica hanno partecipato in massa a una conferenza segreta organizzata da Amazon in California. Nel corso di tre caldissimi giorni nel resort Parker Palm Springs, i partecipanti hanno seguito conferenze e seminari su qualsiasi argomento, dall’intelligenza artificiale all’esplorazione dello spazio. C’erano rappresentanti di Intel e Toyota Motors, esperti di robotica da società di ogni tipo, e accademici dalla vicina University of California-Berkeley fino alla lontana Zurigo. C’era anche Bezos, che sorseggiava whiskey single-malt, chiacchierava con gli ospiti e si presentava sul palco delle conferenze indossando un esoscheletro. Ha partecipato anche il regista Ron Howard (che, tra gli altri, ha diretto Apollo 13), e si sono viste braccia robotiche che duellavano con spade laser di Star Wars. Amazon offriva uva e bevande su tavoli installati sopra a robot Kiva arancione chiaro. Agli ospiti era stato chiesto di non diffondere dettagli sulla conferenza, e Amazon non ha parlato delle sue strategie nel campo della robotica. Negli ultimi quattro anni i suoi dirigenti non hanno quasi mai parlato dell’acquisizione di Kiva, ma ci sono rare occasioni in cui Bezos racconta piccoli particolari di altri progetti che hanno a che fare con quelli di robotica. Nel 2014, Bezos aveva detto che la flotta di droni di Amazon era arrivata alla sua decima o undicesima versione, mentre a giugno ha reso noto che Amazon sta lavorando da quattro anni sull’intelligenza artificiale, a cui oggi dedica oltre mille dipendenti. «L’impatto che avrà sulla società nei prossimi vent’anni sarà enorme». Quest’anno Amazon ha cambiato il nome di Kiva. Ora la nuova divisione della società, Amazon Robotics, sta cercando un capo che possa contribuire a sviluppare una «piattaforma robotica», stando a quanto riportato nell’offerta di lavoro pubblicata su Linkedin.

Per quanto promettente possa essere tutta questa tecnologia, i robot non rimpiazzeranno del tutto i magazzini gestiti dagli esseri umani, almeno per ora. La componente umana è ancora considerata migliore per i lavori importanti, come assicurarsi che il giusto prodotto finisca nella scatola giusta. Alcuni nuovi sistemi di automazione sono in grado di prelevare i prodotti dagli scaffali. È il caso di IAM Robotics, una società di Pittsburgh, in Pennsylvania, che usa veicoli che si guidano da soli su cui è montato un braccio ruotante capace di afferrare con una ventosa oggetti anche piccoli quanto un portapillole. Anche questo approccio ha però bisogno di un essere umano che riempa gli scaffali, in modo che il processo di selezione dei robot sia preciso, ha raccontato Dean Starovasnik, della società di consulenza Peach State Integrated Technologies. Circa la metà della forza lavoro di Amazon svolge lavori banali e faticosi che comportano lo spostamento della merce, l’equivalente di rifornire gli scaffali in un supermercato. È un lavoro duro, e i dipendenti spesso si fanno quasi 20 chilometri durante una giornata lavorativa. Con lo sviluppo dei nuovi robot destinati soprattutto a magazzini e-commerce con grandi inventari e complesse operazioni di imballaggio, sono queste le persone che rischieranno di più di perdere il lavoro.

© 2016 – Bloomberg