Biograph (1985: cofanetto con materiale registrato dal 1962 al 1981).
(Il disco precedente: Empire Burlesque.
Il disco successivo: Knocked Out Loaded).
Nel mezzo della notte ti sveglia una cattiva notizia. Qualcuno (al telefono?) ti sta dicendo che Percy, il tuo amico Percy, è in grossi guai. Novantanove anni di carcere! Anche se è notte fonda, scrivi al giudice che sarai al tribunale appena possibile. Il giorno dopo eccoti alla sbarra: cos’è successo? Un incidente, sulla statale, quattro morti, lui era al volante. Omicidio stradale. Va bene, ma novantanove anni? Percy, lo conosco meglio di me stesso, non farebbe male a una mosca! Ma ci sono i testimoni. Posso almeno ricorrere in appello? Troppo tardi. Se ne vada per favore, la seduta è tolta.
– Lay Lady Lay (1969) – Baby, Let Me Follow You Down (1962) – If Not for You (1970) – I’ll Be Your Baby Tonight (1968) – I’ll Keep It with Mine (1964). Il primo lato del primo disco potrebbe essere una storia d’amore. Lay Lady Lay è un modo molto cinematografico di cominciare, già sul materasso… poi con Baby Let Me Follow comincia il flashback.
In inglese, Biograph non vuol dire biografia – sì, anch’io c’ero cascato, e invece no. Per il Webster on line “biograph” è soltanto un verbo: “biografare”. Io biografo, tu biografi, il tale è biografato. Ma all’inizio del Novecento c’era anche il sostantivo, ed era una specie di sinonimo per “cinematografo”. L’American Mutoscope and Biograph Company, fondata nel 1895, realizzò più di 3000 corti e 15 lungometraggi, prima di fondersi con la concorrente Edison. È la compagnia nella quale si fece le ossa D.W. Griffith.
Se potessimo mettere il primo disco di Biograph sul piatto, ritroveremmo il Dylan del 1969, che mentre cerca di rendere credibile una svolta country, azzecca un’atmosfera inedita con un brano fatto di slide guitar, bongo e campanaccio. Da lì a poco siamo nel 1962, sui verdi pascoli dell’università di Harvard, Dylan si sta facendo insegnare da Eric Von Schmidt un nuovo giro di accordi. Siamo nel 1970, è passato a salutarlo George Harrison per confermargli che i Beatles si sono sciolti per sempre e per lavorare insieme a una canzone. Siamo nel 1968, la polizia irrompe nelle università e spara agli studenti che non vogliono partire per il Vietnam, ma Dylan vuole soltanto cantare languido I’ll Be Your Baby Tonight. Siamo nel 1964, Dylan incontra Nico e le regala I’ll Keep It with Mine. Siamo in qualsiasi posto, in qualsiasi momento.
– Mixed-Up Confusion (1962) – Tombstone Blues (1965) – The Groom’s Still Waiting at the Altar (1981) – Most Likely You Go Your Way (Live, 1974) – Like a Rolling Stone (1965) – Jet Pilot (1965). È decisamente un lato blues.
– The Times They Are a-Changin’ (1964) – Blowin’ in the Wind (1963) – Masters of War (1963) – The Lonesome Death of Hattie Carroll (1964) – Percy’s Song (1964). (Se almeno Biograph fosse un caos cronologico totale, uno si metterebbe il cuore in pace: avrà mescolato le canzoni come carte, ok. E invece ci sono intere sequenze che un senso ce l’hanno, ad esempio la seconda facciata del primo disco è tutta di grandi cavalli di battaglia acustici del ’63-’64. Come quando la funzione shuffle di uno smartphone sembra volerti dire qualcosa).
– Lay Down Your Weary Tune (1963) – Subterranean Homesick Blues (1964) – I Don’t Believe You (1966) – Visions of Johanna (Live, 1966) – Every Grain of Sand (1981). (Per esempio: secondo me questa facciata non ha nessun senso. Oppure: L’Eden primigenio, la caduta negli inferi sotterranei, e la redenzione! Ma immagino che se pescassi cinque canzoni di Dylan a caso potrei individuare una storia anche più credibile).
