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  • Domenica 10 luglio 2016

Anche i giornali britannici sono in crisi

Nonostante sia uno dei maggiori mercati mondiali per la stampa, molte importanti testate hanno grosse difficoltà: anche il Guardian

di Eric Pfanner e Kristen Schweizer – Bloomberg

Un cartello di Fleet Street, a Londra (Graeme Robertson/Getty Images)
Un cartello di Fleet Street, a Londra (Graeme Robertson/Getty Images)

I quotidiani britannici – sia i tabloid, con i loro titoli ammiccanti e le notizie che svariano dagli articoli sensazionalistici sui peccatucci dei politici, che i giornali istituzionali, con le loro sobrie analisi – hanno resistito per molto tempo al massacro digitale che ha decimato il settore del giornalismo in altri paesi. A vent’anni dall’inizio dell’era di Internet, il Regno Unito ha ancora almeno dieci giornali a diffusione nazionale. Il giorno del giudizio, però, è vicino: le entrate dal settore digitale non riescono a compensare il calo della pubblicità sui giornali di carta, e i cellulari – su cui i banner hanno una resa ancora più bassa – stanno diventando il dispositivo principale per molti lettori. Fleet Street – la via di Londra che ospitava i principali giornali britannici prima che la maggior parte di loro si trasferisse negli anni Ottanta, e che ancora oggi viene usata come sinonimo di “giornalismo britannico” – sta tagliando posti di lavoro e cercando affannosamente di trovare dei modi per sostenere la pubblicità e la tiratura dei giornali.

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A marzo l’Independent ha chiuso la sua edizione cartacea, puntando esclusivamente su quella online. Il Telegraph sta chiudendo la sua mensa aziendale. Il Guardian taglierà 250 posti lavoro per ridurre i costi del 20 per cento. Questa primavera Trinity Mirror, la società proprietaria del Mirror, ha chiuso un nuovo giornale dopo meno di tre mesi dalla sua apertura. Persino il Daily Mail, la cui versione cartacea ha mantenuto un nutrito numero di lettori e che allo stesso tempo ha il più grande sito di news in inglese del mondo, ha comunicato di avere problemi con la pubblicità. «Temevo sarebbe successo», ha detto David Banks, ex direttore del Mirror ed ex caporedattore del New York Post. «Il castello di carte sta crollando».

Il Regno Unito rimane il quinto mercato al mondo per i giornali, e ogni anno genera l’equivalente di oltre 7 miliardi di euro in entrate. La chiusura della versione cartacea dell’Independent, insieme all’interesse generato dal referendum sull’uscita del Regno Unito dall’UE del 23 giugno, ha dato una piccola spinta ad alcune testate. Ad aprile Guardian, Telegraph e Times hanno tutti riportato un aumento della tiratura di almeno il 2,9 per cento. Le prospettive a lungo termine però sono cupe, dal momento che le entrate dal digitale, sebbene in crescita, non possono risollevare il settore. Secondo l’Associazione mondiale della carta stampata, nel 2015 solo il 62 per cento degli adulti britannici ha letto un giornale almeno una volta la settimana: nel 2011 erano il 70 per cento. L’anno scorso le vendite di spazi pubblicitari sui giornali di carta hanno raccolto poco più di 2 miliardi di euro contro i 5,4 del 2005, secondo la società di media ZenithOptimedia. L’anno scorso le entrate da pubblicità digitale raccolte dai giornali britannici sono state in totale di quasi 462 milioni di euro, e hanno lasciato un deficit di 2,5 miliardi di euro. «Stavano tutti aspettando il momento in cui la pubblicità online avrebbe compensato il declino dei giornali di carta», ha detto Alex De Groote, un analista che si occupa di media per Peel Hunt a Londra. «La svolta non è arrivata, e non arriverà mai».

