Bene, pioveva dunque. E alle 10 la situazione dei relatori era questa: presente il country director di Google Italia Stefano Maruzzi; presente Mikaela Bandini che era arrivata da Matera, non proprio una città vicina e ben collegata, per parlarci dei suoi bei progetti che incrociano web e turismo; presente il moderatore (io). Assenti tutti i politici. In compenso anche la sala era vuota (otto persone) e quindi ne abbiamo approfittato per asciugarci.
Piccolo inciso: la sala vuota oramai è una costante di tanti eventi così. Chi segue questo blog sa che ne ho parlato in occasione della giornata per ricordare Maria Grazia Cutuli organizzata dal Corriere della Sera in Campidoglio prima dell’estate, e poi alla Giornata dell’Innovazione del PD a Venezia a settembre. Questo, ripeto, deve farci riflettere sulla usura di una formula come il convegno che costa dei soldi e ormai serve quasi solo per gratificare l’ego dei relatori che si trovano dalla parte nobile del tavolo, incuranti del fatto che il pubblico in sala non c’è più. Pensiamoci, esistono tanti altri modi più efficaci per fare comunicazione e lobby).
La sala era bellissima in compenso: uno schermo per ogni postazione, roba seria. Mi sono illuso e ho chiesto se ci fosse un collegamento wifi. Un funzionario in livrea mi ha guardato preoccupato: “Non si può”. E perché?. “E’ pericoloso…”, mi ha detto e si è allontanato velocemente. Non vorrei essermi sbagliato, ma mi è sembrato sinceramente spaventato. Non ho insistito.
“Intanto” è diventato un lasso di tempo senza fine. Per un’ora e mezza io e Maruzzi abbiamo parlato dell’universo mondo in un dialogo surreale, che a tratti sembrava preso da un libro di Calvino. Per la nostra dozzina di pazientissimi ospiti naturalmente abbiamo cercato di dire cose utili e sensate, io per esempio mi sono levato tutti i dubbi che avevo su Google Italia e in sostanza ho capito due cose: il clima è migliorato nei loro confronti, ovvero l’astio che avevo registrato qualche mese fa all’Aspen Institute ha lasciato il posto ad un atteggiamento più collaborativo; e poi ho capito che un loro progetto dedicato alle nuove imprese sta andando molto bene e presto ci daranno dei dati.
Lo confesso, a quel punto ero abbastanza perplesso. Con Romani c’era stato il solito botta e risposta in punta di fioretto: Romani è dialetticamente abile, quando gli ho contestato qualcosa mi ha chiamato “ragazzo sveglio”, poi a sorpresa ha elogiato il potere di Internet nel far cadere i dittatori e ci ha salutato.
A Cesare Cursi, democristianone romano degli anni 90, oggi alla guida di una commissione del Senato per conto PDL, ho chiesto più o meno testualmente: prima la legge antiwifi, poi quella sui blog, lo sciopero di wikipedia, in mezzo tante castronerie… ma voi in Parlamento lo sapete di cosa parliamo quando parliamo di Internet? E Cursi è stato onesto: “Sinceramente no, lo ammetto”. Ha poi fatto un lungo discorso il cui senso era: “Quanto sono importanti appuntamenti come questo…”.
Ho quindi dato la parola al senatore PD Filippo Bubbico pensando, adesso questo spara a zero, ora ci spiega per benino che sulla Rete stanno sbagliando tutto. E invece Bubbico ha iniziato dicendo che era d’accordo con il ministro e con il senatore. Sì certo, con qualche distinguo, ma insomma…
Per le conclusioni del senatore Quagliarello sono ripartito dall’elogio di Romani della primavera araba: e se la Rete in Italia spazzasse via tutti voi? Quagliarello ha fatto un lungo e dotto ragionamento, ricco di riferimenti alla scienza della politica che lui insegna all’università. Qualcuno in sala si è stupito della bravura del professore ed ha apprezzato tanto neonato interesse per il fenomeno rete.
Era ormai quasi l’una e mezzo; a Roma in casi simili diciamo “si è fatta una certa…”. In compenso non pioveva più.
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