– Quinn the Eskimo (1967) – Mr. Tambourine Man (1964) – Dear Landlord (1968) – It Ain’t Me, Babe (1964) – You Angel You (1974) – Million Dollar Bash (1967) (Quinn l’eschimese, l’Uomo Tamburino e il Caro Proprietario sono tre personaggi maschili da cui Dylan, forse, vuole prendere le distanze: “Non Sono Io, Babe!” Seguono due pezzi a caso, davvero, secondo me li ha messi a caso).
– To Ramona (1964) – You’re a Big Girl Now (1974) – Abandoned Love (1975) – Tangled Up in Blue (1974) – It’s All Over Now, Baby Blue (1964) (Questa è un’altra storia d’amore, raccontata con brani che hanno dieci anni di differenza. Un collage, e sarebbe davvero molto strano che tutti i frammenti del collage ritraessero la stessa donna).
Se proviamo a rimettere in ordine i brani che Dylan ha mescolato in Biograph, scopriamo che ci sono trenta brani degli anni ’60, diciotto degli anni ’70, cinque del periodo 1980-1981 (mica pochi). L’anno più rappresentato (dieci brani!) è il 1965. In media ogni disco di studio è rappresentato da due brani. Gli unici esclusi sono Self Portrait, Dylan (non sorprende) e Desire (sorprende molto). Isis e Durango compaiono in versione live, ma non c’è Hurricane, non c’è Sara: in un cofanetto di cinque dischi non hanno trovato posto. Però c’è Abandoned Love, uno dei primi brani a essere eseguito con Scarlet Rivera, che se fosse stato pubblicato su Desire sarebbe uno dei brani migliori di Desire. Invece l’unico modo legale di procurarselo, prima di Spotify e compagnia, era questo maledetto cofanetto di cinque dischi (o tre cd), pubblicato dalla Columbia nel 1985 per festeggiare il… boh… 23esimo anno di carriera? 44esimo compleanno? Per recuperare un po’ di investimenti su Dylan, visto che malgrado tutta la promozione Empire Burlesque non era andato un granché bene (segue la prima delicata versione di newyorkese di Tangled Up In Blue). Biograph invece diventò facilmente disco di platino, dimostrando purtroppo che per una rockstar un po’ stagionata la strategia migliore è spennare i fan: meno te ne restano, più dischi devi costringerli a comprare. Biograph è stato il primo uno dei primi cofanetti del rock, un’espressione artistica passata nel giro di 25 anni dalla strada al museo (Dylan è in circolazione da più di 50).
– Can You Please Crawl Out Your Window? (1965) – Positively 4th Street (1965) – Isis (Live, 1975) – Caribbean Wind (1981) – Up to Me (1974)
Mentre ascoltavo l’incazzatissima versione di Isis dal vivo, chiedendomi se l’avessi già sentita, ho avito un’illuminazione: forse racconta la storia del set di Pat Garrett. Irretito da promesse d’oro e gioielli, Dylan lascia la moglie alla volta di Durango (in realtà Sara venne con lui, ma scappò abbastanza presto coi bambini), col proposito di ritrovare il Corpo di Billy the Kid. Ma scavando trovò solo sabbia e detriti. È un’idea come un’altra. Ma non mi era mai venuta in mente.
Biograph insomma somiglia alle cassette che mi facevo da ragazzo per restare sveglio al volante, con brani presi alla radio accostati senza criterio, di modo che ognuno arrivasse dopo l’altro con un effetto sorpresa, come un’esplosione. È l’unico modo di non annoiarsi e si sa, chi si annoia al volante muore. Dylan si annoia facilmente, se fosse uno studente di oggi non sarebbe difficile diagnosticargli un disturbo dell’attenzione. Quello che stiamo facendo qui di solito – ascoltare i suoi dischi in rigoroso ordine cronologico, cercare di mettere ordine nella sua discografia, nella sua vita – per lui non ha senso. Tutto accade nello stesso momento nello stesso biografo, pardon, cinematografo. Tutto si sovrappone. Tra canzoni come Abandoned Love e Up to Me (1974, scartato da Blood on the Tracks) e Caribbean Wind ci sono sette anni, un divorzio e una conversione: eppure sembrano raccontare la stessa storia di un amore sbagliato. Di lì a poco i multiplayer di cd avrebbero reso normalissimo personalizzare le selezionare o addirittura randomizzarle. Biograph forse è il primo prodotto di Dylan pensato per un multiplayer, la prima anticipazione di quello che succede oggi a un ragazzino che vuole scoprire insomma chi era questo Bob Dylan e prova a cercarlo su Youtube o Spotify: playlist di grandi successi a caso, anni Ottanta e Sessanta accostati senza criterio. Probabilmente è più facile cominciare ad apprezzare Dylan così che ascoltando in fila tutti i cd che escono con l’Espresso.