Il Guardian, per esempio, ha investito molto sul digitale sotto l’ex direttore Alan Rusbridger, ma la sua versione online ha continuato a essere gratuita. Nonostante il quotidiano abbia il secondo sito di news in inglese più letto al mondo, con 39 milioni di visitatori unici al mese contro i 50 milioni del Daily Mail, secondo la società di ricerca ComScore le entrate pubblicitarie non sono riuscite a tenere il passo del calo degli introiti della carta. La tiratura del Guardian è diminuita di oltre la metà negli ultimi dieci anni, arrivando a 169 mila copie ad aprile. Guardian Media Group, che pubblica il Guardian e l’Observer, che esce solo la domenica, ha detto di prevedere una perdita operativa di oltre 68 milioni di euro relativamente al periodo di dodici mesi che si è concluso a marzo. David Pemsel, CEO del Guardian Media Group, ha detto di puntare a raggiungere il pareggio entro tre anni grazie a una rinnovata attenzione sulle entrate digitali da fonti diverse dalla pubblicità. «Gli ultimi dodici mesi sono stati un vero e proprio segnale d’allarme per il settore», ha detto Pemsel.

Gli editori hanno provato di tutto per trattenere i lettori. Il Telegraph regala bottigliette d’acqua a chi compra il giornale in uno dei minimarket della catena WH Smith. A febbraio, Trinity Mirror, la società proprietaria del Mirror, ha messo sul mercato New Day, un tabloid che puntava ad attirare le donne che avevano smesso di leggere i giornali. New Day aveva una linea editoriale dai toni positivi e pubblicava articoli su famiglie, figli e relazioni: non si occupava né di sport né di cronaca nera. Lo slogan del tabloid – «la vita è breve, vivila bene» – si è rivelato profetico: il giornale ha chiuso dopo meno di tre mesi. News Corp, la società di Rupert Murdoch che pubblica sia il serio Times che il Sun, un tabloid pieno di pettegolezzi sui personaggi famosi e notizie sportive, ha introdotto delle tariffe per i suoi contenuti online, ottenendo risultati contrastanti. Il Times ha iniziato a richiedere ai lettori di abbonarsi per leggere gli articoli sul suo sito nel 2010, e oggi ha oltre 170mila abbonati alla sua versione digitale. Dal 2015 il Sun, invece, ha reso gratuiti i contenuti sul suo sito due anni dopo aver introdotto un sistema di pagamento, e prevede di aggiungere al proprio sito un servizio di scommesse online, che si aggiungerà a “Dream Team”, un fantacalcio online. «Invece di pensare al Sun solamente come a un giornale, lo si considera un brand», ha detto David Dinsmore, chief operating officer di News UK.

La pubblicazione commerciale Trade ha raccontato a maggio che Trinity Mirror avrebbe avvicinato altri editori di giornali per discutere delle possibilità di una fusione tra le diverse attività di vendita pubblicitaria delle società, in modo da ottenere più potere contrattuale con i responsabili dell’acquisto di spazi pubblicitari delle agenzie. Trinity Mirror non ha voluto commentare. Persino il Daily Mail – che si era differenziato dalle altre testate nel settore, riuscendo a limitare al minimo il calo delle vendite della versione cartacea, attirando allo stesso tempo i lettori online proponendo regolarmente articoli sulle sorelle Kardashian, Kate Moss e Cristiano Ronaldo – non è rimasto indenne. A maggio le azioni della società proprietaria del Daily Mail, Daily Mail & General Trust, hanno avuto un brusco calo quando la società ha comunicato che le entrate pubblicitarie erano scese del 13 per cento negli ultimi sei mesi.

La crisi del settore ha sconvolto il delicato equilibrio politico di Fleet Street, ha raccontato Tim Luckhurst, professore di giornalismo alla University of Kent ed ex direttore del giornale The Scotsman. I giornali britannici tradizionalmente hanno sempre teso esplicitamente a destra o a sinistra. La scomparsa dell’edizione cartacea dell‘Independent – un giornale di sinistra – e la prospettiva che altre testate facciano la stessa fine potrebbero «ridurre l’eterogeneità e la pluralità delle pubblicazioni nazionali dalle quali la Gran Bretagna dipende dalla fine del 19esimo secolo», ha detto Luckhurst. «In un contesto nel quale ci si aspetta che i giornali siano di parte, l’equilibrio tra le opinioni è davvero importante».

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