matematica per analogie

Non è che i matematici predichino bene e razzolino male: il punto è che loro sono inconsciamente abituati a distinguere la scoperta di una proprietà dalla sua dimostrazione, ma si dimenticano di mostrare il momento della scoperta.

La scorsa settimana Douglas Hofstadter era a Bologna, a ricevere una laurea honoris causa in “Progettazione e gestione didattica dell’e-learning e della media education” (boh). Il giorno dopo, sempre a Bologna, ha tenuto una conferenza intitolata “L’onnipresenza dell’analogia in matematica”, conferenza che mi ha visto in prima fila tra il pubblico. Ho pensato di riportare qui una parte della conferenza, quella su un teorema aritmetico di Stanislaw Ulam, perché potrebbe spiegare come fanno i matematici a essere matematici, e soprattutto perché chi matematico non è si trova a malpartito.

Dopo aver spiegato che i matematici mettono sempre tutti in guardia dall’errore di pensare che una qualche proprietà sia valida per analogia, Doug scrisse sulla lavagna un’uguaglianza molto semplice:

     1+2 = 3

spiegando che probabilmente tutto il pubblico in sala sarebbe stato d’accordo sull’equazione ma nessuno avrebbe potuto dire cosa ci sarebbe stato dopo. In compenso, continuò, “quando aggiungerò la seconda riga tutti coloro con una mente matematica sapranno sicuramente come la successione continuerà”. Ecco le prime due righe:

     1+2 = 3
     4+5+6 = 7+8

Avete capito qual è la regola della successione di uguaglianze? E siete convinti che sia vera?

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