– Baby, I’m in the Mood for You (1962) – I Wanna Be Your Lover (1965) – I Want You (1966) – Heart of Mine (Live 1981) – On a Night Like This (1974) – Just Like a Woman (1966) (Questa più che una storia d’amore è una storia di desiderio. Finisce comunque male come le altre).
– Romance in Durango (live 1975) – Señor (1978) – Gotta Serve Somebody (1979) – I Believe in You (1979) – Time Passes Slowly (1970) – Proprio quando cominciavi a pensare che avesse cancellato tutta la fase cristiana, ecco dieci minuti di fila da Slow Train Coming. Dopodiché c’è un pezzo qualsiasi di New Morning, se qualcuno sa che senso abbia quest’ultima scelta per favore mi contatti.
Immagina cioè che in luogo del monumento caotico che è Biograph, Dylan avesse scelto di incidere il suo Tattoo You: solo dieci brani inediti, quaranta minuti. Sarebbe ovviamente il suo disco del decennio. Percy, Abandoned Love, Caribbean, Up to Me, I Wanna Be Your Lover, Blind Willie McTell, un altro paio di inediti dai Witmark Demos o dai Basement Tapes o dalla fecondissima stagione tra Saved e Shot of Love (High Away, Magic, Hallelujah, ce n’era di roba). Non sarebbe stato fantastico ascoltare un disco del genere, e salutare la rinascita artistica di Dylan? Ma probabilmente Biograph ha fatto più soldi.
– I Shall Be Released (versione del 1971) – Knockin’ on Heaven’s Door (1973) – All Along the Watchtower (live, 1974) – Solid Rock (1980) – Forever Young (Demo del 1973).
Alla fine non sono nemmeno sicuro di averlo mai ascoltato, Biograph. Su Spotify non c’è, anche se qualcuno ha provato a ricostruirlo sotto forma di playlist. Gli inediti – nel cofanetto ce n’erano ben diciotto – si possono ascoltare in uno pseudoalbum intitolato Side Tracks. Fa un po’ effetto pensare che Biograph è più vicina al 1962 del primo disco di Dylan che al 2017: che insomma non siamo neanche a metà del percorso. Le raccolte quando escono sembrano sempre definitive, ma invecchiano prima degli altri album. Le canzoni sciolte invecchiano ancora meno. Percy’s Song non invecchia proprio, in quanto incubo: si nasconde in qualche fessura del servizio streaming e quando meno te lo aspetti, tra un minuto o 99 anni, ti trova dove sei, con la pioggia e il vento.
(Gli altri pezzi: 1962: Bob Dylan, Live at the Gaslight 1962, 1963: The Freewheelin’ Bob Dylan, Brandeis University 1963, Live at Carnegie Hall 1963, 1964: The Times They Are A-Changin’, The Witmark Demos, Another Side of Bob Dylan, Concert at Philharmonic Hall, 1965: Bringing It All Back Home, No Direction Home, Highway 61 Revisited, 1966: The Cutting Edge 1965-1966, Blonde On Blonde, Live 1966 “The Royal Albert Hall Concert”, The Real Royal Albert Hall 1966 Concert, 1967: The Basement Tapes, John Wesley Harding, 1969: Nashville Skyline, 1970: Self Portrait, Dylan, New Morning, Another Self Portrait, 1971: Greatest Hits II, 1973: Pat Garrett and Billy the Kid, 1974: Planet Waves, Before the Flood, 1975: Blood on the Tracks, Desire, The Rolling Thunder Revue, 1976: Hard Rain, 1978: Street-Legal, At Budokan, 1979: Slow Train Coming, 1980: Saved, 1981: Shot of Love, 1983: Infidels, 1984: Real Live, 1985: Empire Burlesque, Biograph, 1986: Knocked Out Loaded…)
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